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Discussione: LE NOVITÀ
  1. #1
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    LE NOVITÀ

    ciao a tutti

    ho deciso di aprire questa nuova discussione per proporvi le novità dicografiche meritevoli.

    inizio subito con un nuovo gruppo australiano con il loro esordio:

    HOWLING BELLS


    dicono che assomiglino molto al sound di P.J. Harvey. Io per ora ho ascoltato due canzoni: Broken Bones e Velvet Girl.

    se avete occasione di sentirli scrivete qua le vostre opinioni.

    saluti

    roberto77mds
    Roberto "mds" Coia Socio fondatore ToRisiKo!
    roberto77mds non è in linea
  2. #2
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    Re: LE NOVITÀ

    Quote roberto77mds ha scritto:
    ciao a tutti

    ho deciso di aprire questa nuova discussione per proporvi le novità dicografiche meritevoli.

    inizio subito con un nuovo gruppo australiano con il loro esordio:

    HOWLING BELLS


    dicono che assomiglino molto al sound di P.J. Harvey. Io per ora ho ascoltato due canzoni: Broken Bones e Velvet Girl.

    se avete occasione di sentirli scrivete qua le vostre opinioni.

    saluti

    roberto77mds
    La cantante ha una bella voce, piacevole.
    Chitarre semiacustiche, brani melodiosi, rendono bene le ballate.

    Stanno troppo a metà per piacermi, non suonano come si deve, sperimentano appena con accenni di atmosfere rarefatte, poi rientrano subito in melodia.

    Piace comunque la sonorità al primo ascolto e per questo non lo ascolterei più di 2 volte.

    Non carica, non inquieta. Lei con altri musicisti potrebbe far bene. Ricorda bjork.
    I brabi citati da rob sono i più significativi.
    CLUB GRIFONE DI VENEZIA
    Le magliette del Grifone ... vinci (forse) e perdi con eleganza.
    thejack non è in linea
  3. #3
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    Re: LE NOVITÀ

    altra proposta musicale:

    VETIVER

    TO FIND ME GONE

    disco acustico, principalmente folk/country. Godibilissimo.

    alcuni titoli di canzoni:

    - Been so Long
    - I Know no Pardon
    - Down at El Rio

    saluti

    roberto77mds
    roberto77mds non è in linea
  4. #4
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    Bono, Sting, Lou Reed, Nick Cave & Co. cantano vecchi brani marinari!

    Penso che questo sia un disco decisamente da comprare!

    E Johnny Depp mi diventa ogni giorno più simpatico!
    Oltre ad essere uno straordinario attore, uno dei pochi eredi di Marlon Brando, e un uomo affascinante, sta dimostrando di avere una personalità completa a 360 gradi.


    Salvo

    -------------------

    Da: http://www.repubblica.it/2006/07/sez...ni-pirati.html


    Qui http://multimedia.repubblica.it/home/349468 è possibile ascoltare anche delle brei clip di Bono, Sting e Nick Cave.

    Musica, le popstar diventano pirati
    Sting & Co. cantano i lupi di mare


    il 21 agosto il cd voluto da Johnny Depp con vecchi brani marinari interpretati da grandi del rock: nel cast anche Keith Richards, Bono Lou Reed e Bryan Ferry

    http://forum.egcommunity.it/attachme...chmentid=32518

    Johnny Depp

    di GINO CASTALDO
    ROMA - Bottiglie di rum a profusione, invettive per capitani troppo severi, elegie dolenti di nostalgia, urla di balenieri, fughe piratesche, sirene voluttuose e donne idealizzate. C´è un universo musicale che ruota intorno ai racconti di mare, con cori avvinazzati, poesie oscene, melodie struggenti, e ora sarà possibile ascoltarli attraverso la voce delle grandi star del rock. Per realizzare il disco il produttore Hal Willner (già noto per altri avventurosi progetti musicali) ha dovuto tenere pronti sei studi di registrazione: due a Los Angeles, gli altri a Seattle, Dublino, Londra e New York. Quasi un giro del mondo a bordo di un´immaginaria nave, carica di rockstar in vena di ebbre rievocazioni marinare. «Un giorno abbiamo realizzato otto canzoni con otto differenti artisti nello stesso giorno, e due di loro non sapevano che quel giorno avrebbero registrato. Mi è piaciuto lavorare così perché normalmente con gli artisti non succede».
    Il risultato di questa insolita avventura? 43 canzoni (e altre 17 rimaste nel cassetto) ispirate ai pirati e alle gesta di mare in un doppio album intitolato Rogue´s gallery: sea songs, chanteys & pirate ballads, (in uscita mondiale il 21 agosto) cantate da un'impressionante lista di interpreti: Bono, Sting, Lou Reed, Brian Ferry, Nick Cave, per citare i più noti, affiancati da grandi nomi da culto: Antony, Rufus Wainwright, suo padre Loudon Wainwright III, Jarvis Cocker (ex cantante dei Pulp), Ed Harcourt, Gavin Friday, Bill Frisell, Mary margaret O´Hara, e da altri legati alla tradizione folk come Richard Thompson, Baby Gramps e molti altri ancora.

