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Discussione: L’arte della guerra: per un approccio filosofico-scientifico al Gioco del Risiko
  1. #61
     Serg. Magg.
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    Re: L’arte della guerra: per un approccio filosofico-scientifico al Gioco del Risiko

    Quote maskass ha scritto: Visualizza il messaggio
    Scusa Lucio, questa mi ha colpito (forse perché ero in finale e ricordo bene chi ha vinto). Fortebraccio vive a Bergamo da anni, giocando nel relativo RCU, da ben prima, mi pare, che tornassi a Terni. Lo stai annoverando fra "i draghetti" del ri-fondato club di Terni come un merito? Un tantino tirata per i capelli questa non trovi?
    Ciao Valerio,
    Penso si riferisca alla mia vittoria Bergamo 2017, poco meno recente!
    Valeria Ferrara ( We will Rock You! )
    - Voglio costruire qualcosa che viva più a lungo di Me.

  2. #62
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    Re: L’arte della guerra: per un approccio filosofico-scientifico al Gioco del Risiko

    Quote maskass ha scritto: Visualizza il messaggio
    Buonasera a tutti. La discussione era stata temporaneamente oscurata per placare gli animi. Alcuni interventi, per lo più critiche e relative reazioni oltre le righe, sono stati eliminati. Ci auguriamo di non vedere di nuovo questa inutile escalation raccomandando a tutti critiche pertinenti, non personali e toni civili.

    ------ modalità MODERATORE off --------





    Dico la mia sull'esperienza del Club di Terni (e spero anche sul resto, nei giorni a venire. Sempre che non diate di nuovo fuoco alla discussione

    Dicevo, l'esperienza di Terni... Per quanto la trovi interessante, nel senso che mi interessa leggerla/capirla, sono piuttosto scettico (eufemismo) sulla sua replicabilità. Secondo me è questo il punto più fragile del tentativo di proporre/estendere ad altri questo modello di club sostenibile, lasciatemelo chiamare così.
    Trovo encomiabile il tentativo di farlo, ma sposo le critiche già mosse da altri (spappara, momocao, massituo. Mi scuso se ho omesso qualcuno)

    Leggo di un locale affittato in autosostentamento, chiavi a tutti i soci, attività continue 7 giorni su 7, fino al sostegno psicologico dovuto (!).... insomma se non fossimo su un forum di risiko e già non sapessi di cosa si parla azzarderei che si sta descrivendo qualcosa a metà fra un centro di ascolto e una comune degli anni '70. Onde evitare fraintendimenti, sto dando ad entrambi i termini l'accezione migliore possibile.

    Sto dicendo che è una cosa bella, ma non la ritengo un modello scalabile ad altre realtà. Cari amici di Terni, forse il vostro club è... PIU di un club. Forse avete trovate una splendida combinazione di amicizia, armonia, reciproca comprensione, un'isola felice insomma. Ma nel momento in cui si vuole estendere questo modello all'esterno ci si scontra con la realtà fatta di situazioni eterogenee, persone diverse (che magari non si sopportano), tempo a disposizione limitato, numeri molto più grandi (anche questo è un elemento che in moltissimi contesti fa emergere i limiti delle soluzioni "isola felice").

    Spero di non aver frainteso le intenzioni di Lucio&co. Se invece era un racconto di un'esperienza positiva senza pretese propositive per altri, mi scuso e torno a leggere.
    Hai frainteso.
    Qui nessuno vuole riproporre Terni altrove ma vorremmo parlare di didattica applicata al gioco, estetica, etica e morale del gioco e di una sua eventuale lettura psicologica e sociale.
    Il club di Terni e la nostra esperienza al massimo possono essere presi come termini di paragone per il fatto che già applicchiamo un approccio scientifico e didattico.
    La sede, la frequenza di gioco e altre amenità sono solo note di colore irrilevanti o al massimo spunti di riflessione e condivisione.






    nb è stato lasciato l'intervento di Massituo ove è presente un chiaro flame verso la mia persona, non capisco perché siano stati cancellati post innocui e lasciato questo molto offensivo..

