Ciao a tutti, i miei 2 cent sull'argomento:
Secondo me nel RisiKo! una persona passa attraverso una evoluzione personale che si somiglia un po' con la ricerca di se stessi che bisogna fare nel gioco degli scacchi (che in realtà sono molto più elevati e probabilmente non sono nemmeno un gioco), e che si somiglia in realtà a qualsiasi realtà ludica a cui una persona si avvicina. In particolare ciascuno dovrebbe chiedere a se stesso che viaggio sta facendo, chi è lui, in modo da eliminare le voci esterne e rimanere con ciò che è invece l'essenza del gioco.
In particolare è vero che ci si può dividere in due categorie (chi gioca per il semplice divertimento, chi gioca per vincere e basta) ma io sono convinta che bisogna, con l'approccio scientifico, aggiungere la terza categoria e fare in modo che sempre più persone ci si avvicinano, ovvero chi gioca perché si appassiona al gioco e vede la sua bellezza.
Nella maggior parte dei casi le mosse del RisiKo vengono viste come mosse buone o non buone, danneggianti l'avversario, cattive, sbagliate, molto altro, ma mai come belle o migliori.
Quando si impara ad amare un gioco come il RisiKo secondo me è inevitabile che si debba evolvere personalmente, poiché tutte le fasi della rabbia, della mancanza di senso quando si viene sconfitti, della tristezza, delle esagerate gioie nella vittoria, delle amicizie perdute e tutto il resto, è perché in realtà ci siamo dimenticati del nostro punto di partenza principale, ovvero: "QUESTO GIOCO E' BELLO, COME MI PIACE GIOCARE! E CHE BELLA MOSSA HAI FATTO!"
Se riuscissimo a tornare a questa origine, ogni pezzo andrebbe velocemente al suo posto. Sostituiamo il godimento per le mosse, l'approfondimento della statistica, gli studi su come utilizzare uno o un altro obiettivo, la bellezza di avere per le mani una posizione da analizzare con un molto più becero confronto di emozioni e di personalità quando, in realtà, ognuna di queste cose dovrebbe arricchirci.
Quando ho capito questo (che non avevo capito) ho dimenticato immediatamente le persone con cui stavo giocando e ho cominciato a giocare con la plancia. A bearmi di quelle posizioni complicate in cui mi trovavo, a pensare a come potevo farcela a creare ancora qualcosa di interessante per me, a chiedermi quali vantaggi ho e come posso sfruttarli, e le domande automaticamente sono diventate belle, piene, divertenti, e non più sterili o basate sugli altri "speriamo che quello faccia così speriamo che non mi giri le carte addosso, perché hai girato le carte lì" ma basate solo su me stessa e sulla semplice domanda "Qual è la mossa migliore che IO posso fare con quello che ho in questo momento? Come mi piacerebbe cambiare la plancia?" e poi dunque applicarle.
Con ciò non dico che le emozioni non c'entrino ma chi le controlla e le gestisce meglio di solito vince di più, o comunque riesce a viaggiare sulle emozioni degli altri che in generale ci fanno fare uno o più errori in una partita (perché analizziamo male per causa delle emozioni, questo accade in TUTTI i giochi).
Chiunque abbia passione per il gioco del Risiko capirà che sto parlando di qualcosa di cui si è entusiasti e di cui nella maggior parte dei casi ci si riempie, si porta a casa una serata in cui qualcosa alla fine si è fatto.
E io sono convinta al cento per cento che serate didattiche, discussioni, test in plancia (quanti ne abbiamo fatti) foto di posizioni di cui si discute anche fino a dopodomani (senza magari che una risposta giusta ci sia) siano tutti parte di quel progetto in cui ci dimentichiamo che una mossa ci danneggia, in cui ci dimentichiamo che quello lì che è al tavolo con noi proprio non lo sopportiamo, ma ci godiamo il viaggio lungo 90 minuti che è quella partita, selezionando le nostre emozioni perché diamo la precedenza alla passione, che è quello che ci trasmettiamo l'uno con l'altro.
Se riusciamo a far vedere questa bellezza anche a chi è "ludopatico", a chi ha voglia di mangiarsi il neofita, e a tutti gli altri, sono convinta che ci ritroveremo in un mondo in cui sarà il gioco a vincere, e di conseguenza il divertimento e la voglia di cominciare un altro viaggio, e non quella di andarcene per 10 anni salvo poi ricordarci che quella droga proprio ci piaceva, è il caso di spararcene un'altra dose...?
Io dico che ci siamo un po' persi, forse probabilmente ci siamo dimenticati di quello che era bello e che ci univa, di quella passione per il gioco che io per prima ho tanto amato, e dovremmo cominciare a ricordarcelo.
Au revoir.