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Discussione: I DISCHI STORICI
  1. #11
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    Re: I DISCHI STORICI

    Quote art9175 ha scritto:





    Pearl Jam
    Ten
    Autore: Benedetta Urbano


    Descrivere questo album non sarà compito facile. Specie se sul podio nella tua mente lo posizioni sul gradino più alto. L’ amore furente per un disco pregiudica sicuramente un’esposizione analitica e distaccata, e dopo un instancabile ascolto durato circa 13 anni parlarne diventa quasi come rispondere ad una domanda del tipo “Vuoi bene alla mamma?”. Questo disco è il geniale spaccato della frustrata America anni 90. Le donne conquistata l’emancipazione, crescono i bambini con latte e Ritalin, i mariti spaventati dalle loro mogli in tailleur e 24ore vanno a comprare le sigarette e non tornano più casa e i giovani, che fanno della musica la loro unica ragione di vita, sistemano le scatole negli scaffali dei supermercati sognando un futuro on stage. La perdita di un amico per overdose di eroina (Andrew Wood) e la fine di un sogno quasi realizzato (Mother Love Bone) si uniscono casualmente all’adolescenza triste e turbolenta di un surfer di San Diego, dando vita ad un progetto fatto di rock, rabbia e camicie di flanella. In linea di massima lo scenario dovrebbe essere questo e ancora una volta, in una simile indifferenza sociale, io godo del disagio interiore di qualcun altro. Con l’intro fluttuante e sinistra di “Once” e con l’incontenibile impeto heavy metal di McCready i Pearl Jam si presentano al mondo intero, proponendo il primo oscuro personaggio di una lunga serie. Ognuno di essi salta fuori dalla penna dell’allora introverso Eddie Vedder, e ognuno di essi assume un ruolo preciso in quel contesto sociale arido e malato. Serial killer, disadattati, senzatetto e adolescenti incompresi che patiscono quotidianamente la strafottenza dei genitori fino a decidere di spararsi un colpo di pistola in pieno cranio di fronte tutta la classe. Questi gli attori principali, queste le vittime di una frustrazione e di un’insoddisfazione che, nella maggior parte dei pezzi, si concretizza a colpi di un hard rock violento e impetuoso o con un trascinante grunge-rock melodico dagli effetti ipnotici e seducenti. Siamo in piena deflagrazione grunge ma questo disco distrugge ogni tentativo di standardizzazione. La furia hard rock di “Even Flow”, “Why Go”, “Porch”, “Deep”, si combina abilmente alle melodia dei suoi refrain avvelenati e adrenalinici a tal punto da far scoppiare le vene. Il basso timbro di Vedder e la sua “ira funesta” amplificano tutta questa rabbia aggravando in maniera impressionante la potenza dei suoi colleghi che sembrano quasi sul punto di violentare i propri “arnesi”. La calma apparente e le melodie meno ossessive e graffianti si assaporano con “Black”, forse unico brano dedicato alla sofferenza generata dal sentimento più innocuo in questo contesto: l’amore, o con “Release” che dopo la tempesta chiude l’album con toni lenti e mesti. Sembrerebbe sia giunta la quiete ma effettivamente non è così, perché dietro quella pacatezza si nasconde una preghiera, una richiesta di liberazione, forse dai fantasmi del passato, forse dal terribile rimorso di non aver saputo in tempo la vera natura della propria esistenza. Non ci sarà mai data un'unica interpretazione realmente attendibile, quello che è certo che quel “release me” raggiunge una profondità tale da turbare l’animo di chiunque lo ascolti. Ma no, è l’intero album che sconquassa corpo e anima! Questo il vero Riot Act! Se continuo rischio di diventare patetica. Troppo innamorata! Ma vi prego se ancora non lo avete, o se possedete solo i successivi…COMPRATELO….è il migliore!
    grande art! ottimo disco l'ho comprato 2 mesi fa e mi è piaciuto tantissimo. Io ho sentito solo questo e Vitalogy per ora, me li consigli tutti o ce n'è qualcuno da evitare? Tralaltro ne è uscito uno recentemente... qualcuno l'ha sentito?

    saluti

    roberto77mds
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  2. #12
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    Re: I DISCHI STORICI

    Quote roberto77mds ha scritto:
    grande art! ottimo disco l'ho comprato 2 mesi fa e mi è piaciuto tantissimo. Io ho sentito solo questo e Vitalogy per ora, me li consigli tutti o ce n'è qualcuno da evitare? Tralaltro ne è uscito uno recentemente... qualcuno l'ha sentito?

    saluti

    roberto77mds
    l'ultimo non l'ho ancora sentito......

    ma i primi album (markinball, Daughter ....) sono eccezionali!

    per me Ten è STORIA DELLA MUSICA!

