"La nascita del cinema vero e proprio avviene alla fine del 1895 quando i fratelli Lumière proiettano in pubblico le loro prime pellicole. I film vengono visti contemporaneamente da più persone sedute in sale. Questa è la data fondamentale per la storia del cinema. Altre due date sono importanti: il 1927, nascita ufficiale del cinema sonoro (anche se proprio il rapporto immagine-suono precede addirittura la nascita del cinema e se, per qual che riguarda il cinema commerciale, la casa di produzione Warner nel 1926 aveva prodotto un film sonoro, "Don Juan" e qualche tentativo era stato realizzato) con il film "The Jazz singer" (Il cantante di jazz), con Al Jolshon, produzione Warner. E' intorno al 1950, come anno dello sviluppo in grande stile della televisione, che tanto cambierà i costumi del pubblico.
Però, prima di giungere al fatidico 1895 e alle invenzioni brevettate dai Lumière, bisogna ricordare che tutta una serie di scoperte scientifiche (di fisici, matematici, chimici) aveva permesso all'immagine "statica" di mostrarsi in movimento mediante l'illusione ottica. Parimenti l'invenzione della fotografia creava nuovi stimoli alle ricerche e rendeva possibile la fine del cosiddetto "ritratto verosimile" spostando l'attenzione degli artisti sui problemi più profondamente legati a una ricerca del movimento compositivo e della materia cromatica (vedi per esempio la grande mostra degli Impressionisti nel 1874). Fin dall'antichità più remota l'uomo è stato attratto dalle immagini in movimento. I giochi di luci e ombre, lo stesso sistema della mobilità continua, prezioso per i filosofi presocratici, come per Eraclito che con il suo "panta rei" (tutto scorre) dà l'immagine dell'acqua che non è mai la stessa in uno stesso punto del fiume e l'immagine del fuoco (sempre in divenire). Quell'immagine su cui si sofferma in "Effetto notte" Trouffaut-Ferrand nel dialogo con Valentina Cortese-Sevérine davanti al muoversi delle fiamme come per un antico spettacolo di figure in movimento.
Il problema della proiezione di immagini è presente con l'idea della camera oscura che riproduce un modello dell'occhio(una scatola con un solo piccolo foro in una parete; sulla parete opposta viene creata la riproduzione esatta, ma inversa, di quel che si vede esternamente). Così le immagini che si formano - oggi - all'interno di una casa poco illuminata per la riflessione della luce (come proiezione) degli elementi che passano nella strada sottostante: per esempio le auto che scorrono le possiamo vedere come immagini luminose in movimento nella nostra stanza buia o semibuia attraverso le fessure delle tapparelle. Così Platone proprio all'inizio del settimo libro di "La Repubblica" inventa una specie di camera oscura e un precedente dell'immagine cinematografica proiettata su un ipotetico schermo, con il mito della caverna.
Comunque la creazione della camera oscura risale agli antichi. Gli Egizi del IV secolo avanti Cristo la conoscevano, così come i Romani. E avviene così il passaggio della camera scura a lanterna magica, ad apparecchio fotografico e a macchina da presa, attraverso le messe a fuoco rinascimentali di Leonardo precursore.
Le continue scoperte degli inventori dell'Ottocento riportarono il problema primario del movimento e di riprendere il movimento attraverso dei meccanismi scientifici.
Così Plateau, studioso di lettere, diritto e fisica, si interessa particolarmente ai problemi posti dalla persistenza delle impressioni luminose sulla retina dell'occhio umano. Che tipo di durata della persistenza di queste sensazioni? Plateau studia più tardi (si è all'incirca nel 1833) i rapporti che sorgono mediante l'uso della ruota di Raraday (fisico inglese) e immagina di disegnare le fasi differenti di un movimento completo intorno alla ruota di Faraday. Inventa così il suo "fenachiostoscopio". E così, mutando il disegno, che ruotando dà l'illusione del movimento, si giunge alla creazione di piccoli dischi rotanti che prendono il nome per esempio di "fantascopio" a Londra.
Simone Stampfer, professore di geometria applicata all'Istituto Politecnico di Vienna, contemporaneamente a Planteau, provò a disegnare le posizioni successive di un animale o di un essere umano attorno a un cerchio di cartone con feritoie ai bordi e di osservare dai riflessi in vetro la ricostituzione del movimento attraverso le feritoie del disco. Così l'inglese Horner chiamò il suo apparecchio "daedalum". Questa specie di apparecchio ebbe altri inventori e fu conosciuto col nome di "zootropio". L'unico difetto di questo apparecchio era la breve durata del movimento.
Come descrive il Deslanders, studioso e storico del cinema, bisogna attendere quasi mezzo secolo, prima che Emile Reynauld perfezionasse il gioco scientifico, uscito dalle mani di fisici, per creare un vero teatro ottico in miniatura con il suo "prassinoscopio".Con le scoperte di Muybridge e di Marey l'immagine fotografica subentra al disegno e ci si avvicina ancora più alla ripresa di una "realtà in movimento" che solo sul finire del secolo avrebbe portato, con la scoperta del proiettore da parte dei fratelli Lumière, alla invenzione del cinema.
Si sposta l'attenzione su come proporre lo spettacolo cinematografico. E in questa direzione forse il primo creatore di un linguaggio prettamente autonomo che non ricalcasse soltanto fatti visivi colti nel quotidiano, ma aggiungesse tutta una serie di invenzioni create per lo spettacolo, fu Méliès. Ma già il cinema nel mondo percorreva nuove strade e già agli inizi del Novecento molte realizzazioni erano state fatte. I francesi, con i due nomi più celebrati, Lumière e Méliès, la scuola di Brighton in Gran Bretagna, Segundo de Chomon, le invenzioni di Edison e poi di molti altri autori negli Stati Uniti e la nascita del cinema italiano, davano impulsi nuovi a un modo di intendere il linguaggio di questo spettacolo chiamato cinema."