    L´ispirazione viene direttamente da Johnny Depp e Gore Verbinski, rispettivamente protagonista e regista di La maledizione del forziere fantasma, secondo capitolo della saga del pirata Jack Sparrow, previsto in uscita in Italia il prossimo 13 settembre. Girando il film, che tra l´altro include come attore uno dei proverbiali pirati della storia del rock, ovvero Keith Richards, ai due è venuto in mente l´immenso repertorio dei canti di mare, poco noto, in gran parte dimenticato, pur essendo una delle componenti non secondarie del canto popolare. Cosa farne? E soprattutto, colonna sonora a parte, perché non scatenare un circolo virtuoso per riportare a galla la dolente e ruvida bellezza di queste musiche? Depp e Verbinski, che tra l´altro figurano come produttori esecutivi del disco, hanno pensato che l´unico uomo al mondo in grado di portare a termine un progetto così complesso, e col necessario rigore, non poteva che essere Hal Willner, autore di alcuni memorabili tributi alla musica di Disney, Thelonious Monk, Charlie Mingus, Nino Rota e Kurt Weill.

    Le risposte non sono mancate. L'entusiastica adesione di Bono, Sting e agli altri, fa pensare che il tema è molto più vicino al rock di quanto non si pensi. A proposito di una Blood red roses splendidamente cantata da Sting proprio come se fosse un rude e vecchio marinaio, Willner dice: «Era del tutto naturale. Viene da Newcastle ed è cresciuto ascoltando queste cose». Forse più verosimilmente molti musicisti si sentono nell´intimo un po' pirati, un po' navigatori solitari, un po' capitani di lungo corso, sicuramente degli aspiranti fuorilegge, tanto da voler onorare con la loro disponibilità il titolo del disco, Rogue's Gallery, termine che nel mondo anglosassone indica gli schedari fotografici dei criminali. Perfino il dandy Brian Ferry si è calato nelle atmosfere rugginose delle vecchie navi cantando una sofferta The cruel ship´s captain. Il pezzo di Bono, neanche a dirlo, è uno dei numeri migliori dell´album. Canta una superba, straziante A dying sailor to his shipmates col solo accompagnamento di fisarmonica. Nick Cave sembra non abbia fatto altro nella vita che cantare canzoni da osteria. Lou Reed sembra il filosofo del mondo piratesco. Canta Leave her Johnny come fosse una canzone di Brecht e Weill.

    Il regista Verbinski usa metafore marine per descrivere l´esperienza. «L´oceano. È tutto intorno al grande blu che riempie due terzi del pianeta. Il rapporto dell´essere umano con questo abisso crea un´interessante prospettiva. Credo che i navigatori del tempo stessero danzando con la morte, e queste sono le loro canzoni. Risuonano con la gente in qualche livello interiore che non è immediatamente chiaro perché non è nella nostra memoria, è nel nostro sangue. È quello che ci fa sentire così soli». Secondo lui Hal Willner è partito per un lungo viaggio ed è tornato col disco realizzato. Di fatto ha lavorato a lungo girando in vecchi negozi di antichità sparsi per il mondo, navigando in Internet, recuperando una biblioteca di almeno 600 canzoni dalle quali ha estratto quelle che sono state realizzate nel disco. Sono canti di lavoro, ritmati dalle cadenze della vita di bordo, anarchici inni alla vita libera, canti di morte e sfide impossibili, e per assurdo il disco, pur essendo legato, almeno come ispirazione, a un film di chiara vocazione commerciale, è tutt'altro che facile. Ricorda casomai l´ultimo progetto di Springsteen, in vena di riscoperta folk, e in un paio di casi l´incrocio è addirittura evidente (c'è uno stesso pezzo, Shenandoah, e altre fuggevoli assonanze), ma senza la contagiosa e gioiosa furia del Boss. I temi di mare portano con sé dolore e ribellione. Ricordano un mistero che si risveglia ogni volta che guardiamo il mare.