    Ciao Rob!
    mi ha fatto piacere rivederti, anche se non abbiamo scambiato molte parole!

    A presto!

    forse verrò a Torino per il Torneo dei Coloni..... ma non so ancora!
  3. #13
     T. Colonnello
     
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    Re: I DISCHI STORICI

    Quote jord65 ha scritto:
    azzz.... mi hai fragato sul tempo!

    il mio disco preferito!
    revolution rock la mia canzone preferita... an

    anche se bisogna ricordare anche SANDINISTA, il successivo album dei CLASH (un disco TRIPLO!), forse un po' meno immediato e penalizzato da una qualità di registrazione inferiore ... sicuramente più "sperimentale" ed in grado di racchiudere in sé tutte le evoluzioni e le contaminazioni che si andranno definendo nel rock dei decenni successivi
    una disco epocale....
    ...mi aspettavo un tuo commento





    perchè non scrivi un pò di più da queste parti? Io musicalmente nasco con il rock 60/70, ma per ovvi motivi generazionali sono cresciuto anche con il punk, che ha avuto la sua ENORME importanza (anche se c'è chi si ostina a negarlo.... )






    Paolo Valdisserri - Club Grifone Venezia
    What? "Over"? Did you say "over"? Nothing's over until we decide it is! Was it over when the Germans bombed Pearl Harbor? Hell, no! And it ain't over now. 'Cause when the going gets tough... the tough get going! (John Blutarsky)

    ... addà passà a nuttat ...
  4. #14
     T. Colonnello
     
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    Re: I DISCHI STORICI

    Quote paolovaldo ha scritto:
    ...perchè non scrivi un pò di più da queste parti?
    perché sono pigro!



    poi ultimamente scriverei solo dei Lali Puna
    Sparuto minoritario e minimod
    non sono più quello di una volta... soltanto la retorica è rimasta la stessa
  5. #15
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    Re: I DISCHI STORICI

    Quote paolovaldo ha scritto:
    Premetto che dal punto di vista musicale il periodo che io preferisco è il decennio che va dal 1965 al 1975 (più o meno).

    E' inevitabile che in una sezione di rokkettari la maggior parte delle segnalazioni graviterà attorno a questo periodo (come è già successo nei post precedenti con poche eccezioni) e anch'io avrei delle difficoltà a sceglierne uno su tutti, tra i tanti che lo meriterebbero.

    Ho deciso quindi di ESCLUDERE COMPLETAMENTE questo periodo (tanto ci penserete degnamente voi )
    ho deciso di abboccare all'amo quindi il secondo disco che propongo NON sarà del mio genere preferito NE' del mio periodo preferito

    R.E.M.



    MONSTER
    RECENSIONE
    Partiamo dalla copertina: un curioso animale che ha le vaghe sembianze di un felino su sfondo arancione. Quel titolo: "Monster". Avevano promesso un album rock, ed è di rock che si nutrono le tracce di questo ruspante e vigoroso album, assorbendo un po' di tutto: grunge, hard rock, psichedelia, persino soul. La voce di Michael Stipe è sempre la stessa, ma il sound del gruppo è mutato abbastanza da restare sorpresi. Non più l'intimismo barocco e sognante di "Automatic For The People": abbandonati del tutto gli arrangiamenti fantasiosi ed eclettici di quell'album, ciò che rimane è un solido scheletro rock. E i R.E.M, sorpresa sorpresa, dimostrano anche di saperci fare.