    Grazie




  3. #63
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    Re: L’arte della guerra: per un approccio filosofico-scientifico al Gioco del Risiko

    Quote Valehikari ha scritto: Visualizza il messaggio
    Ciao Valerio,
    Penso si riferisca alla mia vittoria Bergamo 2017, poco meno recente!
    Ops! Hai ragione, grazie. Come non detto. Avevo frainteso probabilmente ingannato dal vivido ricordo della finale (evento raro per il sottoscritto ), chiedo venia.

    Che il torneo challenge sia un postaccio è fuori da ogni dubbio.
    E' un ricettacolo di psicocartinari, cronofrenici, geobulimici, aleopatici e nevrastitici

    (D. Piergentili)
  4. #64
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    Re: L’arte della guerra: per un approccio filosofico-scientifico al Gioco del Risiko

    Quote lucius ha scritto: Visualizza il messaggio
    Hai frainteso.
    Qui nessuno vuole riproporre Terni altrove ma vorremmo parlare di didattica applicata al gioco, estetica, etica e morale del gioco e di una sua eventuale lettura psicologica e sociale.
    Il club di Terni e la nostra esperienza al massimo possono essere presi come termini di paragone per il fatto che già applicchiamo un approccio scientifico e didattico.
    La sede, la frequenza di gioco e altre amenità sono solo note di colore irrilevanti o al massimo spunti di riflessione e condivisione.
    Ok grazie, capisco meglio. Allora passo agli altri temi... avrei un po' di cose da chiedere/vi ma purtroppo non ho il tempo di farlo. Continuo a leggere

    Quote lucius ha scritto: Visualizza il messaggio
    non capisco perché...
    La discussione ha già preso fuoco una volta, per cui sarà certamente oggetto di più attenzione da parte nostra. Ma possiamo ben poco senza la collaborazione di tutti, a cominciare dal non voler mettere in discussione ogni singolo atto di moderazione. Il tempo per farlo è minimo e sarebbe comunque sottrato al tema della discussione.
  5. #65
     Magg. C.te
     
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    Re: L’arte della guerra: per un approccio filosofico-scientifico al Gioco del Risiko

    Buondì e ben ritrovati/e


    Quote maskass ha scritto: Visualizza il messaggio
    Buonasera a tutti. La discussione era stata temporaneamente oscurata per placare gli animi. Alcuni interventi, per lo più critiche e relative reazioni oltre le righe, sono stati eliminati. Ci auguriamo di non vedere di nuovo questa inutile escalation raccomandando a tutti critiche pertinenti, non personali e toni civili.

    ------ modalità MODERATORE off --------





    Dico la mia sull'esperienza del Club di Terni (e spero anche sul resto, nei giorni a venire. Sempre che non diate di nuovo fuoco alla discussione

    Dicevo, l'esperienza di Terni... Per quanto la trovi interessante, nel senso che mi interessa leggerla/capirla, sono piuttosto scettico (eufemismo) sulla sua replicabilità. Secondo me è questo il punto più fragile del tentativo di proporre/estendere ad altri questo modello di club sostenibile, lasciatemelo chiamare così.
    Trovo encomiabile il tentativo di farlo, ma sposo le critiche già mosse da altri (spappara, momocao, massituo. Mi scuso se ho omesso qualcuno)

    Leggo di un locale affittato in autosostentamento, chiavi a tutti i soci, attività continue 7 giorni su 7, fino al sostegno psicologico dovuto (!).... insomma se non fossimo su un forum di risiko e già non sapessi di cosa si parla azzarderei che si sta descrivendo qualcosa a metà fra un centro di ascolto e una comune degli anni '70. Onde evitare fraintendimenti, sto dando ad entrambi i termini l'accezione migliore possibile.

    Sto dicendo che è una cosa bella, ma non la ritengo un modello scalabile ad altre realtà. Cari amici di Terni, forse il vostro club è... PIU di un club. Forse avete trovate una splendida combinazione di amicizia, armonia, reciproca comprensione, un'isola felice insomma. Ma nel momento in cui si vuole estendere questo modello all'esterno ci si scontra con la realtà fatta di situazioni eterogenee, persone diverse (che magari non si sopportano), tempo a disposizione limitato, numeri molto più grandi (anche questo è un elemento che in moltissimi contesti fa emergere i limiti delle soluzioni "isola felice").

