Sono andata a cercare notizie su internet della Befana ed ho trovato la sua storia, le sue filastrocche…
Anche notizie su come viene festeggiato il 6 gennaio nel mondo…ma andiamo per ordine….
Il termine Befana deriva da Epifania che significa “apparizione”, “manifestazione”.
La sua storia parte da quando i re magi si persero nel loro cammino verso Betlemme, ad un tratto videro una casetta, andaro a bussare ed aprì loro una vecchina che gli indicò la strada.
Ma dopo un po’ la vecchina si rese di avergli dato le indicazioni sbagliate, allora gli corse dietro. Ogni casa che trovava bussava per chiedere se li avessero visti e ad ogni bambino che apriva la porta lei gli regalava dei dolcetti.
Da qui iniziò la tradizione della Befana che porta la notte tra il 5 e il 6 gennaio dolcetti ai bambini e solo nel medioevo la si rappresentò a cavallo della scopa come una streghetta.
Ci sono altre versioni della storia della Befana:
Quando mancavano pochi giorni al 6 di gennaio, la Befana, con la promessa dei doni e con la minaccia del carbone, teneva in pugno tutti i bambini che cercavano di essere più buoni e promettevano mari e monti ai loro genitori.
Per molti bimbi l’arrivo della Befana era anche un’occasione per fare un po’ i conti con la propria coscienza: la vecchia Befana, severa anche se in fondo molto buona, costringeva tutti a pensare a lungo al proprio modo di fare e comportarsi, e ingiungeva solennemente di correggere i propri difetti. Certi bambini molto impazienti, fin dal giorno prima avrebbero voluto sapere quello che la Befana avrebbe loro portato, ma saperlo con così tanto anticipo era impossibile.
Allora cercavano di prevederlo con degli oroscopi di loro invenzione che si chiamavano “indovinelle” .
Andavano in cucina e spazzavano dalla cenere un angolo del focolare, quando la legna messa ad ardere era ben scoppiettante. Poi adagiavano in quell’angolo pulito, due foglie di ulivo bagnate di saliva, incrociandole l’una sull’altra e dicevano:”Indovina indovinello, che vieni una volta all’anno, dimmi quello che ti comando”.
Detto questo, quei bambini facevano tutte le domande che desideravano fare:
“Arriverà la Befana? Cosa porterà, dolci? giocattoli? vestiti? Tante cose? poche? niente? Cenere e carbone?”
Le foglie appoggiate alla piastra rovente del focolare, ad un certo grado di calore facevano un bel salto, con tanti scoppiettii: voleva senz’altro dire che la Befana sarebbe stata generosa e avrebbe esaudito tutti i desideri espressi. Se invece le foglie si muovevano piano piano, era segno che la Befana sarebbe stata poco generosa e che non avrebbe esaudito tutti i desideri dei bambini.
Ma se le foglie fossero bruciate senza muoversi, certamente era segno che la cenere e il carbone erano assicurati.
I bambini fantasticavano molto sui doni della Befana e domandavano sempre tutto quello che avevano desiderato durante l’anno: bambole, trenini, cavalli a dondolo, tricicli e biciclette e spesso chiedevano alla Befana cose che essa non poteva e non voleva concedere loro.
La Befana, come già sappiamo amava la semplicità ed era molto parsimoniosa, non le piacevano gli sprechi e le esagerazioni. I doni che preferiva fare erano cose povere, arance, mandarini, fichi secchi e castagne, datteri, torroncini, melograni e uva passa, biscotti fatti in casa, specialmente quelli a forma di uccellini, cavallucci, pupattole.
Fra i suoi regali non mancavano mai calzerotti colorati, guanti e sciarpe di lana calda: certo la Befana doveva avere una memoria formidabile per ricordare, di anno in anno, tutto quello di cui i suoi piccoli amici avevano bisogno.
In un paesetto sperduto in una stretta valle di montagna, la Befana portava ai bambini una bella corona di castagne e mele, fatta proprio come le corone del rosario delle nonne: al posto delle avemarie c’erano le mele, e al posto dei padrenostri, c’erano le castagne.
Invece del crocefisso c’era un’arancia o un mandarino. I bambini si mettevano quella corona al collo e cominciavano a mangiare. Ma la nostra Vecchia sapeva bene quanto ai bambini piacessero i giocattoli e poi amava tanto far felici gli altri.
Così, oltre alle cose utili, ai dolci e ai frutti, lasciava nella calza, quando poteva, anche alcuni giochi. Di paese in paese, talvolta alla Befana piaceva fare qualcosa di speciale, di diverso.
C’era un piccolo villaggio dove ai bambini che ormai si erano fatti grandicelli, la Befana lasciava tra i doni anche una patata o una cipolla. Con quel segno la Befana voleva dire loro che ormai si erano fatti grandi e l’anno dopo non sarebbe più tornata.