Mi permetto di contraddirti, Mozzi, e di farlo con una certa autorevolezza - almeno in questo ambito, visto che l'insegnamento dell'italiano è ciò che in questo momento mi paga l'affitto, e sono abilitata a farlo.
L'italiano perfetto non esiste. E quale sarebbe? quello di Dante, quello di Manzoni, quello di Gadda?
L'italiano è un sistema simbolico. Più lo padroneggi, più sei libero. Non nel senso negativo di libertà dalle costrizioni, nel senso di libertà positiva, quella che in inglese si dice
agency, la capacità di crearti una strada per esprimere te stesso.
Un gioco non è molto diverso, è un mezzo di espressione individuale e un'attività sociale, e ha un suo linguaggio convenzionato, con le sue norme. In questo senso, trovo il Risiko bellissimo: da un set di regole estremamente semplici si può costruire una varietà di situazioni di fatto infinita.
Non ho mai studiato il gioco in modo sistematico. Ho sempre giocato a istinto - e me la cavicchio, penso.
Tuttavia, quando ho avuto modo di parlare con chi sta scrivendo il manuale e con chi lo sta leggendo, ho
visto la possibilità di vedere il gioco in maniera diversa (più scientifica, più bella), e di poter migliorare la mia strategia.
Ho letto qualche anteprima (di cui non parlo perché rispetto la richiesta di riservatezza) e mi è venuta voglia di tornare a giocare, e di approfondire, partecipando alle sessioni didattiche che verranno.
Al momento ne so quanto voi... ma mi perplime che una cosa che mi sembra solo
bella e
utile possa andare incontro a un'ostilità quasi istintiva