    L'anthem di turno non può che essere "What's The Frequency, Kenneth?": distorsioni, ritmo incalzante, tremolio psichedelico e le solite liriche "arty" di Stipe trasformano la canzone in un singolo di successo. Incertezza, apatia, rabbia: tutto ciò è ben in mostra nella canzone, e in effetti procedendo nell'ascolto ci si rende conto di come l'album si trasformi man mano in un contenitore di umori sempre più cupi: l'hard-glam ombroso e decadente di "Crush With Eyeliner" (con la partecipazione di Thurston Moore), dove le strofe vedono protagonisti la voce filtrata di Stipe e il tremolo tetro e minaccioso di Buck, il bizzarro e decisamente fuori luogo synth-pop rivestito di chitarre di "King Of Comedy", la rampante cavalcata a tutto gas di "Star 69" e la depressa ballata soul "Strange Currencies" (quasi un clone di "Everybody Hurts") sono tutte intrise della malinconia che accompagna la produzione del gruppo fin dagli esordi, ma qualcosa è cambiato: le liriche di Stipe adottano la stessa tecnica quasi collagistica evidenziata negli anni precedenti, ma qui il suo approccio è molto più in linea con il sarcasmo e l'ironia "hip" degli anni '90, fino a rendersi quasi cinico e minaccioso nell'ossessiva "I Took Your Name" (paranoica digressione sul furto d'identità) nella doorsiana "Circus Envy" e nella morbosa fantasia voyeuristica intrisa di sonorità orientaleggianti di "You". La commossa e distorta elegia elettrica di "Let Me In" è invece dedicata a Kurt Cobain, grande amico di Stipe e ammiratore della band.

    Come dire: un restyling in piena regola, peraltro riuscitissimo. Nei '90 andava di moda per i mostri sacri degli anni '80: così gli U2 con le loro infatuazioni techno-industrial, così i R.E.M con le loro sbandate rock. In entrambi i casi, considero i risultati più che buoni, e così una sorpresa come questo "Monster" mi è assolutamente gradita. Potenza del rock, o potenza di una band capace di reinventarsi e rimettersi in discussione? Un album di rottura, col proprio passato innazitutto, all'ascolto del quale molti hanno storto il naso, ma al quale bisognerà riservare più di un cenno quando i R.E.M saranno ormai una reliquia (fra circa venti anni, più o meno, a partire da adesso).
    (da www.dabaser.it - Bleak)

    GIUDIZIO PERSONALE
    Mi ricordo bene quando è uscito questo disco. Era il periodo dell'esplosione del Grunge (da cui i REM hanno preso sicuramente qualcosa in prestito per questo disco).
    I REM fino a quel momento li consideravo un gruppo pop; elettrico e raffinato, ma pur sempre pop. Il disco precedente (Automatic for the people), seppur molto bello ha prodotto 3 o 4 canzoni di alto livello ma nel complesso non l'ho trovato fantastico. Appena ho iniziato a sentire questo disco alla radio invece, me ne sono innamorato. Non avrei mai immaginato che i REM fossero in grado di confezionare un grande disco rock come questo; arrabbiato, potente, ma sempre raffinato. Tutte le canzoni sono belle senza eccezioni. Un gran disco; lo consiglio a tutti.

    saluti

    roberto77mds
  6. #16
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    Re: I DISCHI STORICI

    Quote jord65 ha scritto:
    perché sono pigro!
    non sei l'unico!

    Quote jord65 ha scritto:
    poi ultimamente scriverei solo dei Lali Puna
    E fallo, io non li conosco!




    p.s. la mia memoria comincia a perdere colpi, ci siamo conosciuti a uno dei nostri raduni, se non sbaglio?


  7. #17
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    Re: I DISCHI STORICI

    Quote roberto77mds ha scritto:
    ho deciso di abboccare all'amo quindi il secondo disco che propongo NON sarà del mio genere preferito NE' del mio periodo preferito








    p.s. pensavo si potesse proporne UNO SOLO, mi sa che il prossimo SARA' del periodo che preferisco


    p.p.s. sì, ma London Calling???


  8. #18
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    Re: I DISCHI STORICI

    Quote paolovaldo ha scritto:
    Premetto che dal punto di vista musicale il periodo che io preferisco è il decennio che va dal 1965 al 1975 (più o meno).

    E' inevitabile che in una sezione di rokkettari la maggior parte delle segnalazioni graviterà attorno a questo periodo (come è già successo nei post precedenti con poche eccezioni) e anch'io avrei delle difficoltà a sceglierne uno su tutti, tra i tanti che lo meriterebbero.