    Spero di non aver frainteso le intenzioni di Lucio&co. Se invece era un racconto di un'esperienza positiva senza pretese propositive per altri, mi scuso e torno a leggere.

    Ci sono due cose che mi lasciano un po' perplessa di questo intervento, e cerco di dirle nel modo più neutro possibile, ché il mio intento non è re-infiammare gli animi.


    1) Mi lascia perplessa che la scelta, nel tentare di determinare le intenzioni di Lucio&co, sia un aut aut fra il racconto neutro e la pretesa propositiva. Non posso parlare per gli altri, ma nel mio caso l'intento era fare una proposta creativa, e la proposta creativa conteneva - certo - uno "spot pubblicitario" per Li Draghi.

    Ora, fare uno spot pubblicitario non mi pare implichi puntarti una pistola alla testa e costringerti a comprare quel che viene proposto, non ti pare?
    Provo a chiarirmi con una metafora: se quello del Risiko Live fosse un mercatino dell'artigianato e i vari club le "bancarelle" che offrono prodotti vari, quello che volevo fare io era segnalare che i prodotti sulla bancarella di Terni mi paiono particolarmente validi, il che non implica né obbligare altri a comprarli, né tantomeno voler costringere le altre bancarelle da tutta Italia a vendere gli stessi prodotti, magari in blocco. A questo vorrei quindi aggiungere

    2) Mi lascia perplessa che si continui a porre l'accento sulle componenti "umane" della bancarella-Terni, in termini che mi paiono tesi a evidenziarne gli aspetti "folkloristici" (in senso offensivo o meno), quando fin dal primo post e dal titolo della discussione ho tentato in tutti i modi di evidenziare che le idee "ternane" che ritenevo più interessanti per la community fossero quelle relative al gioco. Credo che le due componenti si possano separare, se parlarne al tempo stesso causa tanto scalpore.

    Se è possibile, quindi, vorrei dopo questo post tacere del tutto sulle tematiche "umane" (che sono mutevoli e altamente infiammabili, a quanto pare) e concentrarmi su quelle "strategiche"; e mi piacerebbe invitare gli altri e le altre partecipanti alla discussione a fare altrettanto.

    A tale scopo, vorrei quindi provare a "uppare" un bel post di Valeria che mi ha dato molto da pensare e che ha finito per rimanere sepolto sotto i detriti degli screzi e dei bisticci, per vedere se si riesce a parlarne:

    Quote Valehikari ha scritto: Visualizza il messaggio
    Ciao a tutti, i miei 2 cent sull'argomento:

    Secondo me nel RisiKo! una persona passa attraverso una evoluzione personale che si somiglia un po' con la ricerca di se stessi che bisogna fare nel gioco degli scacchi (che in realtà sono molto più elevati e probabilmente non sono nemmeno un gioco), e che si somiglia in realtà a qualsiasi realtà ludica a cui una persona si avvicina. In particolare ciascuno dovrebbe chiedere a se stesso che viaggio sta facendo, chi è lui, in modo da eliminare le voci esterne e rimanere con ciò che è invece l'essenza del gioco.

    In particolare è vero che ci si può dividere in due categorie (chi gioca per il semplice divertimento, chi gioca per vincere e basta) ma io sono convinta che bisogna, con l'approccio scientifico, aggiungere la terza categoria e fare in modo che sempre più persone ci si avvicinano, ovvero chi gioca perché si appassiona al gioco e vede la sua bellezza.

    Nella maggior parte dei casi le mosse del RisiKo vengono viste come mosse buone o non buone, danneggianti l'avversario, cattive, sbagliate, molto altro, ma mai come belle o migliori.