    (26 luglio 2006)
    soultrane non è in linea
  5. #5
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    Re: Bono, Sting, Lou Reed, Nick Cave & Co. cantano vecchi brani marinari!

    Quote soultrane ha scritto:
    Penso che questo sia un disco decisamente da comprare!

    E Johnny Depp mi diventa ogni giorno più simpatico!
    Oltre ad essere uno straordinario attore, uno dei pochi eredi di Marlon Brando, e un uomo affascinante, sta dimostrando di avere una personalità completa a 360 gradi.


    Salvo

    -------------------

    Da: http://www.repubblica.it/2006/07/sez...ni-pirati.html


    Qui http://multimedia.repubblica.it/home/349468 è possibile ascoltare anche delle brei clip di Bono, Sting e Nick Cave.

    Musica, le popstar diventano pirati
    Sting & Co. cantano i lupi di mare


    il 21 agosto il cd voluto da Johnny Depp con vecchi brani marinari interpretati da grandi del rock: nel cast anche Keith Richards, Bono Lou Reed e Bryan Ferry

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    Johnny Depp

    di GINO CASTALDO
    ROMA - Bottiglie di rum a profusione, invettive per capitani troppo severi, elegie dolenti di nostalgia, urla di balenieri, fughe piratesche, sirene voluttuose e donne idealizzate. C´è un universo musicale che ruota intorno ai racconti di mare, con cori avvinazzati, poesie oscene, melodie struggenti, e ora sarà possibile ascoltarli attraverso la voce delle grandi star del rock. Per realizzare il disco il produttore Hal Willner (già noto per altri avventurosi progetti musicali) ha dovuto tenere pronti sei studi di registrazione: due a Los Angeles, gli altri a Seattle, Dublino, Londra e New York. Quasi un giro del mondo a bordo di un´immaginaria nave, carica di rockstar in vena di ebbre rievocazioni marinare. «Un giorno abbiamo realizzato otto canzoni con otto differenti artisti nello stesso giorno, e due di loro non sapevano che quel giorno avrebbero registrato. Mi è piaciuto lavorare così perché normalmente con gli artisti non succede».
    Il risultato di questa insolita avventura? 43 canzoni (e altre 17 rimaste nel cassetto) ispirate ai pirati e alle gesta di mare in un doppio album intitolato Rogue´s gallery: sea songs, chanteys & pirate ballads, (in uscita mondiale il 21 agosto) cantate da un'impressionante lista di interpreti: Bono, Sting, Lou Reed, Brian Ferry, Nick Cave, per citare i più noti, affiancati da grandi nomi da culto: Antony, Rufus Wainwright, suo padre Loudon Wainwright III, Jarvis Cocker (ex cantante dei Pulp), Ed Harcourt, Gavin Friday, Bill Frisell, Mary margaret O´Hara, e da altri legati alla tradizione folk come Richard Thompson, Baby Gramps e molti altri ancora.

    L´ispirazione viene direttamente da Johnny Depp e Gore Verbinski, rispettivamente protagonista e regista di La maledizione del forziere fantasma, secondo capitolo della saga del pirata Jack Sparrow, previsto in uscita in Italia il prossimo 13 settembre. Girando il film, che tra l´altro include come attore uno dei proverbiali pirati della storia del rock, ovvero Keith Richards, ai due è venuto in mente l´immenso repertorio dei canti di mare, poco noto, in gran parte dimenticato, pur essendo una delle componenti non secondarie del canto popolare. Cosa farne? E soprattutto, colonna sonora a parte, perché non scatenare un circolo virtuoso per riportare a galla la dolente e ruvida bellezza di queste musiche? Depp e Verbinski, che tra l´altro figurano come produttori esecutivi del disco, hanno pensato che l´unico uomo al mondo in grado di portare a termine un progetto così complesso, e col necessario rigore, non poteva che essere Hal Willner, autore di alcuni memorabili tributi alla musica di Disney, Thelonious Monk, Charlie Mingus, Nino Rota e Kurt Weill.

