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Discussione: Milioni di cervelli all'opera
  1. #1
     Maresciallo
     
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    Milioni di cervelli all'opera

    Riporto un articolo che a mio modo di vedere tutti dovrebbero leggere..

    http://www.internazionale.it/interbl...hp?itemid=2501

    Tempo fa mi è tornata in mente una cosa che avevo scoperto all'università: uno storico britannico sosteneva che il vero motore, all'inizio della rivoluzione industriale, era il gin. Il cambiamento dallo stile di vita contadino a quello urbano era stato così brusco che l'unico modo per sopravvivere era bere fino a stordirsi.

    Le biblioteche pubbliche, le scuole, i musei e tutte quelle cose che ci piacciono tanto e che oggi associamo alla rivoluzione industriale, sono nate in un momento preciso: quando le persone si sono riprese dalla sbronza collettiva e hanno capito che il fatto di essere in tanti non rappresentava un problema, ma un vantaggio. Hanno cominciato a vederlo come un enorme surplus civico, qualcosa che potevano pianificare.

    Se dovessi scegliere il vero motore del ventesimo secolo, il lubrificante sociale senza il quale gli ingranaggi dell'intero sistema si sarebbero inceppati, direi che è stata la sitcom. Dalla seconda guerra mondiale sono successe molte cose: più ricchezza, più scolarizzazione, maggiore aspettativa di vita e soprattutto cinque giorni lavorativi a settimana. Per la prima volta la società si è trovata di fronte a una grossa novità: il tempo libero.

    Dove trovano il tempo
    Cosa abbiamo fatto con tutto quel tempo libero? Abbiamo guardato la tv. Per decenni. Prima guardavamo I Love Lucy e L'isola di Gilligan, oggi guardiamo Malcolm e Desperate housewives. Solo ora, mentre ci risvegliamo dalla nostra sbronza collettiva, ci accorgiamo che questo surplus di informazioni è un guadagno. Stanno nascendo nuovi strumenti per farlo diventare più appassionante: molto più, per esempio, che non possedere semplicemente una tv.

    Due mesi fa una produttrice televisiva mi ha chiamato per invitarmi al suo programma, in occasione dell'uscita del mio libro Here comes everybody. Prima del programma mi ha chiesto: "Cosa vedi di interessante là fuori?". Le ho parlato della voce di Wikipedia su Plutone. Forse ricorderete che Plutone è stato buttato fuori dalla famiglia dei pianeti un paio di anni fa. La cosa ha scatenato un'attività frenetica su Wikipedia: la gente modificava continuamente l'articolo, cambiando la definizione da "Plutone è il nono pianeta del sistema solare" a cose tipo "Plutone è una strana roccia che ha una strana orbita ai confini del sistema solare".

    Mentre le raccontavo questo aneddoto, ho pensato che avremmo senz'altro affrontato argomenti come i social network. Invece la sua domanda è stata completamente diversa: "Ma dove trovano il tempo?", mi ha chiesto scuotendo la testa. Sono scattato e le ho risposto che chi lavora in televisione non dovrebbe fare una domanda del genere. "Lo sa benissimo da dove arriva quel tempo: dal surplus cognitivo che teniamo nascosto sotto il tappeto da cinquant'anni".

    Esplorare i sistemi complessi
    Se usiamo Wikipedia come unità di misura (ogni pagina, ogni correzione, ogni riga di codice, in ogni lingua in cui è tradotta), si arriva a un totale di 100 milioni di ore di pensiero umano. E la tv? Duecento miliardi di ore, solo negli Stati Uniti, ogni anno.

    Mettiamola così: guardare la tv equivale a duemila progetti di Wikipedia. Oppure possiamo anche vederla così: negli Stati Uniti passiamo cento milioni di ore, ogni weekend, a guardare la pubblicità. Chi si chiede dove troviamo il tempo non capisce che in realtà Wikipedia è solo un piccolo progetto, una minuscola parte di quella che Tim O'Reilly chiama "l'architettura della partecipazione".

