LIBRO DEL MESE
Dopo Havana Glam, il nuovo romanzo siglato Wu Ming - questa volta collettivo a tutti gli effetti - tende decisamente verso il classico, dove un termine del genere non ha nessun sapore accademico o "rigido", ma piuttosto si riferisce alla maestria con cui gli incastri narrativi e i punti di vista sono stati messi insieme. Un'altra operazione di artigianato scrittorio che merita tutta la vostra attenzione.
Alessandro Besselva ***
Dopo l'esperimento un po' atipico, tra documento e fiction, di Asce di guerra, in compagnia del vietcong romagnolo Vitaliano Ravagli, e la prova dell'ultimo arrivo nell'atelier narrativo bolognese, Riccardo Pedrini alias Wu Ming 5, alle prese con un eccellente Havana Glam, ecco finalmente il vero e proprio seguito dello splendido Q: per inciso, uno dei pochi romanzi forti, ambiziosi e politici - ovvero con uno sguardo sul mondo e non sul proprio cortile - pubblicati negli ultimi anni in Italia. 54 mantiene le ambizioni del predecessore, scegliendo nuovamente la via dell'affresco storico, concentrandolo questa volta in un unico anno dell'immediato dopoguerra, momento chiave attraversato da vicende solo apparentemente distanti. Al sottoscritto è piaciuto in particolare - al di là dell'indubbia capacità di gestire una scrittura eclettica e polifonica: su questo non c'erano dubbi - il ricorso, equilibrato e incisivo, allo humour, scelta che smentisce una volta per tutte chi pensa che i cinque si prendano troppo sul serio.
Aurelio Pasini ***
Oltre seicento pagine, almeno - il conteggio è approssimativo - quattro o cinque sottotrame e ambientazioni che vanno da Bologna a Hollywood, in una mescolanza di storia e fiction, ma anche di generi e stili, che riesce nella difficile impresa di non apparire particolarmente pretenziosa, risultando anzi avvincente e persino emozionante. Insomma, i ragazzi terribili del collettivo Wu Ming colpiscono ancora, e si riconfermano come una delle realtà più affascinanti dell'odierno panorama letterario tricolore. Un racconto corale, in cui a un giovane barista emiliano può, più o meno verosimilmente, capitare di salvare la vita a Cary Grant sulle coste della Jugoslavia, mentre tutto intorno il mondo sta vivendo una fase importantissima, portatrice di profondi cambiamenti sia politici (una Guerra Fredda di cui ancora oggi appaiono evidenti i segni) che sociali e di costume (l'avvento della televisione). Tutti elementi che affiorano costantemente nell'opera, tanto che non è sbagliato individuare in essi i veri protagonisti di un romanzo destinato, crediamo, a far parlare parecchio di sé
Maura Murizzi ***
Immagino che tra cinquant'anni i miei nipotini, riforme Moratti permettendo, leggeranno di Wu Ming sui manuali di storia della letteratura. E seppure quasi certamente sarà scritto che Q rimane il loro capolavoro insuperato, a 54 sarà riservato uno spazio di tutto rispetto, con antologie di brani tratti dal bar Aurora di Bologna, dal Casinò di Cannes o dal confine italo-francese. E anche allora, i miei nipotini si divertiranno a scoprire le chiacchiere e le leggende del bar, il rito della schedina giocata in società, la battuta blasfema su padre Pio. E trepideranno per i destini di Kociss e di Robespierre, di Ettore e Cary Grant, per lo schiaffo a Lucky Luciano e per il televisore che non fuzniona, per la tresca tra Angela e Pierre, per la serata al tavolo da gioco in Costa Azzurra... Avranno nostalgia per quel mondo superato dai telefonini e dalle chat, dalle televendite e dai corrieri superveloci, e si chiederanno che razza di ballo fosse la filuzzi se era tanto difficile da poter essere praticata solo tra uomini. Lo crederanno un romanzo storico, tanta è la cura certosina della documentazione, ma finiranno per ricordarlo come una divertente e chiassosa epopea che avvicina Fidel Castro a Pierre Capponi, Hitchcock a Salvatore Pagano, Frances Farmer a Cary Grant, Lucky Luciano a Ettore Bergamini.
Carlo Viola ****
Non so dove andrà ancora a parare questo collettivo di "destrutturazione" letteraria, affabulatoria, a tratti pure politica. Di certo è riuscito a dare a noi lettori qualcosa di davvero godibile da leggere in un panorama che tante volte si rivela rigidamente accademico o comunque lontano dalle pulsazioni della realtà o dalle inquietudini che si respirano "in giro". Nonostante le apparenze, 54 è tremendamente attuale, trasmette passione e una visione "antagonista" che riesce a diventare una esperienza di buon profilo, soprattutto dal punto di vista artistico. Senza mancare di humour i cinque bolognesi rispolverano situazioni narrative senza tempo e incrociano i tasselli di una vicenda non solo documentata, ma anche fantasiosamente risolta e che fa venire voglia di frequentare più di una volta, Piacere e coscienza. Che volere di più?