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Discussione: Festival di Cannes 2006
  1. #1
     Generale CSM
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    Festival di Cannes 2006

    Non vogliamo parlarne un po' visto che è uno degli eventi "clou" del cinema in Europa???

    Comincio io... dalla Bellucci
    Ma quanto m'attizza sta dea!


    We are the sons and daughters of all the freedom fighters.
    And there are still many rivers to cross.
    Hands in the air, screaming loud and clear for freedom, justice and equality.
    There is no black or white, there is only right and wrong.
    We are unknown heros, we are flesh and we are blood.
    We are the great future.
    We need to get back to the joy of living.
    We are five fingers of an empty hand.
    But together, we can also be the fist.
    Sometimes change can be as simple as two hands reaching for one another.
    Clap your hands.


    highlander non è in linea
  2. #2
    Mansueto
     Guest

    Re: Festival di Cannes 2006

    Quote highlander ha scritto:
    Non vogliamo parlarne un po' visto che è uno degli eventi "clou" del cinema in Europa???

    Comincio io... dalla Bellucci
    Ma quanto m'attizza sta dea!

    Ottima analisi delle implicazioni socio-culturali e delle psicodinamiche affettive insite nel mondo dello spettacolo, che fanno del Festival di Cannes l'epigono moderno dei nostri tempi.
  3. #3
     T. Colonnello
     
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    Re: Festival di Cannes 2006

    Quote Mefisto ha scritto:
    Ottima analisi delle implicazioni socio-culturali e delle psicodinamiche affettive insite nel mondo dello spettacolo, che fanno del Festival di Cannes l'epigono moderno dei nostri tempi.
    quando hai finito di fare l'intelletualoide ... torni a giocare a risiko?
    Sparuto minoritario e minimod
    non sono più quello di una volta... soltanto la retorica è rimasta la stessa
    jord65 non è in linea
  4. #4
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    Re: Festival di Cannes 2006

    Quote Mefisto ha scritto:
    Ottima analisi delle implicazioni socio-culturali e delle psicodinamiche affettive insite nel mondo dello spettacolo, che fanno del Festival di Cannes l'epigono moderno dei nostri tempi.
    highlander non è in linea
  5. #5
     Magg. C.te
     
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    Re: Festival di Cannes 2006

    Quote Mefisto ha scritto:
    Ottima analisi delle implicazioni socio-culturali e delle psicodinamiche affettive insite nel mondo dello spettacolo, che fanno del Festival di Cannes l'epigono moderno dei nostri tempi.


    ma parli come verdone in "VIAGGI DI NOZZE?"


    ........SCILLA!?SCILLA!?
    svalvolino non è in linea
  6. #6
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    Re: Festival di Cannes 2006

    GIOVEDI' 18 maggio

    La cerimonia di apertura di ieri ha lasciato qualche immagine più impressa delle altre: Dan Brown che avanza sul tappeto rosso sommerso dagli applausi; il vestito immacolato di Audrey Tautou, insieme sexy e virginale; quello altrettanto abbagliante ma più sbruffone di Vincent Cassel, che presentando i membri della giuria ha tradito un attimo di emozione nel chiamare sul palco la moglie Monica Bellucci. E naturalmente la vitalità di Sidney Poitier, ospite d’onore, ancora agile ed elegante nonostante i suoi 79 anni. Tutto oliato alla perfezione, ma non senza difetti. In verità l’attore francese ha commesso una piccola gaffe quando ha tradotto alcune frasi del presidente della giuria Wong Kar Wai, che aveva cominciato il suo discorso in cinese in segno di omaggio al proprio Paese. Il regista di «In the mood for love» non ha gradito, lo ha interrotto e ha concluso lui stesso il discorso in un discreto inglese. Si vede che noi italiani non siamo i soli a fare pasticci durante le cerimonie a tema cinematografico (si vedano i David di Donatello come esempio).
    Poco importa, perché il tempo dei rituali è passato e da oggi la competizione entra nel vivo con la proiezione dei primi due film in concorso. Uno è per l’appunto cinese: «Summer Palace», di Lou Ye, racconta la storia di Yu Hong, eroina testarda e spregiudicata, che all’università di Pechino intesse una passione indomabile col compagno Zhou Wei. I due partecipano alla protesta di Tien An Men, poi le loro strade si dividono, ma continueranno a cercarsi per tutta la vita. Spregiudicato e realista nello stile, ma romantico nei contenuti, «Summer Palace» esprime un gusto romanzesco per il puro racconto. La sequenza più sorprendente è quella che mostra la rivolta di Tien An Men con gli occhi degli studenti che la cominciarono e vissero come una grande festa, senza presagire (almeno secondo Ye) la tragedia in cui si sarebbe trasformata. Ci sono altre sequenze girate magistralmente e coinvolgenti, comprese quelle erotiche, lunghe e appassionate, insolitamente esplicite per un film cinese: ma nell’insieme la storia fatica a coinvolgere. Colpa anche dell’uso insistente della voce «off» che racconta la vicenda dall’esterno. E va a finire che il film, che pure dura 12 minuti in meno de «Il codice Da Vinci», sembra lungo il doppio.
    L’altro titolo oggi in concorso è «The Wind that Shakes the Barley» dove l’impavido Ken Loach, da inglese, affronta la spinosa storia dell’Irlanda devastata dalla guerra negli anni Venti: prima contro gli occupanti britannici, e poi casa per casa, famiglia per famiglia, quando il Paese cominciò a spaccarsi tra lealisti e indipendisti.
    Oggi si apre anche la sezione «Un Certain Regard», con il film «Paris, je t’aime». Una dichiarazione d’amore per la capitale francese, come recita il titolo, ma anche un esperimento: 20 registi di diversa nazionalità hanno girato altrettanti corti, ognuno in un differente quartiere di Parigi, tutti sul tema dell’amore. Dietro la cinepresa si alternano Gus van Sant e Walter Salles, Wes Craven e Gérard Depardieu, Alfonso Cuaron e i fratelli Coen; davanti ci sono Natalie Portman e Juliette Binoche, Willem Dafoe e Maggie Gyllenhaal, e il nostro Sergio Castelitto. Tutti sullo schermo, ma nessuno per più di cinque minuti: insomma nessun piatto forte, ma un grande vassoio di assaggini.