    Ho deciso quindi di ESCLUDERE COMPLETAMENTE questo periodo (tanto ci penserete degnamente voi ) per segnalare un disco assolutamente imperdibile, che si colloca in un'epoca successiva e addirittura in contrapposizione a quella precedente, il PUNK.

    Il disco in questione è:



    London Calling (1979)

    The Clash




    1979 London Calling - The Clash. Nel 1977 la rabbia e le tensioni sociali inglesi sfociavano nel fenomeno musicale detto “Punk”. In realtà di innovazione strettamente musicale ce n’era poca. La musica Punk era semplice, distorta e veloce; ma non era un innovazione. L’hardcore americano aveva preceduto (seppur di poco) il punk inglese. Ma c’era un novità; la musica punk andava sistematicamente contro tutto ciò che erano le “regole”. Andava contro la borghesia dell’hard rock, andava contro la lentezza e il perbenismo. Insomma musica volgare e spensierata, musica elementare perché chi la suonava non era un musicista ma un rivoltoso… Diciamolo pure, il punk è stata una boccata d’aria fresca per la musica, che si faceva sempre più fredda e vincolata alla tecnica (vedi il progressive). Ma un fenomeno del genere non può avere continuità perché inevitabilmente il furore degli inizi si perde e la formula risulta dopo un po’ noiosa, vista la scarsa capacità di inventare da parte dei punk (come già detto non erano musicisti). La parabola dei Sex Pistols è molto significativa; loro sono il primo vero gruppo punk e sono anche il migliore gruppo punk. Fecero un solo disco, immortale, e poi si sciolsero perché avevano già detto tutto. Ma ci fu un secondo disco punk ancora più epocale di “Nevermind The Bollocks” dei Pistols. Grazie a questo album la mentalità punk potè perdurare (fino ai giorni nostri) sotto le false vesti di New Wave. E come fece a sopravvivere una mentalità nichilista e assolutista come quella punk? Beh diciamo che si vestì di un abito di gala e applicò alla lettera quello che il punk (o meglio il rock n’ rock tutto) predicava: non ci sono regole, anzi le regole vanno infrante appositamente per dimostrare la propria indipendenza.

    Il disco in questione è London Calling. I Clash erano stati tra i migliori gruppi del punk datato ’77. il loro chiodo fisso era la politica e lo scontro sociale (clash appunto). Il loro esordio era di quelli al fulmicotone; più che canzoni facevano comizi accompagnati dalle chitarre (come dice un loro bellissimo pezzo dell’82). Ma nel proseguo della loro carriera si accorsero che qualcosa non andava; i testi di Joe Strummer erano troppo intellettuali per quel tipo di musica, le melodie di Mick Jones non si adattavano bene a quella musica così veloce e sgraziata. Insomma si accorsero che avevano capacità superiori a quelle che il punk richiedeva. Iniziarono la loro via verso forme più rock con il buon “Give ‘Em Enough Rope”, ma l’exploit arrivò con “London Calling”, appunto. In questo disco la filosofia punk è presente, aleggia sopra tutti i pezzi, come uno spirito guida. La differenza consiste nel fatto che qui la musica si fa migliore, ma non di poco. Al tempo fu un disco d’avanguardia; rimane tutt’ora un disco attualissimo. Sembrano canzoni d’oggi. C’è un grande riguardo verso la tradizione rock e una grande voglia di sperimentare nuove sonorità etniche. Da questo scaturiscono le 19 tracce (doppio Lp venduto come unico) del disco, che definire eterogeneo è poco. Eterogeneo ma non dispersivo, musicalmente raffinato, ma non fine a se stesso. Sperimentale, ma con un attitudine per nulla intellettualistica, bensì spontanea e incline al divertimento.


    La title track - "London calling" - è un capolavoro, la canzone più bella, famosa e importante del gruppo. Un classico rock, ben ritmato e scandito. Il testo, funestamente profetico (si parla di “nuclear error”, che si verificò a Cernobil dopo pochi anni), racconta delle “faraway towns”, cioè del degrado delle periferie. Molte canzoni del gruppo saranno improntate sulla politica.

    Anche “Brand New Cadillac” è un pezzo abbastanza classico. Semplice rock, sferzante e acido quanto basta. Già della terza traccia si intravedono sperimentazioni;

    “Jimmy Jazz” è un pezzo di jazz rarefatto e delicato. Fino a quel momento nessuno avrebbe potuto immaginare simili sviluppi. Ottimi i fiati e la chitarra davvero strana.