    All'inizio la società non sa che farsene del surplus, e questo spiega il gin e le sitcom. Se sapessimo cosa farcene, non sarebbe più un surplus. Quindi cominciamo a sperimentare: è proprio quando non abbiamo idea di come funziona una cosa che proviamo a usarla. L'unico modo per esplorare i sistemi complessi è provare e riprovare, con la speranza che chi sbaglia possa insegnare qualcosa agli altri. Noi ci troviamo esattamente in questa fase.

    Molto meglio della tv
    Un paio di settimane fa uno dei miei studenti mi ha segnalato il progetto di un professore brasiliano, Vasco Furtado. È una mappatura Wiki del crimine in Brasile. Se c'è una rapina, un furto, un omicidio, puoi segnare il posto con uno spillo sulla mappa di Google. In questo modo si forma una mappa del crimine in tempo reale.

    Ognuno di noi conosce i posti pericolosi o da evitare nella propria città, ma sono cose che sappiamo quasi senza accorgercene. Non esiste una fonte pubblica dove trovare queste informazioni. E anche se la polizia le avesse, di certo non le condividerebbe. Non è detto che la mappa del crimine abbia successo: spesso i social software falliscono, ma quando funzionano i risultati sono sorprendenti. In ogni modo, il progetto avrà fatto luce su un punto importante: ognuno di noi, lavorando con dei semplici strumenti, ha una buona probabilità di coinvolgere gli altri in un progetto e di spingerli a partecipare, creando una risorsa che sarebbe sembrata impensabile anche solo cinque anni fa.

    Ecco dunque la risposta alla domanda: "Dove trovano il tempo?". In realtà è solo parte della risposta, perché dietro quella domanda si agitava qualcos'altro: un vero e proprio giudizio. Con la produttrice televisiva abbiamo parlato anche dei gruppi che si organizzano per giocare a World of warcraft. Mi sembrava di leggerle nel pensiero: "Che sfigati, stanno a casa fingendo di essere degli elfi".

    Be', almeno fanno qualcosa.

    Avete mai visto quell'episodio dell'Isola di Gilligan in cui, mentre stanno per lasciare l'isola, Gilligan fa un bel casino e non partono più? Io l'ho visto. Quand'ero ragazzo l'ho visto un sacco di volte. E ogni mezz'ora che passavo a rivederlo era una mezz'ora rubata a Wikipedia o al blog. All'epoca avevo un alibi di ferro per non occuparmi di queste cose: non esistevano. Ero risucchiato passivamente dai mezzi di comunicazione perché non avevo altra scelta. Ora non è più così, ed è questa la novità: per quanto possa essere deprimente starsene a casa a far finta di essere un elfo, è molto peggio stare in poltrona a decidere se è più carina Ginger o Mary Ann.

    Da tutto questo possiamo trarre un principio assoluto: è meglio fare qualcosa che non fare nulla. Anche quelle cretinate dei lolcat, che sovrappongono delle frasi sgrammaticate alla foto di un tenero gatto, sono un invito alla partecipazione. Il messaggio di un lolcat è semplice: "Anche tu puoi giocare, basta avere delle font sul computer".

    È un grande cambiamento, ma i mezzi di comunicazione non riescono a capirlo. Nel ventesimo secolo il loro unico obiettivo era il consumo: quanto possiamo produrre? Quanto potete consumare? Se produciamo di più, consumerete di più? Poi, però, si sono resi conto che alla gente piace non solo consumare, ma anche produrre e condividere. E sono rimasti di stucco.

    Lo schermo rotto
    Non vuol dire che non guarderemo più Scrubs in tv, però lo faremo molto meno. E questo è un altro punto importante: il surplus è talmente ampio che anche un minuscolo cambiamento può avere effetti enormi.

