Annuncio

Annuncio

Visualizzazione da 1 a 3 di 3
Discussione: Fëdor Mikhajlovič Dostoevskij
  1. #1
     Generale CSM
     Administrator
    Forum Utente accreditato Challenge
    Dal: gennaio 2003
    Prov: MI - Milano
    Messaggi: 64 658
    Profilo: 23519 visite
    Gradimento: 389
    9.1

    Fëdor Mikhajlovič Dostoevskij

    Fëdor Mikhajlovič Dostoevskij (Фёдор Михайлович Достоевский)
    “Quante terribili sofferenze mi è costata e mi costa questa mia sete di fede, la quale è tanto più forte nell’anima mia, quanti più sono gli argomenti contrari”
    (lettera a N.D. Fonvizina del 20 Febbraio 1854)


    Dostoevskij non esclude affatto che dietro il feroce disordine della vita si nasconda una legge armonica di sviluppo, né esclude l’energia universale e finale del nascere e del morire che infine si risolve in bellezza.
    Se in Guerra e Pace Tolstoj racconta il sogno nel quale Besuchov vede le singole gocce d’acqua, in dolorosa lotta reciproca, comporsi nell’armonia superiore della sfera che le racchiude e le trascende, Dostoevskij racconta il convulso dolore di ognuna di quelle gocce, che cade nel nulla, e non si supera e non si placa in alcuna totalità.
    Semplicemente, egli in parte questa armonica bellezza la rifiuta. Non che non la accetti, ma restituisce rispettosamente a Dio il biglietto d’ingresso nel suo regno. Non si rassegna a questa armonia necessaria ed impossibile da realizzarsi senza che gli uni divorino ininterrottamente gli altri.
    Così, la realtà sembra all’uomo irredimibile, perché basta il rifiuto di un solo escluso dal banchetto universale per far sì che questo si riveli uno spettacolo fatuo.
    Come può reggere di fronte a questo duro colpo l’idea che sia la bellezza a salvare il mondo, cioè l’idea che il disordine contraddittorio dell’essere si risolva in un senso finale?
    La cosa paurosa è che la bellezza non è solo terribile, ma è anche un mistero. È il campo di battaglia sul quale Dio e Satana si contendono il cuore dell’uomo. Ed è lei che separa il duplice abisso del senso e del non senso.
    Se ogni istante contenesse l’eternità, se il tempo fosse reversibile (e questo non è possibile: lo prova la morte, contraddizione del tempo, eternità di nulla sull’asse orizzontale), allora dall’al di là del futuro, il tempo si lascerebbe investire dalla sua verticalità, dall’unità di senso: questa unità di senso è la bellezza che redime il mondo, trapassando il tempo attraverso la contraddizione che lega istante eterno e morte. E questo potrà avvenire soltanto in quello stesso istante in cui il tempo avrà cessato di essere (citazione dell’Apocalisse).
    Dostoevskij sa in prima persona cosa questo vuol dire: condannato a morte, pronto per la fucilazione, calcola che gli mancano 5 minuti da vivere: un tempo interminabile, un’immensa ricchezza. Se si potesse far tornare indietro la vita, quale infinità! E tutto ciò sarebbe mio.
    Viene risparmiato e salvato, inaspettatamente, proprio in quegli ultimi minuti.
    La vita è quindi intesa nel tempo come continua e meravigliosa rimozione della morte.
    Oltretutto, sappiamo che Dostoevskij soffriva di epilessia. Sappiamo dalla sue lettere che descrive in questo modo la sua malattia: un incrociarsi di istante ed eterno, senza preoccupazioni, senza pensiero. Senza tempo. La felicità è intemporale: una straordinaria intensificazione della vita.

    We are the sons and daughters of all the freedom fighters.
    And there are still many rivers to cross.
    Hands in the air, screaming loud and clear for freedom, justice and equality.
    There is no black or white, there is only right and wrong.
    We are unknown heros, we are flesh and we are blood.
    We are the great future.
    We need to get back to the joy of living.
    We are five fingers of an empty hand.
    But together, we can also be the fist.
    Sometimes change can be as simple as two hands reaching for one another.
    Clap your hands.


    highlander non è in linea
  2. #2
     Generale CSM
     Administrator
    Forum Utente accreditato Challenge
    Dal: gennaio 2003
    Prov: MI - Milano
    Messaggi: 64 658
    Profilo: 23519 visite
    Gradimento: 389
    9.1