    MERCOLEDì 17 maggio

    Sull'affollatissima Croisette già non c'è più posto per uno spillo. Oggi parte il Festival di Cannes, e parte in grande: dopo la cerimonia di apertura, in programma per le 19.30, ci sarà l'anteprima mondiale del film evento della stagione, «Il codice Da Vinci», che Ron Howard ha tratto dal best seller di Dan Brown. Gli interpreti Tom Hanks, Audrey Tautou e Jean Reno sono già sbarcati sulla Costa Azzurra per la gioia di migliaia di fan, pronti a far le ore piccole pur di vedere i loro idoli. Con buona pace delle autorità cattoliche che denunciano le distorsioni del film. «È un bel thriller, ma non pretendo che quello che dice sia vero» ha già detto Hanks per calmare gli animi. Del resto, chi non apprezza la fanta-teologia del film americano avrà comunque titoli per i suoi gusti.
    Come sempre, infatti, il patron del festival Gilles Jacob ha saputo creare un equilibrio millimetrico, accostando veri e propri blockbuster, autori di lungo corso e nuove promesse, spesso sconosciute, che rappresentano le scuole più innovative e geograficamente lontane. Così, a fianco di mostri sacri come Pedro Almodovar o Oliver Stone, il festival ospita il cinese Lou Ye, il tagiko Djamshed Usmonov, l'indonesiano Garin Nugroho.
    Tra le star più attese, oltre a quelle già citate, ci sono Bruce Willis, Nick Nolte, Cate Blanchett, Penelope Cruz, Juliette Binoche, Kirsten Dunst. Tra gli autori che contenderanno la Palma d'Oro ad Almodovar, forse il favorito della vigilia, ci sono l'inossidabile Ken Loach, il surreale Aki Kaurismaki, l'eterna promessa Richard Linklater, la promessa ormai consacrata Sofia Coppola.
    E poi arrivano i nostri: quest'anno il festival è stato particolarmente ospitale con gli autori italiani. Che sia un segno di rinvigorimento del nostro cinema? Fatto sta che in concorso ci sono Nanni Moretti (con «Il caimano») e Paolo Sorrentino (con «L'amico di famiglia»). Marco Bellocchio porta «Il regista di matrimoni» nella sezione «Un certain regard», la più aristocratica del festival, ormai importante quasi come la gara maggiore. Kim Rossi Stuart presenta «Anche libero va bene» nella sezione Quinzaine des Realizateurs. Fuori competizione c'è pure il documentario «Volevo solo vivere» di Mim«mo Calopresti. E non mancheranno gli omaggi a Marcello Mastroianni, Luchino Visconti e Roberto Rossellini. Il compito più difficile di tutti, però, spetta a Monica Bellucci: come membro della giuria presieduta da Wong Kar Wai, dovrà decidere anche lei a chi assegnare la Palma d'Oro. Le auguriamo fin d'ora buon lavoro.

