Nel
dicembre 2001 l’Argentina dichiarò default, parola sconosciuta ai più, significava che non avrebbe più pagato gli interessi sulle proprie obbligazioni.
Vabbè, ci siamo detti, ci rimane sempre il capitale investito, dov’è il problema?
Siamo andati in banca e abbiamo scoperto che il problema invece c’era eccome,
l’investimento aveva perso il 70% del valore iniziale, praticamente chi aveva investito 100 ora si trovava con 30, certo, il calo non fu così repentino, era iniziato gradualmente già mesi prima ma nessuno ci avvisò della perdita e quando lo scoprimmo era ormai troppo tardi.
A quel punto non sapendo che fare ci rivolgemmo alla nostra banca di fiducia, la stessa che ci aveva consigliato l’investimento, la stessa che ci aveva assicurato che i bond argentina erano sicuri alla stregua dei BOT o dei CCT nei quali avevamo investito sino a quel momento, sicuri, ci dissero, in quanto emessi da uno stato sovrano con il Fondo Monetario Internazionale alle spalle, una garanzia quindi. La banca ci rincuorò dicendo di aspettare e che tutto si sarebbe sistemato
perchè il FMI sarebbe intervenuto sistemando tutto.
Il tempo passò nell’attesa di questo intervento, la banca ci continuava a dire di avere pazienza mentre noi non riuscivamo ancora a realizzare la reale portata del disastro nel quale eravamo incappati.
Erano gli anni nei quali la crisi economica iniziava a farsi sentire e per noi, in maggioranza casalinghe, pensionati, operai o piccoli artigiani quella somma rappresentava l’aiuto per tirare avanti nella difficoltà, erano
i nostri risparmi, spesso di una vita, messi da parte con sacrificio proprio per i momenti bui ed ora che ne avevamo bisogno non c’erano più, spariti, mentre la banca continuava a dirci di avere pazienza, ma noi non potevamo aspettare quei soldi erano necessari per scongiurare la chiusura della piccola ditta artigiana o per le cure mediche di alcuni di noi che nel frattempo si erano ammalati, o per aiutare figli in difficoltà.
E arrivammo così al
dicembre 2005 quando iniziarono a circolare le voci su un possibile
concambio o swap, come lo chiamarono gli esperti, praticamente dopo cinque anni di letargo l’Argentina si svegliava informandoci che non avrebbe mai potuto restituirci i nostri soldi però ci dava la possibilità di
cambiare le nostre obbligazioni con altre nuove con la scadenza allungata di trent’anni per il 30% del capitale: prendere o lasciare.
A quel punto capimmo che non avremmo mai più rivisto i nostri risparmi. Che fare? Molti aderirono alla Task Force Argentina un’associazione emanata dall’ABI (Associazione Bancaria Italiana) per tutelare gli interessi dei risparmiatori facendo causa all’Argentina tramite l‘ICSID, acronimo di International Centre for the Settlement of the Investment Disputes; un’organizzazione, facente capo alla World Bank, che svolge funzioni di conciliatore o di arbitro nelle dispute relative ad investimenti fra Stati e investitori privati esteri in applicazione di trattati bilaterali (BIT) esistenti tra i Paesi interessati, altri si rassegnarono ed altri ancora si ritrovarono su internet, ecco, questi ultimi siamo noi.
Nei giorni del concambio i pochi tra di noi che sapevano smanettare su internet (il numero era esiguo proprio per le caratteristiche dei risparmiatori che come abbiamo già detto erano in maggioranza persone anziane o incapaci di usare un PC) si ritrovarono casualmente su un forum del Sole24ore e iniziarono a scambiarsi le loro impressioni e a raccontare la propria storia, con grande sorpresa
iniziammo a scoprire che i racconti si assomigliavano tutti in maniera impressionante, erano delle fotocopie: i bond argentina ci erano stati segnalati e caldamente consigliati dalle nostre banche di fiducia, tutti, nessuno escluso. Non c’era stato uno solo tra di noi che li avesse chiesti di propria iniziativa,
erano stati tutti proposti dalla banca.
A quel punto iniziarono a serpeggiare i primi sospetti, ci chiedevamo: come mai sempre e solo obbligazioni argentine quando sul mercato, lo scoprimmo in seguito, c’erano altre opportunità di investimento altrettanto convenienti? Anche i
bond del Brasile in quel periodo pagavano cedole simili a quelle dell’Argentina e anche gli stessi
BOT italiani pagavano un interesse quasi simile,
perche quindi ci venivano caldamente consigliati solo e sempre questi bond?