    Le risposte non sono mancate. L'entusiastica adesione di Bono, Sting e agli altri, fa pensare che il tema è molto più vicino al rock di quanto non si pensi. A proposito di una Blood red roses splendidamente cantata da Sting proprio come se fosse un rude e vecchio marinaio, Willner dice: «Era del tutto naturale. Viene da Newcastle ed è cresciuto ascoltando queste cose». Forse più verosimilmente molti musicisti si sentono nell´intimo un po' pirati, un po' navigatori solitari, un po' capitani di lungo corso, sicuramente degli aspiranti fuorilegge, tanto da voler onorare con la loro disponibilità il titolo del disco, Rogue's Gallery, termine che nel mondo anglosassone indica gli schedari fotografici dei criminali. Perfino il dandy Brian Ferry si è calato nelle atmosfere rugginose delle vecchie navi cantando una sofferta The cruel ship´s captain. Il pezzo di Bono, neanche a dirlo, è uno dei numeri migliori dell´album. Canta una superba, straziante A dying sailor to his shipmates col solo accompagnamento di fisarmonica. Nick Cave sembra non abbia fatto altro nella vita che cantare canzoni da osteria. Lou Reed sembra il filosofo del mondo piratesco. Canta Leave her Johnny come fosse una canzone di Brecht e Weill.

    Il regista Verbinski usa metafore marine per descrivere l´esperienza. «L´oceano. È tutto intorno al grande blu che riempie due terzi del pianeta. Il rapporto dell´essere umano con questo abisso crea un´interessante prospettiva. Credo che i navigatori del tempo stessero danzando con la morte, e queste sono le loro canzoni. Risuonano con la gente in qualche livello interiore che non è immediatamente chiaro perché non è nella nostra memoria, è nel nostro sangue. È quello che ci fa sentire così soli». Secondo lui Hal Willner è partito per un lungo viaggio ed è tornato col disco realizzato. Di fatto ha lavorato a lungo girando in vecchi negozi di antichità sparsi per il mondo, navigando in Internet, recuperando una biblioteca di almeno 600 canzoni dalle quali ha estratto quelle che sono state realizzate nel disco. Sono canti di lavoro, ritmati dalle cadenze della vita di bordo, anarchici inni alla vita libera, canti di morte e sfide impossibili, e per assurdo il disco, pur essendo legato, almeno come ispirazione, a un film di chiara vocazione commerciale, è tutt'altro che facile. Ricorda casomai l´ultimo progetto di Springsteen, in vena di riscoperta folk, e in un paio di casi l´incrocio è addirittura evidente (c'è uno stesso pezzo, Shenandoah, e altre fuggevoli assonanze), ma senza la contagiosa e gioiosa furia del Boss. I temi di mare portano con sé dolore e ribellione. Ricordano un mistero che si risveglia ogni volta che guardiamo il mare.

    (26 luglio 2006)

    Concordo in pieno, è uno dei dischi che attendo con maggior fervore! Viva Depp!!
    In fede,
    Kofi Annan

    Segretario Generale del CastelliRisiko!Club



    _Kofi_ non è in linea
  6. #6
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    Re: LE NOVITÀ

    vi segnalo di seguito due novità musicali di non scarso rilievo. Ne approfitto inoltre per ricordarvi che se avete qualchè novità da segnalare postate pure qui così le commentiamo insieme

    saluti

    roberto77mds
    roberto77mds non è in linea
  7. #7
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    Re: LE NOVITÀ

    troppo vecchi fuori o troppo giovani dentro

    THE WHO
    ENDLESS WIRE


    Formati nel 1964, con oltre quarant’anni di carriera alle spalle e ben undici album in studio, se non si considera la mini-opera Wire & Glass, i Who rappresentano una delle formazioni più influenti nel panorama musicale mondiale, pionieri di generi diversi e contrastanti tra loro, hanno influenzato l’Art/Rock come il Progressive e lo Psychedelic, finanche ad essere considerati i primi esponenti del proto-punk, tra i primi gruppi Rock a comporre un vero e proprio concept album con il loro Tommy del 1969, sempre aperti alla sperimentazione ed ancora oggi capaci di influenzare artisti di una certa risonanza come Pearl Jam o Radiohead. Si ripresentano adesso con questo nuovo album di brani inediti, Endless Wire, il primo dal 1982, ma la lunga assenza di ben ventiquattro anni non sembra aver scalfito più di tanto il talento e le doti compositive e sperimentative di Townshend e Daltrey, unici membri rimasti dell’originaria formazione.

    Il nuovo lavoro dello storico combo inglese attraversa una lunga e complessa genesi, alimentata dalla morte di John Entwistle, avvenuta nel 2002, che ha spezzato gli equilibri all’interno del gruppo, considerando che lui agiva da punto d’incontro per le due forti personalità di Townshend e Daltrey, ed anche le registrazioni sono avvenute lungo un percorso durato quattro anni. Endless Wire, facile intuirlo dalla traduzione del titolo “filo senza fine”, è un concept album incentrato sulle comunicazioni via internet che secondo Townshend sono un perfetto specchio della società umana, facendo confluire in questo full-lenght, seguendo un preciso filo conduttore, la mini-opera Wire & Glass ed i restanti brani sempre composti dal genio e dall’inventiva di Pete Townshend, che ancora dimostra la sua voglia di sperimentare ed osare, forte ormai di una consolidata fama e di una forte personalità, spingendosi oltre i canoni propri e quasi imposti del vasto mondo Rock.