    Quando si impara ad amare un gioco come il RisiKo secondo me è inevitabile che si debba evolvere personalmente, poiché tutte le fasi della rabbia, della mancanza di senso quando si viene sconfitti, della tristezza, delle esagerate gioie nella vittoria, delle amicizie perdute e tutto il resto, è perché in realtà ci siamo dimenticati del nostro punto di partenza principale, ovvero: "QUESTO GIOCO E' BELLO, COME MI PIACE GIOCARE! E CHE BELLA MOSSA HAI FATTO!"

    Se riuscissimo a tornare a questa origine, ogni pezzo andrebbe velocemente al suo posto. Sostituiamo il godimento per le mosse, l'approfondimento della statistica, gli studi su come utilizzare uno o un altro obiettivo, la bellezza di avere per le mani una posizione da analizzare con un molto più becero confronto di emozioni e di personalità quando, in realtà, ognuna di queste cose dovrebbe arricchirci.

    Quando ho capito questo (che non avevo capito) ho dimenticato immediatamente le persone con cui stavo giocando e ho cominciato a giocare con la plancia. A bearmi di quelle posizioni complicate in cui mi trovavo, a pensare a come potevo farcela a creare ancora qualcosa di interessante per me, a chiedermi quali vantaggi ho e come posso sfruttarli, e le domande automaticamente sono diventate belle, piene, divertenti, e non più sterili o basate sugli altri "speriamo che quello faccia così speriamo che non mi giri le carte addosso, perché hai girato le carte lì" ma basate solo su me stessa e sulla semplice domanda "Qual è la mossa migliore che IO posso fare con quello che ho in questo momento? Come mi piacerebbe cambiare la plancia?" e poi dunque applicarle.

    Con ciò non dico che le emozioni non c'entrino ma chi le controlla e le gestisce meglio di solito vince di più, o comunque riesce a viaggiare sulle emozioni degli altri che in generale ci fanno fare uno o più errori in una partita (perché analizziamo male per causa delle emozioni, questo accade in TUTTI i giochi).

    Chiunque abbia passione per il gioco del Risiko capirà che sto parlando di qualcosa di cui si è entusiasti e di cui nella maggior parte dei casi ci si riempie, si porta a casa una serata in cui qualcosa alla fine si è fatto.

    E io sono convinta al cento per cento che serate didattiche, discussioni, test in plancia (quanti ne abbiamo fatti) foto di posizioni di cui si discute anche fino a dopodomani (senza magari che una risposta giusta ci sia) siano tutti parte di quel progetto in cui ci dimentichiamo che una mossa ci danneggia, in cui ci dimentichiamo che quello lì che è al tavolo con noi proprio non lo sopportiamo, ma ci godiamo il viaggio lungo 90 minuti che è quella partita, selezionando le nostre emozioni perché diamo la precedenza alla passione, che è quello che ci trasmettiamo l'uno con l'altro.

    Se riusciamo a far vedere questa bellezza anche a chi è "ludopatico", a chi ha voglia di mangiarsi il neofita, e a tutti gli altri, sono convinta che ci ritroveremo in un mondo in cui sarà il gioco a vincere, e di conseguenza il divertimento e la voglia di cominciare un altro viaggio, e non quella di andarcene per 10 anni salvo poi ricordarci che quella droga proprio ci piaceva, è il caso di spararcene un'altra dose...?

    Io dico che ci siamo un po' persi, forse probabilmente ci siamo dimenticati di quello che era bello e che ci univa, di quella passione per il gioco che io per prima ho tanto amato, e dovremmo cominciare a ricordarcelo.

    Au revoir.

    L'idea di tenere in considerazione la prospettiva "estetica" del gioco, insieme a quella etico-morale e tattica, mi piace moltissimo.

    Tuttavia appena sento parlare di "bello" o "bellezza" mi scatta la modalità filosofia critica e mi viene da chiedere: su quali criteri e valori si può definire la "bellezza" in ambito di gioco? E soprattutto, è possibile definirla secondo parametri "oggettivi", creando un "canone estetico" del gioco, un equivalente del Canone di Policleto per la bellezza anatomica?