    Con “Hateful” si ritorna un po’ al passato; ed è un ritorno piacevole. Una sfuriata punk veloce ed incisiva. Certo, siamo ormai lontani dagli esordi; la musiche non si fanno mai distorte, ma l’ attitudine è la stessa.

    Ed eccoci giunti ad uno dei brani più freschi ed innovativi del disco. “Rudie Can’ t Fail” è una specie di ska-rock incentrato sui fiati. Nessuno prima aveva mai portato lo ska (prima di allora sconosciuto) nel mainstream. Il pezzo è poi arricchito dal manifesto gusto melodico del gruppo.

    Un altro pezzo melodico è “Spanish Bombs”, racconta della guerra civile in Spagna nel ’39. Deliziosa la prova di Jones, che si alterna al cantato a Strummer; quest’ultimo è l’anima militante del gruppo, il rivoltoso. Jones è il romantico. Il maggior pregio della canzone è la sua capacità di essere dolce, ma mai mielosa, grazie al refrain secco e asciutto.

    The Right Profile” ricalca un po’ lo stile ska della traccia cinque, ma con un gusto per il divertimento ancora maggiore. Sembra un marcia, i fiati sono spesso strani e ridondanti. Siamo arrivati fino alla traccia sette passando per brani belli, freschi ed innovativi.

    Ma alla otto traviamo un capolavoro assoluto, un pezzo che raggiunge quasi la bellezza della title track. “Lost In a Supermarket” è una canzone chiaramente pop. Una canzone avanti anni luce, sembra un pezzo di quelli che dilagavano negli anni ’90, tutto però nel ’79. La splendida melodia di Jones non stanca mai, potrei ascoltarla mille volte ed avere ancora voglia di sentirla. Impreziosita da un testo triste, dolce e attualissimo. È un affresco della società nel dopoguerra, con la ripresa economica, nuovi mondi sono di là a venire.

    “Clampdown” è un brano energico e fresco. Dopo ben quattro pezzi leggeri, finalmente qualche schitarrata potente.

    Bene, ora siamo pronti per il brano centrale del disco, summa perfetta di tutte le nuove direzioni intraprese dal gruppo. Cantata dal bassista Paul Simonon (quello in copertina), “The Guns Of Brixton” è un reggae-rock, davvero stupendo. Uno dei pezzi più originali dell’ intera carriera dei Clash. La voce densa e bassa di Paul, la batteria pulsante e le chitarre in levare fanno di questo pezzo uno dei capisaldi del rock. Chiaro precursore del fenomeno crossover. Si nota qui una delle caratteristiche del gruppo che gli ha permesso di rinnovarsi e ampliare le sue possibilità. Il batterista Topper Headon non era di certo il tipo batterista punk; oltre ad essere tecnicamente superiore, egli era l’unico membro del gruppo di ceto elevato. Fattori questi, determinanti per lo sviluppo dello stile Clash. Oltre a permettere di suonare vari generi musicali grazie alla sua ottima tecnica, il fatto che ci fosse un membro “staccato” dalle condizioni psico-sociali degli altri ha permesso uno sviluppo meno influenzato dalla rivincita sociale, bensì dalla critica costruttiva.

    Testo politico reso ancora più credibile dal fatto che Simonon sia proprio di Brixton, a conferma della sincerità del gruppo. “Wrong ‘em Boyo” è uno dei pezzi che preferisco. È un brano allegretto, divertente e chiassoso. I fiati sono bellissimi e rendono la melodia ancora più accattivante e originale. Bisognerebbe sentirlo per poterlo descrivere; vi posso dire che non è come ve lo immaginate. Perché è davvero inimmaginabile!

    "Death Or Glory” si distingue per il suo refrain orecchiabile e per le chitarre sferzanti, sempre più rare nella musica del gruppo. Da notare il fatto che la chitarra non ha mai un ruolo centrale nelle canzoni, ma fa da supporto. Questo sta a dimostrare ancora una volta la solidità delle composizioni. Notevole il crescendo melodico finale.

    “Koka Kola” lascia infuori gli argomenti trattati fin dal titolo. È un altro brano pop-rock, dal ritmo incalzante.