    Diciamo che tutto rimane praticamente invariato, e che al 99 per cento la gente continua a guardare la tv esattamente come prima. Ma quell'1 per cento di tempo in meno è impiegato per produrre e condividere. La popolazione collegata a internet guarda più o meno un trilione di ore di tv all'anno. L'1 per cento di quelle ore, in termini di partecipazione, valgono cento voci di Wikipedia all'anno. È una gran cosa, no?

    La produttrice televisiva aveva l'aria perplessa, non riusciva a seguirmi. Poi mi ha chiesto: "Ma non sarà solo una moda passeggera? Un po' come quella mania di stare seduti su un'asta della bandiera che avevano gli americani all'inizio del novecento?". Mi sono accalorato e ho spiegato che no, non era la stessa cosa e che quello a cui stavamo assistendo era un cambiamento epocale, più simile alla rivoluzione industriale che alla stupida mania di passare le giornate seduti su un'asta. Temo di non averla convinta, in parte perché forse non voleva essere convinta e in parte perché non avevo ancora l'esempio giusto.

    Ma ora ce l'ho. Un mese fa ero a cena con degli amici. Uno di loro mi ha raccontato che, mentre stava guardando un dvd con sua figlia di quattro anni, all'improvviso lei è andata dietro alla tv e ha infilato le mani tra i cavi. Il papà le ha chiesto: "Che stai facendo?". E lei, facendo spuntare la testa da dietro lo schermo: "Sto cercando il mouse".

    Lo sa anche un bambino di quattro anni: uno schermo senza mouse è uno schermo rotto. È inutile perdere tempo con uno strumento che non ti include. Un bambino di quattro anni, che non deve scrollarsi di dosso una vita intera passata a guardare L'isola di Gilligan, dà per scontato che qualsiasi strumento permette di consumare, produrre e condividere. È diventato il mio motto.

    Quando la gente mi chiede cosa stiamo facendo (e con noi intendo l'intera società che cerca di capire come usare al meglio il proprio surplus cognitivo) gli rispondo che stiamo cercando il mouse. Lo cercheremo in tutti i posti da cui un lettore, un ascoltatore, uno spettatore o un utente è stato escluso, tutti i posti dove è stato usato passivamente o dove gli è stata servita un'esperienza precotta e malamente riscaldata.

    A quel punto tutti insieme ci chiederemo: "Se usiamo un po' del nostro surplus cognitivo e lo impieghiamo qui, riusciremo a costruire qualcosa di buono?". Sono certo che la risposta è sì.



    CLAY SHIRKY studia gli effetti sociali ed economici della rete. Ha scritto per il New York Times, Wired e il Wall Street Journal. Insegna alla New York university. Ha appena pubblicato Here comes everybody. The power of organizing without organizations (Penguin Press 2008). Ha 44 anni. Questo articolo è uscito sul suo blog con il titolo Gin, television and social surplus, ed è la trascrizione di un suo intervento alla Web 2.0 conference, a San Francisco.
    In fede,
    Kofi Annan

    Segretario Generale del CastelliRisiko!Club



  2. #2
     T. Colonnella

     T. Colonnello
     
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    Re: Milioni di cervelli all'opera

    Quote _Kofi_ ha scritto:
    Quando la gente mi chiede cosa stiamo facendo (e con noi intendo l'intera società che cerca di capire come usare al meglio il proprio surplus cognitivo) gli rispondo che stiamo cercando il mouse. Lo cercheremo in tutti i posti da cui un lettore, un ascoltatore, uno spettatore o un utente è stato escluso, tutti i posti dove è stato usato passivamente o dove gli è stata servita un'esperienza precotta e malamente riscaldata.

    A quel punto tutti insieme ci chiederemo: "Se usiamo un po' del nostro surplus cognitivo e lo impieghiamo qui, riusciremo a costruire qualcosa di buono?". Sono certo che la risposta è sì

    Grazie Fabio per averlo postato.