    I frammenti dell’opener Fragments, almeno dal punto di vista musicale, sono quelli di una rivisitata intro di Baba O’Riley, giustificata autocitazione in una canzone composta con l’ausilio di Lawrence Ball e del suo software in grado pare di ricreare il Method Music, esperimento via web con cui si arriva a tracciare il ritratto musicale di un individuo, e lo stesso si ripete in Fragments Of Fragment, altro esempio di Method Music, invece ispirate dal film "The Passion" di Mel Gibson sono Man In A Purple Dress, in cui Townshend si scaglia non contro la religione ma contro alcuni suoi parametri di vanità, in base ai quali spesso basta che un uomo indossi una veste o un abito particolare per assurgersi il diritto di poter giudicare i simili dall’alto di chissà quale potere, come anche Two Thousand Years, che considera l’eventualità che Giuda possa essere in realtà non il discepolo infedele, ma al contrario il più fedele, colui che ha semplicemente eseguito la volontà del Cristo. Townshend non reputa negativo l’uso fatto della sua musica da parte di serial televisivi, ed anzi invita a guardare a ciò come un qualcosa di positivo, esternando questo suo pensiero in Mike Post Theme, mentre dal film "Il Disprezzo" trae ispirazione per It’s Not Enough, chiaramente indirizzata alle difficoltà dei rapporti di coppia. E’ facile allora vedere, come i mezzi di comunicazione, internet, pellicole cinematografiche e serie Tv, abbiano ispirato il lavoro di Pete, ma altre canzoni hanno invece radici nei suoi sentimenti e nelle sue sensazioni, è così per la solitudine presente nella ballata In The Ether, o l’amore che ti coglie d’improvviso in Black Widow's Eyes, il sentito ringraziamento di You Stand By Me alla moglie Rachel Fuller e al compagno Roger Daltrey per essergli stati vicino nel momento per lui più difficile, la passione per la musica esternata in God Speaks, Of Marty Robbins.

    Ciò che resta fa parte invece di Wire & Glass, mini-opera che ha anticipato l’uscita dell’album, e che racconta attraverso la voce di Ray High, immaginaria rockstar ormai vecchio e lacerato dall’uso di droghe, le vicende di tre ragazzi di diverse culture, religioni ed etnie, che fondano un gruppo destinato a sfondare sapendo sfruttare le potenzialità dei mass-media, così in Sound Round si enfatizza la visione di una società sempre più dipendente e manipolata dalle telecomunicazioni, poi le altre traccie raccontano gli inizi, i dissapori e le diversità etnico-culturali, la scoperta nella title-track Endless Wire da parte dei ragazzi dei documenti che parlano del progetto di Ray di far della musica un collante capace di unire l’umanità, fino al coronamento del loro sogno e al tragico gesto compiuto in Mirror Door da uno dei tre ragazzi , che in preda alla sua malattia uccide il compagno, alla presenza di un vasto pubblico e di varie celebrità ormai scomparse, da Johnny Cash e Johnny Ray a Doris Day, unica celebrità ancora in vita. Tutto però viene raccontato in maniera ambigua senza mai lasciar intendere il confine tra l’effettivo svolgimento reale dei fatti e le semplici immaginazioni del vecchio Ray.

    Analizzando l’album da un punto di vista prettamente musicale invece, il sound è quello dei vecchi Who, echi generazionali di Beat e Progressive che sembrano provenire dagli anni ’60 e ’70 vengono rivisitati con le nuove sperimentazioni sonore, e soprattutto con i diversi stati d’animo, come l’angoscia derivante da quella pesante accusa di pedofilia o la speranza riposta nell’amicizia e nell’amore delle persone più care, creando un album che conserva una certa omogeneità di fondo necessaria ad evidenziare la storia narrata nel concept; purtroppo inevitabili sono i momenti di deja-vù che si rincorrono nella varie Fragments, Mike Post Theme, Two Thousand Years, comunque bellissime composizioni, come molto belle sono le linee melodiche di In The Eter, caratterizzata dal canto rauco di Daltrey, di Black Widow’s Eyes, da pelle d’oca qui il refrain, e di You Stand By Me, quest’ultima dal forte gusto retrò, invece particolari ed originali suonano le lente God Speaks, Of Marty Robbins o Triby’s Piano, mentre la complessità dell’opera e i ritmi lenti non favoriscono di certo la facile assimilazione e comprensione dell’album, che quindi necessita di pazienza e più ascolti per permettere di cogliere le varie sfumature presenti.

