Milan ai comunisti!
Berlusconi, che evitò ai rossoneri le telecronache della Rai, vende allo stato di Mao. I nuovi mondi del Cav. (Il Foglio)
Prima l’inseparabile Fedele Confalonieri che annuncia di votare sì al referendum costituzionale promosso da Matteo Renzi.
Poi la scelta di affidare a un uomo di sinistra come Stefano Parisi la guida di Forza Italia.
Adesso la vendita dell’adorato Milan allo stato cinese, cioè per farla breve al Partito comunista cinese che fu di Mao Zedong.
S’è capovolto il mondo.
Fabio Capello ricorda Silvio Berlusconi come “il miglior presidente del mondo”, Silvano Ramaccioni, una specie di monumento del Milan – organizzava la messa per i calciatori ogni sabato pomeriggio, teneva unito il gruppo, sedeva serio con la sigaretta (fin quando si poteva) in panchina accanto all’allenatore di turno – si dice “addolorato, deluso e disgustato” da quanto successo.
Addirittura, ha tuonato chiamato in causa da qualche sito, “preferirei piuttosto la serie B con Berlusconi che la finale di Champions con i cinesi. Sono milanista da sempre e ora non lo sono più”.
Lo strappo definitivo è immortalato dalla gallery fotografica che pure la casa madre rossonera ha diffuso, a sigilli del trapasso ineluttabile: Silvio Berlusconi, sorridente, che consegna a un signore cinese di nome Han Li (pure lui sorridente) una maglia del Milan stagione 2016-’17. Il cerchio si chiude: il Berlusconi che rivoluzionò tutto, destatalizzando tutto il possibile e sottraendo il suo club perfino al supplizio delle vecchie telecronache della statalissima Rai, ora affida la sua creatura – al 99,3 per cento – allo stato cinese. E va bene che i cinesi non sono più quelli di una volta, che non mettono più i bambini in pentola come s’usava un tempo, ma pur sempre formalmente comunisti restano. Scandalo!
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