Dario, scusami ma sei rimasto indietro a 70 anni fa...
La gravità quantistica è il campo della fisica teorica che
tenta di unificare la teoria quantistica dei campi denominata Modello standard, che descrive tre delle forze fondamentali della natura (elettromagnetica, debole e forte), con la teoria della relatività generale, che descrive la gravità.
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La meccanica classica si dimostrò presto incapace di descrivere il comportamento della materia e della
radiazione elettromagnetica a livello microscopico, a scale di lunghezza inferiori o dell'ordine di quelle dell'
atomo o ad energie nella scala delle interazioni interatomiche. L'incoerenza e l'impossibilità delle
leggi classiche di rappresentare la realtà
sperimentale, in particolare della
luce e dell'
elettrone, furono dunque le motivazioni principali che portarono allo sviluppo della meccanica quantistica nella prima metà del
XX secolo. Essa nacque unendo ed elaborando un insieme di teorie fisiche formulate a cavallo del
XIX e del
XX secolo, di carattere spesso
empirico. Il nome "
teoria dei quanti", introdotto da
Max Planck agli inizi del
Novecento,
[1] si basa sul fatto che alcune quantità o
grandezze di certi
sistemi fisici a livello microscopico, come l'energia o il
momento angolare, possono variare soltanto di valori discreti, detti "
quanti", e non continui.
Il limite classico della meccanica quantistica
Le leggi di Newton della meccanica classica e le leggi di Maxwell per i campi elettromagnetici sono in grado di descrivere correttamente la fisica dei fenomeni che occorrono per oggetti macroscopici e velocità non troppo elevate. Solamente quando si considerano i fenomeni che avvengono alle scale atomiche si scopre una incompatibilità irresolubile, per questo motivo è interessante chiedersi se esista un opportuno limite in cui le leggi quantistiche si riducono a quelle classiche.
La relatività ristretta mostra discrepanze rispetto alla fisica classica quando le velocità dei corpi macroscopici si avvicinano a quelle della luce. Per basse velocità tuttavia, le equazioni si riducono alle leggi del moto di Newton. Ragionando diversamente, è possibile affrontare una espansione in serie delle equazioni di Einstein rispetto alla velocità della luce
, considerata come parametro variabile. Quando la velocità della luce è infinita le equazioni di Einstein sono formalmente ed esattamente uguali a quelle classiche.
Nella meccanica quantistica il ruolo di
è preso dalla
costante di Planck . Considerando quest'ultima come variabile, nel limite in cui tende a zero
, fra tutte i possibili cammini che contribuiscono al propagatore di Feynman solamente le soluzioni classiche del moto sopravvivono, mentre le altre traiettorie si elidono vicendevolmente diventando sempre meno rilevanti. Dal punto di vista matematico questo approccio si basa su di uno sviluppo asintotico rispetto alla variabile
, metodo che tuttavia non permette di identificare formalmente le soluzioni quantistiche con quelle delle equazioni differenziali classiche.
Dal punto di vista sostanziale restano tuttavia profonde differenze fra la meccanica classica e quella quantistica, anche considerando la realtà quotidiana. Lo stato di un oggetto macroscopico secondo l'interpretazione di Copenaghen resta comunque non determinato finché non viene osservato, indipendentemente dalle sue dimensioni. Questo fatto pone al centro l'osservatore e domande che quasi rientrano in un dibattito filosofico. Per queste ragioni, nel tentativo di risolvere alcuni punti ritenuti paradossali, sono nate altre interpretazioni della meccanica quantistica, nessuna delle quali tuttavia, permette una completa riunione fra mondo classico e quantistico.
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