    Si tende a pensare al senso estetico come soggettivo (non è bello ciò che è bello ma ciò che piace etc) quando questo è solo parzialmente vero: il nostro senso del bello è fortemente influenzato dai canoni socio-culturali del contesto in cui viviamo, incluso il "micro-contesto".
    Mi pare che questo avvenga anche nel mondo del Risiko, dove, al di là dei gusti personali, ho l'impressione che ogni club o contesto di gioco (incluso l'online) abbia il suo "stile", che influenza il singolo giocatore che in quel contesto si è formato.

    A fronte di queste varianti locali, mi chiedo: sarebbe possibile secondo te creare un simile canone? Quali dovrebbero essere le "linee guida" di un simile canone?

    Posto che tutto ciò che è consentito dal regolamento di gioco è lecito e che quindi tale canone potrebbe solo avere un valore illustrativo e non prescrittivo (lo specifico onde evitare polemiche), un canone presume l'esistenza di valori e criteri condivisi, per cui mi restano molte domande, che ridurrei a 2:

    A) Che cosa determina secondo te la "bellezza" di una specifica mossa, di una specifica partita, di uno specifico momento del gioco?

    E soprattutto,

    B) Perché un giocatore dovrebbe preferire giocare una mossa "bella" a una che magari è "brutta" ma in quel momento gli pare più conveniente?


    Ho qualche idea a riguardo ma sta uscendo un post troppo lungo per cui prima di dilungarmi su quel che penso io mi piacerebbe sentire la tua opinione

    Si dialoga. E si dialoga camminando; via via. No? Scrivere; e poi leggere. Ricordi, amico mio? Si racconta che le lettere dell'alfabeto furono inventate da Mercurio, capostipite e nonno di bugiardi e re dei ladri, vedendole nel volo delle gru. Uno scherzo, non credi? (in tua memoria, Picchi)
  6. #66
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    Re: L’arte della guerra: per un approccio filosofico-scientifico al Gioco del Risiko

    Quote delaunay ha scritto: Visualizza il messaggio
    1) Mi lascia perplessa che la scelta, nel tentare di determinare le intenzioni di Lucio&co, sia un aut aut fra il racconto neutro e la pretesa propositiva.
    [...]
    2) Mi lascia perplessa che si continui a porre l'accento sulle componenti "umane" della bancarella-Terni
    [...]
    Proseguendo con la tua metafora: io nello "spot" verso il prodotto della bancarella di Terni riesco a vedere due scopi. O è un invito ad andare a Terni per provarlo direttamente, o a tentare di rifarselo a casa propria. Immagino che la proposta del "venditore" alla platea sia la seconda (per quanto sono certo accoglierebbero con entusiasmo chiunque si presentasse dal vivo). Ecco perché ho avuto l'impressione della pretesa propositiva. Anzi, in realtà ce l'ho ancora.
    Mentre per quanto riguarda la 2a perplessità, l'accento sulle componenti umane, erano comparse nei post a supporto della tesi, non penso sia strano averle percepite come parte integrante della ricetta.

    Poco male, dal chiarimento successivo mi sembra di capire che la validità del "prodotto" che state per così dire sponsorizzando non dipenda tanto dalle circostanze particolari (componenti umane appunto, tempo a disposizone, luoghi, ecc..) quanto piuttosto da elementi più generali. I temi di interesse sarebbero quindi, citando Lucio, didattica applicata al gioco, estetica, etica e morale del gioco e di una sua eventuale lettura psicologica e sociale.

    Bene, concordo sull'opportunità di discutere di questi ultimi elementi "strategici" e non di altro.

    Spero di aver risolto le 2 perplessità.
  7. #67
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    Re: L’arte della guerra: per un approccio filosofico-scientifico al Gioco del Risiko

    Quote maskass ha scritto: Visualizza il messaggio
    ..riesco a vedere due scopi.
    Faccio una proposta: perché invece di continuare a riflettere su quali potrebbero essere gli scopi occulti della pubblicità non provi a seguire il titolo della discussione e dire la tua sulle questioni di filosofia e strategia?

    Sul serio. Mi interessa.

    Rilancio alcune delle proposte di riflessione che ho fatto:

    - Che ne pensi dell'idea di legge morale applicata al gioco del Risiko? Avrebbe senso a tuo parere elaborarne una, un "Convenzione di Ginevra" da affiancare al regolamento di gioco, per fare un esempio? Oppure per te nella guerra di carretti non ci sono e/o non ci devono essere considerazioni morali da tenere in conto?