La risposta arrivò quasi subito, quando si lavora in gruppo è tutto più semplice, quasi per caso venimmo a conoscenza del contenuto di un
Offering Circular, l’equivalente del nostro Prospetto Informativo, cioè il documento che accompagnava ogni emissione, una specie di carta d’identità del prodotto emesso, sia esso azione o obbligazione. Nell’ OC, che trovammo casualmente in internet. era descritto chiaramente lo stato disastroso dell’economia argentina e di conseguenza c’era un
warning allarmante in grassetto che recitava:
“PERCIO’ I BOND SONO ADATTI SOLTANTO AD INVESTITORI ALTAMENTE SPECULATIVI, CHE SIANO IN POSIZIONE DI VALUTARE E SOSTENERE RISCHI SPECIALI”.
Cosa c’entravamo noi con gli investitori speculativi? Noi non eravamo sicuramente in grado di valutare e sostenere rischi speciali! Com’era possibile che, nonostante queste notizie sicuramente note alle banche, i bond fossero finiti a semplici risparmiatori che mai si sarebbero potuti considerare speculatori?
Sempre in seguito alla nostre ricerche, e di questo bisogna ringraziare internet, trovammo uno dei prospetti informativi che accompagnava una delle 15 emissioni di bond ammessi alle contrattazioni sulla Borsa Italiana, il prospetto era scritto dalla Consob e oltre a contenere la traduzione dal tedesco all’italiano della OC comprendeva anche la Nota Informativa, vale a dire il parere della Consob su questo bond (abbiamo appurato in seguito che anche per gli altri 14 bond ammessi sul mercato italiano la Nota Informativa era identica), che ribadiva il rischio intrinseco di questi bond e ne consigliava la vendita solamente agli investitori istituzionali, ma non era tutto,
il Prospetto riportava la data dell’11 agosto 1999, stava a significare che le banche erano al corrente di queste informazioni almeno da quel periodo, ammesso e non concesso che non avessero precedentemente letto il contenuto delle OC.
A quel punto avemmo la conferma che il nostro non era stato un investimento finito male ma
una vera e propria truffa della quale eravamo stati vittime designate in quanto l’aumento delle vendite alla clientela retail (piccoli risparmiatori) nel periodo fine ’99 e che continuò per tutto il 2001, fino a pochi mesi dal default, era dovuta proprio al fatto che
le banche venute a conoscenza del pericolo imminente cercarono di sbarazzarsi velocemente dei bond che stavano nei loro portafogli scaricando così il rischio a noi clienti.
L’aumento di queste vendite nel periodo citato trovò conferma nell’audizione alla Camera della Consob “sulla diffusione in Italia di obbligazioni pubbliche argentine” tenutasi a Roma il 27 aprile 2004 nella quale dichiarò: “Al riguardo, l’analisi dei portafogli di tutti i fondi comuni aperti italiani nel periodo 31 gennaio 2000 - 30 novembre 2003 ha evidenziato un andamento decrescente dello stock di titoli argentini (pubblici e privati) in portafoglio dei singoli fondi. In particolare, l’incidenza dei titoli argentini sul portafoglio dei fondi era dello 0,117%, al 31 gennaio 2000, dello 0,020%, al 31 dicembre 2001, dello 0,008%, al 30 novembre 2003. La riduzione dell’investimento da parte dei fondi italiani nei titoli considerati sembra imputabile ad un progressivo e pressoché costante disinvestimento da parte dei gestori oltre che alla drastica riduzione del valore di mercato dei titoli successivo alla dichiarazione di default del dicembre 2001.”
Eravamo increduli, smarriti, feriti ma pieni di rabbia e voglia di rivalsa, intendevamo portare alla luce la verità ed iniziammo a spedire e-mail agli organi di stampa e ai politici di tutti gli schieramenti cercando appoggio nel portare a conoscenza dell’opinione pubblica ciò che avevamo scoperto, chiedevamo l’istituzione di una Commissione d’Inchiesta che indagasse sul comportamento delle banche e ne confermasse le responsabilità. I pochi riscontri che ci arrivarono furono deludenti, i mezzi di informazione ci ignorarono e solo qualche politico ci rispose con frasi di circostanza, qualcuno si spinse oltre con qualche interrogazione parlamentare o con la proposta per la Commissione d’Inchiesta ma rimase lettera morta.
Capimmo a quel punto che avremmo dovuto arrangiarci da soli se volevamo avere giustizia e l’unica maniera era quella di fare causa ognuno alla propria banca e quindi iniziammo a chiedere le copie dei documenti che accompagnavano questi investimenti e dei quali la maggior parte di noi non aveva neppure gli originali ma era l’unico modo per capire se avevamo qualche possibilità di vittoria perchè, come si potrà ben capire, non volevamo buttare altri soldi al vento, alcuni tra di noi rinunciarono in partenza proprio per mancanza di soldi. A quel tempo nel nostro forum c’erano un paio di avvocati nascosti sotto i vari nick e furono proprio questi a farci conoscere il T.U.F (Testo Unico della Finanza) o i vari articoli del regolamento Consob che ci interessavano, un gruppetto tra noi li imparò quasi a memoria diventando in breve tempo dei veri esperti in materia e per delle semplici casalinghe o impiegate non è poco. Scoprimmo così che la prima e più importante violazione delle banche era quella all’art. 28 che al punto 2 recita testualmente:
“Gli intermediari autorizzati non possono effettuare o consigliare operazioni o prestare il servizio di gestione se non dopo aver fornito all’investitore informazioni adeguate sulla natura, sui rischi e sulle implicazioni della specifica operazione o del servizio, la cui conoscenza sia necessaria per effettuare consapevoli scelte di investimento o disinvestimento”.