    Bellissima la conclusione.
    Essere in te, capire se
    ciò che sono e faccio è abbastanza a rendere almeno l’idea
    dell'immensità che esistendo hai reso mia
    !

  3. #3
     Magg. C.te
     
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    Re: Milioni di cervelli all'opera

    Quote _Kofi_ ha scritto:
    Riporto un articolo che a mio modo di vedere tutti dovrebbero leggere..

    http://www.internazionale.it/interbl...hp?itemid=2501

    Tempo fa mi è tornata in mente una cosa che avevo scoperto all'università: uno storico britannico sosteneva che il vero motore, all'inizio della rivoluzione industriale, era il gin. Il cambiamento dallo stile di vita contadino a quello urbano era stato così brusco che l'unico modo per sopravvivere era bere fino a stordirsi.

    Le biblioteche pubbliche, le scuole, i musei e tutte quelle cose che ci piacciono tanto e che oggi associamo alla rivoluzione industriale, sono nate in un momento preciso: quando le persone si sono riprese dalla sbronza collettiva e hanno capito che il fatto di essere in tanti non rappresentava un problema, ma un vantaggio. Hanno cominciato a vederlo come un enorme surplus civico, qualcosa che potevano pianificare.

    Se dovessi scegliere il vero motore del ventesimo secolo, il lubrificante sociale senza il quale gli ingranaggi dell'intero sistema si sarebbero inceppati, direi che è stata la sitcom. Dalla seconda guerra mondiale sono successe molte cose: più ricchezza, più scolarizzazione, maggiore aspettativa di vita e soprattutto cinque giorni lavorativi a settimana. Per la prima volta la società si è trovata di fronte a una grossa novità: il tempo libero.

    Dove trovano il tempo
    Cosa abbiamo fatto con tutto quel tempo libero? Abbiamo guardato la tv. Per decenni. Prima guardavamo I Love Lucy e L'isola di Gilligan, oggi guardiamo Malcolm e Desperate housewives. Solo ora, mentre ci risvegliamo dalla nostra sbronza collettiva, ci accorgiamo che questo surplus di informazioni è un guadagno. Stanno nascendo nuovi strumenti per farlo diventare più appassionante: molto più, per esempio, che non possedere semplicemente una tv.

    Due mesi fa una produttrice televisiva mi ha chiamato per invitarmi al suo programma, in occasione dell'uscita del mio libro Here comes everybody. Prima del programma mi ha chiesto: "Cosa vedi di interessante là fuori?". Le ho parlato della voce di Wikipedia su Plutone. Forse ricorderete che Plutone è stato buttato fuori dalla famiglia dei pianeti un paio di anni fa. La cosa ha scatenato un'attività frenetica su Wikipedia: la gente modificava continuamente l'articolo, cambiando la definizione da "Plutone è il nono pianeta del sistema solare" a cose tipo "Plutone è una strana roccia che ha una strana orbita ai confini del sistema solare".

    Mentre le raccontavo questo aneddoto, ho pensato che avremmo senz'altro affrontato argomenti come i social network. Invece la sua domanda è stata completamente diversa: "Ma dove trovano il tempo?", mi ha chiesto scuotendo la testa. Sono scattato e le ho risposto che chi lavora in televisione non dovrebbe fare una domanda del genere. "Lo sa benissimo da dove arriva quel tempo: dal surplus cognitivo che teniamo nascosto sotto il tappeto da cinquant'anni".

    Esplorare i sistemi complessi
    Se usiamo Wikipedia come unità di misura (ogni pagina, ogni correzione, ogni riga di codice, in ogni lingua in cui è tradotta), si arriva a un totale di 100 milioni di ore di pensiero umano. E la tv? Duecento miliardi di ore, solo negli Stati Uniti, ogni anno.