    - Che ne pensi dell'idea di un'estetica del Risiko? Pensi sia puramente soggettiva o piuttosto oggettiva? In ambo i casi, che cosa determina secondo te la "bellezza" di una mossa, di una partita, di un momento del gioco?
  8. #68
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    Re: L’arte della guerra: per un approccio filosofico-scientifico al Gioco del Risiko

    Quote delaunay ha scritto: Visualizza il messaggio
    Faccio una proposta: perché invece di continuare a riflettere su quali potrebbero essere gli scopi occulti della pubblicità non provi a seguire il titolo della discussione e dire la tua sulle questioni di filosofia e strategia?

    Sul serio. Mi interessa.

    Rilancio alcune delle proposte di riflessione che ho fatto:

    - Che ne pensi dell'idea di legge morale applicata al gioco del Risiko? Avrebbe senso a tuo parere elaborarne una, un "Convenzione di Ginevra" da affiancare al regolamento di gioco, per fare un esempio? Oppure per te nella guerra di carretti non ci sono e/o non ci devono essere considerazioni morali da tenere in conto?
    Non c'è nulla di male nell'avere uno scopo. Non ho dato la connotazione negativa che intendi tu ("pubblicità occulta"), mi pare legittimo descrivere con toni entusiastici qualcosa che si è apprezzato. Tutto qui.
    Comunque rispondo volentieri alla prima domanda, la seconda l'affronto un'altra volta per mancanza di tempo.

    Se ho capito cosa si intende... no, non penso abbia senso una legge morale applicata al gioco del Risiko. E non solo, sono abbastanza convinto che cercarla, per quanto interessante da un punto di vista accademico, possa diventare addirittura dannoso nel momento in cui se ne tenta un'applicazione pratica.

    Cerco un esempio, magari è riduttivo ma credo aiuti a spiegare il senso di quello che voglio dire. Due fanno carta per un po' e poi uno tradisce. Così, all'improvviso rovescia i tris guadagnati contro l'alleato temporaneo che gli ha permesso di farlo (prendo spunto dalla recente "risiko o non risiko"). Queste sono tipiche cose che fanno imbestialire, soprattutto se non lo si fa "per vincere" (dicono così, anche se dovrebbero dire "con un fine che non comprendo").
    Giusto? Sbagliato? Morale? Immorale? Io non tenterei di rispondere a queste domande, piuttosto metterei in pausa e mi allontanerei per osservare cosa stiamo guardando. Il tabellone di un gioco da tavolo, delle persone che hanno deciso di intrattenersi (o competere) sfidandosi a chi riesce a raggiungere per primo la vittoria rispettando i vincoli concordati (il regolamento).
    E' tutto qui. Lo so, è banale, semplice. Non molto attraente. Ma io è questa la realtà che vedo. Un giochino.

    Ho letto in questa discussione visioni diametralmente opposte. Più poetiche, certamente. Cito in questo caso Valeria: "secondo me nel RisiKo! una persona passa attraverso una evoluzione personale [...]. [...] ciascuno dovrebbe chiedere a se stesso che viaggio sta facendo[...]".

    E' chiaro che rivestire il gioco di questi significati porta ad andare oltre. A interpretarlo come metafora della vita, piena delle sue passioni, difficoltà e conflitti... con tutto quello che comporta. Compresa, per tornare in tema, la ricerca di una morale.

    Ecco perché secondo me può essere dannoso. Condire il gioco di temi che non gli sono propri incoraggia di fatto a interpretare fatti di gioco come "reali". Mi hai attaccato perché ce l'hai con me. E naturalmente il viceversa, dove succede realmente che tu mi attacchi nel gioco perché ce l'hai con me nella vita.