    Ma torniamo al «Codice Da Vinci». In attesa della proiezione ufficiale di stasera, che come detto aprirà ufficialmente il festival, si sono già scatenate lodi e stroncature da parte dei giornalisti che hanno avuto accesso alla proiezione per la stampa. A noi il film è sembrato un gustoso ed efficace meccanismo thriller, che conferma le qualità di Ron Howard: un ottimo artigiano di Hollywood, dal quale non si possono però pretendere slanci visionari o invenzioni vertiginose. Certo si nota la difficoltà di condensare in «solo» due ore e mezza l'intricatissima trama del romanzo originale, per non parlare delle corpose speculazioni di storia dell'arte o teologia. Ma l'ingranaggio comincia ben presto a macinare l'attenzione dello spettatore e i 152 minuti trascorrono in un soffio: prova irrefutabile che il meccanismo funziona. Merito anche dell'ottima prova degli attori, da un Tom Hanks più massiccio e fascinoso del solito all'algido Paul Bettany, davvero inquietante nei panni del monaco assassino Silas.
    La reazione generale della critica è stata però abbastanza fredda. E durante l'incontro con i giornalisti Ron Howard e tutti gli interpreti si sono ritrovati sulla difensiva, impegnati più a rispondere sull'eventuale valore «blasfemo» del film che sulle sue qualità artistiche. Di fronte alla domanda se credano davvero che Cristo sia stato sposato o abbia avuto figli, tutti hanno nicchiato, rifugiandosi in un prudente ed elusivo: «Ogni spettatore ha diritto di farsi un'idea con la sua testa». La linea difensiva è comunque chiara e condensata nelle parole di Ron Howard: «Questo film è un'opera di pura fiction, quindi invenzione. Ciò non toglie che può spingerci a riflettere e a porre delle domande filosofiche. E questo secondo noi è un merito, non un problema».
    Particolarmente in forma è sembrato Tom Hanks, rilassato e spiritoso: «È stato così bello lavorare al Louvre, specialmente di notte, quando è più suggestivo. Avrei voluto dormire sotto la piramide di cristallo, ma non me l'hanno permesso. E mi piacerebbe fare un seguito di questo film: il personaggio di Langdon, con tutta la sua sapienza che non gli impedisce anche di agire, mi ha davvero affascinato. Delle polemiche non ha paura: «Mi piace provocare, non per il gusto della rissa, ma per far riflettere. Un film che ti pone interrogativi, magari inquietanti, ha qualcosa in più di uno che diverte e basta. Perché il suo effetto non dura solo due ore, ma molto di più». E alla fatidica domanda se crede possibile che Cristo si sia sposato, risponde sardonico: «Che posso dire? Io non c'ero!».
    svalvolino non è in linea
  7. #7
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    9.1

    Re: Festival di Cannes 2006

    Attesa per la proiezione di "Il caimano", in concorso al Festival
    Attenzione al film e al regista da parte della stampa internazionale
    Cannes, il giorno di Nanni Moretti
    i francesi aspettano la loro star


    CANNES - Oggi si fa sul serio. Dopo i buoni riscontri dei primi film italiani passati a Cannes ma in sezioni collaterali (otto minuti di applausi per Il regista di matrimoni di Marco Bellocchio, standing ovation per Anche libero va bene di Kim Rossi Stuart), arriva il primo film in concorso, che è anche il più atteso, Il caimano di Nanni Moretti, al quale la stampa internazionale dedica particolare attenzione.

    A dire il vero, è dall'inizio del Festival che - nonostante la macchina promozionale e l'attenzione per Il Codice da Vinci - Moretti ha conquistato un suo spazio sulle principali riviste specializzate, da Studio ai Cahiers du Cinema. E interviste al regista sono uscite ieri su diversi giornali, dall'edizione domenicale di Figaro al quotidiano realizzato per il Festival da Hollywood Repoter.

    A Moretti, che torna a Cannes cinque anni dopo la Palma d'Oro per La stanza del figlio (erano passati pochi giorni dalla vittoria del centrodestra alle elezioni del 2001), tutti pongono più o meno le stesse domande, in particolare una: è vero che Il caimano, uscito pochi giorni prima del voto, ha inciso sulla vittoria del centrosinistra? C'è addirittura chi ha tentato di quantificare l'ipotetico spostamento di voti operato dal film: lo 0,02% secondo Hollywood Report.

    A tutti, il regista risponde come ha già fatto con la stampa italiana, ossia che non crede che un film possa influenzare gli elettori, e comunque ricorda di aver annunciato l'uscita del film per il marzo 2006, molto prima che fosse fissata la data delle elezioni.

    Nonostante una prima, tiepida recensione di Deborah Young di Variety (che ha parlato di un film in cui i vari piani del racconto non riescono a fondersi perfettamente), c'è comunque molta attesa per il regista italiano che, come è noto, in Francia è una star. Indiscutibilmente il livello del concorso, finora non eccelso, alimenta le speranze non solo di Moretti ma anche di Paolo Sorrentino: il suo L'amico di famiglia passerà in concorso giovedì.

    (22 maggio 2006)
    highlander non è in linea

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