    In definitiva Endless Wire è un’opera complessa e ricca di idee e di sensazioni da esternare e raccontare con lucida follia, infatti i ventiquattro anni di assenza, le varie vicende personali succedutesi nel corso di questi anni, i frammenti del glorioso passato, hanno dato al geniale compositore un’immensa mole di materiale su cui lavorare, dove il principale obiettivo sembra quello di restare coerenti e fedeli alla loro storia senza necessariamente tenere il passo con i tempi. Sul mercato anche un’edizione limitata comprendente alcune bonus track.


    LINE UP:
    - Pete Townshend - chitarra, tastiera, seconda voce
    - Roger Daltrey - voce, armonica
    - John Bundrick - tastiere, piano, cori
    - Zak Starkey - batteria
    - Simon Townshend - chitarra ritmica, cori
    - Pino Palladino - basso, cori

    Guests:
    - Peter Huntington - batteria
    - Stuart Ross - basso
    - Rachel Fuller - tastiere
    - Jolyon Dixon - chitarra
    - Lawrence Ball - elettronica
    - Billy Nicholls - cori


    TRACKLIST:
    1. Fragments
    2. Man In A Purple Dress
    3. Mike Post Theme
    4. In The Ether
    5. Black Widow's Eyes
    6. Two Thousand Years
    7. God Speaks, Of Marty Robbins
    8. It's Not Enough
    9. You Stand By Me
    10. Sound Round
    11. Pick Up The Peace
    12. Unholy Trinity
    13. Trilby's Piano
    14. Endless Wire
    15. Fragments Of Fragments
    16. We Got A Hit
    17. They Make My Dream Come True
    18. Mirror Door
    19. Tea And Theatre

    recensione di Salvo Sciumè da www.RockLine.it

    saluti

    roberto77mds
    roberto77mds non è in linea
  8. #8
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    Re: LE NOVITÀ

    sarà un'ennsima commercialata o varrà la pena ascoltarlo?

    BEATLES
    LOVE



    Arriverà il prossimo 17 novembre l'attesissimo ''the Beatles LOVE'', l'album dei Fab Four in stereo e 5.1. Primo album dei Beatles disponibile in 5.1, il lavoro arriverà nei formati CD stereo, con 78 minuti di musica, e in DVD versione surround sound (DVD audio 5.1) per 81 minuti di ascolto. Paul McCartney ha affermato: ''Questo album riunisce di nuovo insieme I Beatles, perchè improvvisamente ci sono nuovamente John e George con me e Ringo. E' qualcosa di magico''.

    ''the Beatles LOVE'' arriva popo la richiesta da parte dei rimanenti Beatles, Ringo e Paul, insieme con Yoko Ono Lennon e Olivia Harrison, di sperimentare nuovi mix a partire dalle registrazioni originali per una collaborazione con Cirque du Soleil. Sir George Martin, il leggendario produttore del gruppo, e suo figlio Giles Martin hanno così settacciato l'archivio dei Beatles ricavandone ''LOVE''. Si tratta di un album che prende spunto dai master originali conservati agli Abbey Road Studios della EMI, rielaborati in modo originale da Sir George e Giles. Luscita di questo album, segnaliamo, caratterizza anche l'omonima produzione al Mirage di Las Vegas, nata dalla collaborazione del Cirque Du Soleil con i Beatles. Ringo Starr ha commentato: ''George e Giles hanno fatto un lavoro grandioso combinando insieme queste tracce. E' davvero potente e ho addirittura sentito registrazioni che mi ero dimenticato avessimo inciso''.

    Yoko Ono ha poi aggiunto: ''Questo album esprime amore ed è questo il motivo per cui il titolo è Beatles LOVE. Hanno permesso a tutto ciò che è splendido ed audace di venire alla luce''. Per dovere di chiarezza, segnaliamo che il DVD Album dei Beatles è un ibrido tra DVD Audio e DVD Video. Le registrazioni della parte DVD Audio sono disponibili nel formato 5.1 sourround in alta risoluzione a 24 bit e con frequenza di campionamento di 96 KHz. La parte DVD video presenta invece tre formati audio: le tracce 5.1 sourround sono disponibili sia in DTS che in Dolby Digital, mentre il mix stereo è disponibile nel formato PCM. Questo DVD album è progettato per essere riprodotto su qualsiasi lettore DVD video, ma non contiene alcun filmato.