    Mettiamola così: guardare la tv equivale a duemila progetti di Wikipedia. Oppure possiamo anche vederla così: negli Stati Uniti passiamo cento milioni di ore, ogni weekend, a guardare la pubblicità. Chi si chiede dove troviamo il tempo non capisce che in realtà Wikipedia è solo un piccolo progetto, una minuscola parte di quella che Tim O'Reilly chiama "l'architettura della partecipazione".

    All'inizio la società non sa che farsene del surplus, e questo spiega il gin e le sitcom. Se sapessimo cosa farcene, non sarebbe più un surplus. Quindi cominciamo a sperimentare: è proprio quando non abbiamo idea di come funziona una cosa che proviamo a usarla. L'unico modo per esplorare i sistemi complessi è provare e riprovare, con la speranza che chi sbaglia possa insegnare qualcosa agli altri. Noi ci troviamo esattamente in questa fase.

    Molto meglio della tv
    Un paio di settimane fa uno dei miei studenti mi ha segnalato il progetto di un professore brasiliano, Vasco Furtado. È una mappatura Wiki del crimine in Brasile. Se c'è una rapina, un furto, un omicidio, puoi segnare il posto con uno spillo sulla mappa di Google. In questo modo si forma una mappa del crimine in tempo reale.

    Ognuno di noi conosce i posti pericolosi o da evitare nella propria città, ma sono cose che sappiamo quasi senza accorgercene. Non esiste una fonte pubblica dove trovare queste informazioni. E anche se la polizia le avesse, di certo non le condividerebbe. Non è detto che la mappa del crimine abbia successo: spesso i social software falliscono, ma quando funzionano i risultati sono sorprendenti. In ogni modo, il progetto avrà fatto luce su un punto importante: ognuno di noi, lavorando con dei semplici strumenti, ha una buona probabilità di coinvolgere gli altri in un progetto e di spingerli a partecipare, creando una risorsa che sarebbe sembrata impensabile anche solo cinque anni fa.

    Ecco dunque la risposta alla domanda: "Dove trovano il tempo?". In realtà è solo parte della risposta, perché dietro quella domanda si agitava qualcos'altro: un vero e proprio giudizio. Con la produttrice televisiva abbiamo parlato anche dei gruppi che si organizzano per giocare a World of warcraft. Mi sembrava di leggerle nel pensiero: "Che sfigati, stanno a casa fingendo di essere degli elfi".

    Be', almeno fanno qualcosa.

    Avete mai visto quell'episodio dell'Isola di Gilligan in cui, mentre stanno per lasciare l'isola, Gilligan fa un bel casino e non partono più? Io l'ho visto. Quand'ero ragazzo l'ho visto un sacco di volte. E ogni mezz'ora che passavo a rivederlo era una mezz'ora rubata a Wikipedia o al blog. All'epoca avevo un alibi di ferro per non occuparmi di queste cose: non esistevano. Ero risucchiato passivamente dai mezzi di comunicazione perché non avevo altra scelta. Ora non è più così, ed è questa la novità: per quanto possa essere deprimente starsene a casa a far finta di essere un elfo, è molto peggio stare in poltrona a decidere se è più carina Ginger o Mary Ann.

    Da tutto questo possiamo trarre un principio assoluto: è meglio fare qualcosa che non fare nulla. Anche quelle cretinate dei lolcat, che sovrappongono delle frasi sgrammaticate alla foto di un tenero gatto, sono un invito alla partecipazione. Il messaggio di un lolcat è semplice: "Anche tu puoi giocare, basta avere delle font sul computer".

    È un grande cambiamento, ma i mezzi di comunicazione non riescono a capirlo. Nel ventesimo secolo il loro unico obiettivo era il consumo: quanto possiamo produrre? Quanto potete consumare? Se produciamo di più, consumerete di più? Poi, però, si sono resi conto che alla gente piace non solo consumare, ma anche produrre e condividere. E sono rimasti di stucco.

    Lo schermo rotto
    Non vuol dire che non guarderemo più Scrubs in tv, però lo faremo molto meno. E questo è un altro punto importante: il surplus è talmente ampio che anche un minuscolo cambiamento può avere effetti enormi.