    Re: Fëdor Mikhajlovič Dostoevskij

    Il nichilismo ed il problema di Dio sono strettamente legati. Il nichilismo è la negazione di Dio.
    E infondo, il nichilismo non è che la disperazione, propriamente la disperazione di Dio, derivata dalla perdita dell’unità di senso. Questo dolore è l’angoscia del possibile. Dio è il dolore che nasce dalla paura della morte.
    Divenuti orfani, gli uomini, non avrebbero potuto che stringersi tra di loro in un unico vincolo di commossa solidarietà, poiché ormai ciascuno sarebbe stato tutto per l’altro. Di conseguenza, liquidata l’idea dell’immortalità, tutto l’eccesso dell’amore per il Dio che l’aveva incarnata avrebbe necessariamente dovuto piegarsi al mondo e agli uomini, ad ogni filo d’erba. Essi avrebbero cominciato ad amare la terra e la vita irresistibilmente e nella misura in cui gradualmente prendevano coscienza della propria precarietà e finitezza, amando ormai di un amore particolare, non più quello di prima. È l’amore che non si oppone alla morte, ma dalla morte nasce come trepidante consapevolezza della mortalità. Sia pure domani il mio ultimo giorno – avrebbe pensato ognuno, guardando il sole al tramonto – non fa nulla, io morirò, ma resteranno tutti loro, e dopo di loro i loro figli.
    Ma tutto ciò non è che una bella fantasia, anzi, la più inverosimile.
    Tuttavia, la furiosa e indecente sete di vivere di Dostoevskij e dei suoi personaggi resterebbe tale anche se gli si dimostrasse che la vita non è che caos orribile e maledetto, un trucco diabolico.
    Come non chiamare in causa Dio, allora?

    Secondo Ivan Karamazov l’idea di Dio è sublime, e semmai è da sbalordire il fatto che sia venuta in mente ad un animale selvaggio e cattivo come l’uomo. Dio non potrà non rivelare infine un suo occulto disegno perseguito attraverso la farsa umiliante delle contraddizioni umane, sciogliendo il male e la sofferenza in un’eterna armonia.
    Ciò che Ivan non accetta è di unirsi al coro: egli preferisce appunto (come già prima anticipavo) restare dalla parte della sofferenza rivendicata - la sofferenza dei bambini, in particolare- perché quella sofferenza non può e non deve servire per essere piegata ad altro, sia pure ad un’armonia che la fagociti in un’eternità di redenzione.
    La sofferenza, là dove non si lascia piegare ad altro, e anzi là dove lo è da Dio, apparirà talmente scandalosa da negare Dio stesso.
    Questo scandalo del Male è strettamente legato alla libertà, al libero arbitrio dell’uomo. E questo libero arbitrio è dato da Dio. Il Male quindi non viene che da Dio, ed a lui è legato.
    Ma chi, se non Dio, è reclamato da ciascuna di quelle stesse sofferenze, come colui che soltanto le può raccogliere, conservare, salvare dal nulla?
    Dostoevskij stesso mette in crisi questo nichilismo: se Dio ha preso su di sé il carico, il peso del male (fino a farsi maledizione, per usare l’espressione paolina) nella sua forma più folle e scandalosa, annullandosi sulla croce, morendo, allora non è più possibile far valere contro Dio questo scandalo e questa follia. Questo è appunto il nichilismo ad esigerlo. Dio è identificato in questo scandalo e follia, perché, paradossalmente, è solo difronte a Dio che il male è scandaloso. Paradossale ed efficace è quindi dire che il male è la prova dell’esistenza di Dio!
    Il nichilismo si spezza: perché è Dio che, negando se stesso, portandosi al niente e portando il niente a sé, rende sperimentale la negazione, l’annientamento.
    Bisogna negare Dio, e andare oltre. Contemplando entrambi gli abissi: quello del dubbio e quello della fede. Quello del male e quello della libertà.
    highlander non è in linea
  3. #3
     Generale CSM
     Administrator
    Forum Utente accreditato Challenge
    Dal: gennaio 2003
    Prov: MI - Milano
    Messaggi: 64 658
    Profilo: 23519 visite
    Gradimento: 389
    9.1

    Re: Fëdor Mikhajlovič Dostoevskij

    “Un fortuito incontro in libreria: Dostoevskij. La voce del sangue si fece presto sentire e la mia gioia fu estrema.”
    (Lettera di Nietzsche a Nizza, febbraio 1887)

    “L’entusiasmo poetico è l’entusiasmo della filosofia”
    (Lettera di Dostoevskij al fratello Michail, 31 ottobre 1838)


    Se quindi con Dostoevskij si ha a che fare con una sorta di détour interno al cristianesimo stesso, che lo porta dal nichilismo a un'ottica che vede nello scandalo della "sofferenza inutile" l'occasione di un paradossale rovesciamento, la chance antinichilistica simboleggiata dall'"altro" scandalo, quello paolino della Croce, Nietzsche pensa invece l'oltrepassamento del cristianesimo (e del nichilismo) in un'ottica che prelude all'odierna "estetizzazione del mondo della vita", nell'orizzonte plurale della volontà di potenza.
    Nel suo Ubermensch, Nietzsche non vedeva un “Superuomo”, un individuo potenziato nelle sue capacità e più dotato degli altri, bensì, secondo la definizione di Gianni Vattimo, un “Oltreuomo”, una nuova forma dell’Io, non più compatto e unitario bensì costituito, com’egli diceva, da un anarchia di atomi, da una molteplicità di nuclei psichici e di pulsioni non più imprigionate nella rigida corazza dell’individualità e della coscienza.
    highlander non è in linea

Navigazione

Tag per questa discussione