    Infine, questa la tracklist di ''the Beatles LOVE'' (CD e DVD): Because; Get Back; Glass Onion; Eleanor Rigby - Julia (Transition); I Am The Walrus; I Want To Hold Your Hand; Drive My Car/The Word/What You're Doing; Gnik Nus; Something - Blue Jay Way (Transition); Being For The Benefit of Mr. Kite!/I Want You (She's So Heavy)/Helter Skelter; Help!; Blackbird/Yesterday; Strawberry Fields Forever; Within You Without You/Tomorrow Never Knows; Lucy in the Sky With Diamonds; Octopus's Garden; Lady Madonna; Here Comes The Sun - The Inner Light (Transition); Come Together/Dear Prudence - Cry Baby Cry (Transition); Revolution; Back In The U.S.S.R.; While My Guitar Gently Weeps; A Day In The Life; Hey Jude; Sgt. Pepper's Lonely Hearts Club Band (Reprise); All You Need Is Love.
    roberto77mds non è in linea
  9. #9
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    Re: LE NOVITÀ

    Come già detto nel thread relativo, per me è il disco dell'anno (passato)!
    Decisamente non di facile ascolto, ma fatto col cuore e scritto, arrangiato e cantato in un modo che raramente si è visto in questi anni.


    Joanna Newsom - Ys



    Joanna Newsom. Ventiquattro anni, californiana senza sembrarlo minimamente. Arpista, un terzo donna, un terzo elfo, un terzo bambina. Viso e smorfiette da attrice, l'impressione di vivere in un mondo tutto suo. Un album, "The Milk-Eyed Mender", delizioso, sorprendente, acclamato. Dodici vignette, tenere e gracchianti, dodici favole fra folk tradizionale e cantautorato indipendente (vi rimando alla recensione di Onda Rock per i doverosi approfondimenti). L'aggettivo che più si trova in riferimento è childish. Lei non gradisce, ma si coglie nel segno.

    Due anni per capovolgere un mondo. La cantante improvvisata guarda oltre, oltre quella che era già una sorpresa. Prepara cinque composizioni, dai sette ai sedici minuti. Affonda ancor più nelle radici, a partire dall'artwork, in cui diviene bellezza medievale, capelli biondi sciolti e mossi, corona di fiori, finestra sul fiume e sulle montagne, una tenda rossa. "Ys", questo il nome dell'opera seconda, vive una lunga gestazione. Le prove dal vivo, gli arrangiamenti di archi, le collaborazioni eccellenti.

    Il primo lavoro è la stesura, per voce ed arpa, e il primo nome pesante speso è quello di Steve Albini. Il secondo è l'orchestrazione (per la quale verranno usati trenta elementi), affidata all'immenso maestro Van Dyke Parks, al quale la Newsom presenta direttive e idee, soprattutto riguardo il mood. Infine, il terzo, dopo la registrazione, è il missaggio, affidato a Jim O'Rourke. E' esattamente in questo momento che marketing e ambizione si fondono. Filtrano i nomi, inizia il chiacchiericcio: finisce che "Ys", la cui uscita è prevista per novembre, diviene reperibile online sin da settembre.

    La storia non è poi tanto diversa da quella degli Arctic Monkeys, anzi "Ys" è per l'indie-indie quello che "Whatever..." era per l'indie-mainstream. E finire in rete molto tempo prima aiuta parecchio la Newsom, il cui disco è di digeribilità non affatto semplice. E' la spinta finale. I sacri aiutanti, le sacre riviste specializzate, la voce, sacra per la sua diversità, le composizioni, sacre per la loro lunghezza e difficoltà. Infatuazione intellettuale che non è poi diversa da infatuazione giovanil-ignorante. Il classico disco di cui non si può parlare male, anzi si deve dir bene. Approccio così a "Ys" con sentimenti contrastanti: la certezza di un talento, la puzza di un imbroglio, il timore che l'ambizione mandi a puttane le qualità, la speranza che puntando in alto si tiri fuori un capolavoro.