    Diciamo che tutto rimane praticamente invariato, e che al 99 per cento la gente continua a guardare la tv esattamente come prima. Ma quell'1 per cento di tempo in meno è impiegato per produrre e condividere. La popolazione collegata a internet guarda più o meno un trilione di ore di tv all'anno. L'1 per cento di quelle ore, in termini di partecipazione, valgono cento voci di Wikipedia all'anno. È una gran cosa, no?

    La produttrice televisiva aveva l'aria perplessa, non riusciva a seguirmi. Poi mi ha chiesto: "Ma non sarà solo una moda passeggera? Un po' come quella mania di stare seduti su un'asta della bandiera che avevano gli americani all'inizio del novecento?". Mi sono accalorato e ho spiegato che no, non era la stessa cosa e che quello a cui stavamo assistendo era un cambiamento epocale, più simile alla rivoluzione industriale che alla stupida mania di passare le giornate seduti su un'asta. Temo di non averla convinta, in parte perché forse non voleva essere convinta e in parte perché non avevo ancora l'esempio giusto.

    Ma ora ce l'ho. Un mese fa ero a cena con degli amici. Uno di loro mi ha raccontato che, mentre stava guardando un dvd con sua figlia di quattro anni, all'improvviso lei è andata dietro alla tv e ha infilato le mani tra i cavi. Il papà le ha chiesto: "Che stai facendo?". E lei, facendo spuntare la testa da dietro lo schermo: "Sto cercando il mouse".

    Lo sa anche un bambino di quattro anni: uno schermo senza mouse è uno schermo rotto. È inutile perdere tempo con uno strumento che non ti include. Un bambino di quattro anni, che non deve scrollarsi di dosso una vita intera passata a guardare L'isola di Gilligan, dà per scontato che qualsiasi strumento permette di consumare, produrre e condividere. È diventato il mio motto.

    Quando la gente mi chiede cosa stiamo facendo (e con noi intendo l'intera società che cerca di capire come usare al meglio il proprio surplus cognitivo) gli rispondo che stiamo cercando il mouse. Lo cercheremo in tutti i posti da cui un lettore, un ascoltatore, uno spettatore o un utente è stato escluso, tutti i posti dove è stato usato passivamente o dove gli è stata servita un'esperienza precotta e malamente riscaldata.

    A quel punto tutti insieme ci chiederemo: "Se usiamo un po' del nostro surplus cognitivo e lo impieghiamo qui, riusciremo a costruire qualcosa di buono?". Sono certo che la risposta è sì.



    CLAY SHIRKY studia gli effetti sociali ed economici della rete. Ha scritto per il New York Times, Wired e il Wall Street Journal. Insegna alla New York university. Ha appena pubblicato Here comes everybody. The power of organizing without organizations (Penguin Press 2008). Ha 44 anni. Questo articolo è uscito sul suo blog con il titolo Gin, television and social surplus, ed è la trascrizione di un suo intervento alla Web 2.0 conference, a San Francisco.
    A parte il modo logorroico e tipicamente americano, anzi piu' esattamente da "blogger" americano, con cui dice le cose (come se parlasse a dei bambini della scuola media), e i toni ottimistici e un po' ingenui, non si puo' che essere d'accordo.

    Io infatti la TV non la guardo piu' da un anno e mi sono riappropriato della mia libertà, del mio tempo libero. E riesco a fare molte piu' cose: leggo, ascolto musica, scrivo.

    E anche quando non faccio nulla, anzichè guardare la TV penso, anzichè "essere pensato".

    Non bisogna per forza farsi prendere da questa smania e ansia tipicamente occidentale di "fare" necessariamente qualcosa.