    A costo di essere deriso per la banalità dell'affermazione, quella che racchiude meglio il mio pensiero è che... dobbiamo ricordarci che è un gioco.
  9. #69
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    Re: L’arte della guerra: per un approccio filosofico-scientifico al Gioco del Risiko

    Quote maskass ha scritto: Visualizza il messaggio
    Non c'è nulla di male nell'avere uno scopo. Non ho dato la connotazione negativa che intendi tu ("pubblicità occulta"), mi pare legittimo descrivere con toni entusiastici qualcosa che si è apprezzato. Tutto qui.
    Comunque rispondo volentieri alla prima domanda, la seconda l'affronto un'altra volta per mancanza di tempo.

    Se ho capito cosa si intende... no, non penso abbia senso una legge morale applicata al gioco del Risiko. E non solo, sono abbastanza convinto che cercarla, per quanto interessante da un punto di vista accademico, possa diventare addirittura dannoso nel momento in cui se ne tenta un'applicazione pratica.

    Cerco un esempio, magari è riduttivo ma credo aiuti a spiegare il senso di quello che voglio dire. Due fanno carta per un po' e poi uno tradisce. Così, all'improvviso rovescia i tris guadagnati contro l'alleato temporaneo che gli ha permesso di farlo (prendo spunto dalla recente "risiko o non risiko"). Queste sono tipiche cose che fanno imbestialire, soprattutto se non lo si fa "per vincere" (dicono così, anche se dovrebbero dire "con un fine che non comprendo").
    Giusto? Sbagliato? Morale? Immorale? Io non tenterei di rispondere a queste domande, piuttosto metterei in pausa e mi allontanerei per osservare cosa stiamo guardando. Il tabellone di un gioco da tavolo, delle persone che hanno deciso di intrattenersi (o competere) sfidandosi a chi riesce a raggiungere per primo la vittoria rispettando i vincoli concordati (il regolamento).
    E' tutto qui. Lo so, è banale, semplice. Non molto attraente. Ma io è questa la realtà che vedo. Un giochino.

    Ho letto in questa discussione visioni diametralmente opposte. Più poetiche, certamente. Cito in questo caso Valeria: "secondo me nel RisiKo! una persona passa attraverso una evoluzione personale [...]. [...] ciascuno dovrebbe chiedere a se stesso che viaggio sta facendo[...]".

    E' chiaro che rivestire il gioco di questi significati porta ad andare oltre. A interpretarlo come metafora della vita, piena delle sue passioni, difficoltà e conflitti... con tutto quello che comporta. Compresa, per tornare in tema, la ricerca di una morale.

    Ecco perché secondo me può essere dannoso. Condire il gioco di temi che non gli sono propri incoraggia di fatto a interpretare fatti di gioco come "reali". Mi hai attaccato perché ce l'hai con me. E naturalmente il viceversa, dove succede realmente che tu mi attacchi nel gioco perché ce l'hai con me nella vita.

    A costo di essere deriso per la banalità dell'affermazione, quella che racchiude meglio il mio pensiero è che... dobbiamo ricordarci che è un gioco.
    E se tu scoprissi per magia che quelle regole morali ti fanno giocare meglio e ti danno maggiori probabilità di vittoria?
    E che in ogni caso, vittoria o meno, rendono più godibile e divertente il gioco?
  10. #70
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    Re: L’arte della guerra: per un approccio filosofico-scientifico al Gioco del Risiko

    Quote lucius ha scritto: Visualizza il messaggio
    E se tu scoprissi per magia che quelle regole morali ti fanno giocare meglio e ti danno maggiori probabilità di vittoria?
    Beh, si chiamerebbe "buona strategia" non regola morale.


    Quote lucius ha scritto: Visualizza il messaggio
    E che in ogni caso, vittoria o meno, rendono più godibile e divertente il gioco?
    Il gioco in sé, a mio parere, non può essere godibile. Devi mettere un soggetto. Godibile per me o per te? Sono due cose diverse. Se mi stai dicendo che esiste una "godibilità" universale, un qualche modo per quantificarla e dimostrare che, mediamente, le persone con certi accorgimenti "si godono" di più il gioco, è un po' fumosa la cosa ma ascolto volentieri. Faccio un po' fatica anche a definirla "regola morale", ma forse si tratta solo di capire che significato stai/state dando a questo termine.

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