Tutto questo non era avvenuto perchè nessuno di noi era stato avvisato dei rischi, altrimenti non si spiegherebbe un numero così elevato di persone che investono negli stessi titoli, nessuno di noi se fosse stato consapevole dei rischi avrebbe mai comperato questa spazzatura. Ma questa era solo una delle violazioni ai regolamenti, in seguito ne scoprimmo molte altre come ad esempio la questione del conflitto d’interessi, quando la banca cioè ha venduto queste obbligazioni direttamente dal suo portafoglio senza avvisare il cliente, oppure quando l’investimento era inadeguato al nostro profilo di rischio o per la frequenza o la quantità e la banca ha omesso di informare il cliente concludendo comunque l’operazione.
Scoprimmo anche che a molti di noi i bond vennero venduti nel periodo di “grey market”, vale a dire prima che il titolo fosse emesso sul mercato e qui era evidente che non potevamo essere stati noi a chiederlo visto che non avremmo potuto esserne a conoscenza, ma lo era invece alle banche in quanto il grey market è riservato a loro. Intanto iniziavano ad arrivarci i documenti richiesti alla banca e la rabbia si aggiunse alla rabbia nello scoprire che diverse firme erano false mentre altre erano state apposte in tempi successivi quando, con l’inganno e in tempi per noi ancora non sospetti, ci chiamarono a “perfezionare” la documentazione sugli investimenti facendoci firmare fogli in bianco che poi compilarono ad esclusivo loro uso e consumo.
Può sembrare ingenuo
firmare fogli in bianco ma bisogna tenere conto che eravamo clienti da decenni e che nel tempo si era instaurato un rapporto di fiducia che in molti casi andava al di là del semplice rapporto lavorativo, molti avevano stretto anche rapporti d’amicizia con il direttore della banca, inoltre non c’erano ancora stati i crack finanziari della Parmalat e Cirio o altri che seguirono.
I più fortunati tra noi che erano in possesso degli originali capirono ancora più facilmente il taroccamento delle copie inviate dalla banca e non ebbero neppure bisogno di portare la banca in tribunale ottenendo in anticipo un
accordo stragiudiziale per concludere la questione, gli altri invece iniziarono le cause riuscendo a raggiungere in alcuni casi un accordo poco prima della sentenza definitiva, altri stanno ancora combattendo.
In questi giorni non si fa che parlare della tempesta finanziaria che ha colpito i mercati, titoli in prima pagina e approfondimenti in tutte le trasmissioni televisive, vedendo tutta questa mobilitazione mi chiedo se tutto questo si sarebbe potuto evitare. La risposta è sì. Sarebbe bastato, tre anni fa, dare ascolto alla nostra denuncia che spiegava bene i meccanismi di questa truffa e svelava già allora la responsabilità delle banche per la vendita di strumenti finanziari pericolosi e ad alto rischio a persone che, SE BENE INFORMATE, mai avrebbero comperato certe schifezze, naturalmente anche gli organi di vigilanza, Consob e Bankitalia hanno le loro responsabilità oggi come allora.
Ora tutti ad affannarsi a lanciare messaggi rassicuranti, ad iniettare liquidità sui mercati, soldi nostri che il giorno dopo vengono regolarmente ed inevitabilmente bruciati, soluzioni inefficaci ed inutili che forse daranno come risultato solo quello di tamponare le falle ma non riusciranno mai a ridare la fiducia ai cittadini risparmiatori soprattutto ora che sono molti di più delle 4 vecchiette, come allora ci chiamò Fazio liquidando la questione tango bond.
Ora, più che i proclami, servono regole stringenti e organi di controllo che facciano il loro dovere di sorveglianza ma più di tutto ci vogliono leggi che puniscano i responsabili e per responsabili intendo le persone fisiche non le banche come entità, quei manager e dirigenti che ci hanno portato al disastro attuale, gli stessi che si ricicleranno per continuare ad arricchirsi alle nostre spalle sapendo che le maglie della legge sono larghe, troppo larghe per essere puniti come meriterebbero.
Dobbiamo evitare che tutto questo si ripeta, dobbiamo dire a questi
“signori”: GAME OVER!
http://www.agoramagazine.it/agora/spip.php?article4662