"Già nel corso del primo decennio del nostro secolo, la rapida evoluzione del linguaggio del cinema non passa più per il laboratorio di Montreuil, ma ha preso altre strade. E' l'americano E.S. Porter che, partito come imitatore, o meglio contraffattore, dei film di Méliès, comincia a dare una più complessa articolazione spaziale e narrativa al repertorio dei trucchi ("Dreams of the Rarebit Fiend", 1906) e che insegna a organizzare in strutture narrative le scenette di attualità e vita americana (La vita di un pompiere americano, 1903, e Assalto al treno, 1903). Ma sarà soprattutto con la frenetica attività di D.W. Griffith alla Biogtraph tra il 1908 e il 1912 che prenderanno forma quei procedimenti tecnici e di organizzazione logico-narrativa delle inquadrature che ci permettono di parlare di "nascita del linguaggio cinematografico" (Brunetta, 1974)"

Fu il film La nascita di una nazione di Griffith che segnò finalmente questo passaggio infatti:

"Con questo film Griffith riuscì a dimostrare le possibilità che il cinema offriva: 1. di articolare un complesso spettacolo della durata di circa tre ore al pari di una rappresentazione di un teatro d'opera; 2. di sviluppare una narrazione compiuta e di notevole complessità tematica al pari di un voluminoso romanzo; 3. di articolare la narrazione alternando le più grandiose e spettacolari scene d'insieme alla registrazione dei minimi dettagli attraverso i primi piani e i "mascherini a iride" con una efficacia e un'intermittenza assolutamente nuove"

Considerazioni sulla scenografia:
"l'architettura e la scenografia cinematografica hanno differenti sistemi costruttivi e una diversa destinazione dell'opera, anche se il modo di progettare è lo stesso in ambedue i casi. La costruzione scenografica è per sua natura transitoria e quindi le sue strutture portanti sono differenti da quelle dell'architettura. In genere esse vengono realizzate in modo provvisorio, con ponteggi in ferro opportunamente occultati nelle strutture architettoniche e facendo uso di materiali di rapida applicazione in modo che tutto quanto è necessario per la costruzione della scena possa essere messo in opera in tempi molto più ristretti di quanto accada nella costruzione architettonica.
L'architettura costruisce per restare nel tempo e per le necessità dell'uomo in modo che egli possa muoversi fisicamente in essa, girarle intorno, entrare, uscire, salire, scendere, apprezzare i volumi, insomma viverla.
La scenografia cinematografica, invece, costruisce opere che debbono durare solo per il tempo necessario a essere utilizzate da un mezzo meccanico quale è la macchina da presa, che manovrata in certo modo, le possa registrare per restituire all'occhio umano soltanto la loro immagine, per poi essere demolite." (...)
"Si può notare che, a parità di soggetto, la pianta scenografica è molto più movimentata di quella architettonica, a volte senza una reale giustificazione stilistica, ma semplicemente per creare alla macchina da presa maggiori punti di vista, inquadrature, accidentalità architettoniche a vantaggio dell'atmosfera del film e della dinamica delle azioni sceniche. La pianta scenografica, inoltre, è differente da quella architettonica anche pel re dimensioni. I volumi e le superfici piane dell'architettura sono destinati all'uomo che le può utilizzare fisicamente anche se sono angusti o di dimensioni piccolissime, ma i volumi e le superfici della scenografia sono realizzato oltre che, come abbiamo detto, per la macchina da presa che è molto più ingombrante dell'uomo, anche per le azioni che si debbono svolgere in essa e per lo spazio occupato da quanti sono addetti alla riprese. Per questo, a parità di soggetto, le superfici delle scene sono generalmente differenti da quelle dell'architettura." (...)
Quando si progetta una scena bisogna considerare, oltre alle necessità di ordine stilistico e ambientale, anche quelle tecniche e pratiche che consentono alla macchina da presa di compere agevolmente tutte le operazioni che le sono necessarie per la ripresa. (...)
La scenografia cinematografica è assolutamente diversa da quella teatrale. (...) La scenografia teatrale presuppone un punto di vista ideale e nasce in funzione di esso, quindi tutte le invenzioni e le trovate grafiche ne sono subordinate.
La scena teatrale nasce per essere luogo dei personaggi e in definitiva non necessita di grandi accorgimenti. Tutto quanto si farà per essa farà parte delle "meraviglie" della scenografia, ma non sarà tutto strettamente necessario all'economia dello spettacolo. Un testo può essere interpretato scenograficamente in tanti modi diversi, ma resterà sempre lo stesso.
La pianta della scena teatrale non influenzerà lo spettatore che non potrà mai entrare in essa e la potrà sentire solo attraverso i movimenti e le posizioni degli attori. La pianta della scena cinematografica, grande o piccola che sia, deve essere non solo, come detto, stilisticamente aderente alla storia, ma deve anche poter essere penetrata dalla macchina da presa, dalle fonti di luce e dagli obiettivi che saranno usati per riprenderla. Addirittura potrà essere letta interamente con la macchina da presa posta fuori di essa. Per lo spettatore questo significa la possibilità di poterla apprezzare totalmente. E' necessario però progettare tenendo sempre d'occhio le giuste proporzioni, sapendo che la macchina da presa accelera tutte le prospettive. Un corridoio di un appartamento risulta lungo come quello di un ministero, una stanza troppo grande diventa una "piazza d'armi". L'effetto allora è falso e sgradevole anche se la scena è stata eseguita con cura."