    Gli antichi romani consideravano l'otium (inteso come ozio creativo, come momento di distacco dalle faccende quotidiane, come vacanza della mente) una delle attività piu' alte dell'uomo.
  4. #4
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    Re: Milioni di cervelli all'opera

    Quote soultrane ha scritto:
    A parte il modo logorroico e tipicamente americano, anzi piu' esattamente da "blogger" americano, con cui dice le cose (come se parlasse a dei bambini della scuola media), e i toni ottimistici e un po' ingenui, non si puo' che essere d'accordo.

    Io infatti la TV non la guardo piu' da un anno e mi sono riappropriato della mia libertà, del mio tempo libero. E riesco a fare molte piu' cose: leggo, ascolto musica, scrivo.

    E anche quando non faccio nulla, anzichè guardare la TV penso, anzichè "essere pensato".

    Non bisogna per forza farsi prendere da questa smania e ansia tipicamente occidentale di "fare" necessariamente qualcosa.

    Gli antichi romani consideravano l'otium (inteso come ozio creativo, come momento di distacco dalle faccende quotidiane, come vacanza della mente) una delle attività piu' alte dell'uomo.
    ..credo che, come in ogni cosa, è necessario un giusto "dosaggio"..

    ..stare con la panza all'aria tutta la giornata non fa male..
    Ama la verità; mostrati qual sei, e senza infingimenti e senza paure e senza riguardi. E se la verità ti costa la persecuzione, e tu accettala; e se il tormento, e tu sopportalo. E se per la verità dovessi sacrificare te stesso e la tua vita, e tu sii forte nel sacrificio.
    Giuseppe Moscati
  5. #5
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    Re: Milioni di cervelli all'opera

    Quote Costantino B ha scritto:
    ..credo che, come in ogni cosa, è necessario un giusto "dosaggio"..

    ..stare con la panza all'aria tutta la giornata non fa male..
    Certamente.
    Se poi pensi che puoi fare anche della moderata attività fisica per passare da un giorno con la panza all'aria, a un giorno con la panza sotto, direi che è perfetto.
  6. #6
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    Re: Milioni di cervelli all'opera

    Quote soultrane ha scritto:
    Certamente.
    Se poi pensi che puoi fare anche della moderata attività fisica per passare da un giorno con la panza all'aria, a un giorno con la panza sotto, direi che è perfetto.


    ...insegnaglielo tu come si fa...dato che sei l'esperto del fancazzismo...




    di Giuda
    - Stai maturando come l'armagnac
    - L'armagnac più invecchia e più è buono

    - Appunto

  7. #7
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    Re: Milioni di cervelli all'opera

    Quote Maat-ta ha scritto:
    ...insegnaglielo tu come si fa...dato che sei l'esperto del fancazzismo...




    di Giuda
    Il mio probema è esattamente l'opposto.
    Visto che ho una vita strapiena di cose da fare coltivo l'arte di ritagliarmi spazi di libertà in cui respirare aria pura e far evadere la mente, in ogni momento che me ne fornisce l'occasione.

    Il cazzeggio elevato ad arte, come forma di sopravvivenza, come vacanza dello spirito

    Ciao testina
  8. #8
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    Re: Milioni di cervelli all'opera

    Quote soultrane ha scritto:
    Il mio probema è esattamente l'opposto.
    Visto che ho una vita strapiena di cose da fare coltivo l'arte di ritagliarmi spazi di libertà in cui respirare aria pura e far evadere la mente, in ogni momento che me ne fornisce l'occasione.

    Il cazzeggio elevato ad arte, come forma di sopravvivenza, come vacanza dello spirito

    Ciao testina
  9. #9
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    Re: Milioni di cervelli all'opera

    Quote Costantino B ha scritto:
    E tu dove sei nella foto?
    Sei caduto dall'amaca?
  10. #10
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    Re: Milioni di cervelli all'opera

    Quote soultrane ha scritto:
    E tu dove sei nella foto?
    Sei caduto dall'amaca?

    Vaglielo a spiegare che si deve mettere sopra e non sotto!

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