    Ad accogliermi è l'immaginifica storia di "Emily", che, col senno di poi, rappresenta anche la cifra stilistica dell'intero disco. Non è una canzone, piuttosto un lungo racconto musicato, intriso di poesia (occhi ai testi). C'è ben poco di rock, c'è molto di folk: il grosso, però, è personalità. L'arpa accompagna, facendo da chitarra, la voce, che è la vera protagonista, assieme alle melodie. La Newsom ha tagliato le asprezze, che pure erano un valore, del disco d'esordio. Il canto è più misurato, centrato e potente: adattato al campo d'azione di "Ys". Quel che ha perso in vispezza ha preso in focalizzazione. Il suo è un dono divino, è qualcosa di unico. A venire in mente è Bjork, ma il paragone regge a metà, laddove all'angelicità dell'islandese, la giovane californiana contrappone un timbro molto più umano, e proprio per questo più raro. Melodicamente colpisce invece la grazia delle linee, che han rotto i ponti con i riferimenti contemporanei, affondando in paesaggi più lontani, eppure meno esplorati, in quanto la Newsom si ritaglia spazi personali, rifuggendo soluzioni sentite, o quanto meno, comode, riuscendo a suonar nuova pur basandosi sull'antico.
    L'altro elemento caratteristico sono gli archi, psichedelici, stranianti, spesse volte semplicemente sovrapposti allo sviluppo della canzone, volando su, o entrando in tagli, anche profondi, con l'intento di rappresentare un piano ulteriore, un effetto allucinante (hallucinatory effect, come testualmente afferma la stessa Newsom). Il risultato, già bellissimo di per sé, è poi nobilitato dal finale, con la voce che cresce e il brano che si velocizza, scandendo in modo accorato quello che potrebbe essere riconosciuto come inciso; andando poi a morire nel congiungimento di arpa e orchestra.

    La seconda traccia, "Monkey & Bear", storia di un amore impossibile, porta invece in scena una rappresentazione più tradizionale, se non nella struttura, che resta unica (seppur maggiormente lineare che negli altri pezzi), sicuramente nella melodia e negli archi, dal taglio fortemente classico; eppure sorpesa da un finale thrilling. La terza, "Sawdust & Diamonds", presenta un'altra variazione al canone, spogliandosi dell'orchestra e basandosi su un ficcante pizzicare d'arpa, a mo' di sonata di piano, appaiato a una recitazione dolce e intensa, scossa dalle aperture emozionali della melodia. Sono i due brani "minori" del disco, pur viaggiando, soprattutto quest'ultima, su livelli di alta scuola.

    D'altro canto, "Only Skin" è l'apice della raccolta. Gli elementi di "Emily" sono tutti presenti, ed estremizzati, in sedici minuti e passa di inseguimenti di melodie, a disegnare una meravigliosa struttura in movimento, che scorre fluida grazie ai giochi di rallentamento-ripartenza, dovuti alla deliziosa linea melodica principale, sottolineata, tra gli altri, da fisarmonica e fiati (il suono compatto non permette però di apprezzare più di tanto il singolo apporto, quanto il disegno finale). Il clou, anche in questo caso, è la svolta finale, quando, dopo un lungo passeggiare sugli spuntoni dei violini, Newsom inizia a squittire lanciando il tema principale, cantato in un impeto di grandeur a doppia voce con Bill Callahan (con cui sarà in tour tra qualche giorno) e il baritono di lui molla le redini alle arrampicate di lei, con tanto di note di banjo e percussioni secche a fare da sfondo.

    Conclude, senza sfigurare affatto (anzi), "Cosmia", la più "canzone": arpeggi aggraziati e archi gonfi d'emozione, strepitoso sussulto strumentale folkloristico a metà brano, melodia aperta, ed esplicita, come mai era avvenuto ("and I miss your precious heart"), portata al massimo dell'espressività proprio nell'ultimo minuto. Il gusto che resta è agrodolce, pregno di emozione, con la consapevolezza di aver preso parte a una piccola opera d'arte.

    Già, perché smentendo tutti i timori di partenza, è proprio questo che è "Ys". A dispetto di una pesantezza strutturale, vuoi per la lontananza da canoni noti, vuoi per la scelta di usare gli archi (e non solo) in modo spesso disturbante, ci si trova proprio una piccola opera d'arte. Che forse manca della fruibilità, e della forza espressiva in quantità tale da essere dichiarato un capolavoro, ma che non fa rimpiangere la svolta neanche per un secondo uno, regalandoci, anzi, la conferma, ormai certissima, di un'artista curiosa e geniale. Un gran disco, un disco unico, senza dubbio tra i migliori dell'anno.

    Testo di Ciro Frattini, tratto da Ondarock
    _Kofi_ non è in linea

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