    “The Card Cheat” è quella canzone che non t’aspetti (come molte nel disco). La musica orchestrata, dolce e densa, parte piano e si intensifica in un crescendo memorabile. La melodia vocale, così bella da commuovere, nella parte centrale, tesa ed emotiva, raggiunge vette comunicative davvero impareggiabili. Perfetta in ogni sua nota, in ogni parola. A mio parere il miglior brano in assoluto del gruppo; per quello che trasmette.

    “Lovers Rock” è l’ unico pezzo chitarristico e presenta addirittura un assolo nel mezzo. Da notare il cantato sempre dolce ed intimo.

    “Four Horsemen” dà un po’ di ritmo, ma è ormai chiaro che il disco ha una forte impronta melodica. La strofa più sferzante e il ritornello in crescendo. Davvero forte ed incisiva! I Clash sono ormai capaci di fare ciò che vogliono e in “London Calling” sono al massimo della loro creatività e affiatamento.

    Ed ecco alla terz’ultima traccia rispuntare il caro punk-rock, sempre comunque modellato alle proprie esigenze. “I’m Not Down” come a dire; si mi sono calmato, ma non vuol dire che non stia ancora combattendo. Cambia solo il metodo. Oltretutto, i pezzi simili a quelli degli esordi, godono di maggior freschezza e vivacità rispetto a questi perché impregnati di melodia e gusto stilistico.

    “Revolution Rock” è l’ultima traccia. Si tirano le somme. Qui convivono reggae, melodia, invettiva, fiati, ritmica accentuata ed eccellente gusto estetico. Pur essendo musica complessa per le numerose influenze, risulta piacevole anche a chi si sofferma ad un ascolto superficiale e poco attento.

    “Train In Vain” è la traccia nascosta del disco. Infatti i Clash non volevano pubblicarla perché la ritenevano troppo pop. Fortunatamente lo fecero e ci regalano questa perla, una delle melodie più cristalline e agrodolci del gruppo.


    Bene, dopo circa un’ora il disco è finito. Che dire, è un disco veramente ricco e vario. Sicuramente ha un posto non irrilevante nella storia della musica. Nella sua eterogeneità non risulta dispersivo, bensì unitario e compatto. È un disco che ha influenzato e continua ad influenzare la musica rock. Il Rock n’ Roll passa per London Calling. E ne esce trasformato.

    (tratto da http://www.debaser.it/)



    Un'altra esaurientissima recensione, quasi un trattato su questo disco (ma troppo lunga da postare qui) la trovate su ondarock http://www.ondarock.it/pietremiliari/london.html





    Punk's not dead!




    .
    Sarò onesto a me il punk piace poco; ciononostante di dischi punk ne ho sentiti tanti tant'è che ho aperto anche un sondaggio specifico sull'argomento.

    Fatte queste premesse, dico che i Clash sono sicuramente dal punto di vista tecnico i migliori del punk, forse anche per questo motivo sono quelli che sono "vissuti" di più musicalmente...

    Azzeccata la scelta dell'album, sicuramente il migliore; meno acerbo dei primi e meno commerciale degli ultimi.

    Avrei fatto la stessa scelta sul punk al posto tuo

    saluti

    roberto77mds
  9. #19
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    Re: I DISCHI STORICI

    uno dei primi ascoltati.....
    uno dei primi amati....
    la colonna sonora della mia vita...

    VELVET UNDERGROUND
    Velvet Underground & Nico (Polydor, 1967)

    ..un viaggio nella notte tra pusher,put.tane e sbandati al suono di dolci nenie perverse e deraglianti cavalcate metalliche

    ...fra tutte le canzoni scelgo Venus in Furs....
    ..avvolgente mantra cosmico proiettante densa luce nera..
    ...nelle note di questa canzone sono racchiusi inferno e paradiso, amore e odio, sole e luna...cielo e terra....

    ...l'ingresso in un mondo complesso...come è complesso il mondo descritto nell'omonmo libro di leopold sacher masoch dal quale la canzone prende il nome.





    Un grazie va alla persona che mi ha guidato nel mondo complesso della musica....Anche se non leggerà mai questo post...
    - Stai maturando come l'armagnac
    - L'armagnac più invecchia e più è buono

    - Appunto

  • #20
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    Re: I DISCHI STORICI

    Quote maat ha scritto:
    uno dei primi ascoltati.....
    uno dei primi amati....
    la colonna sonora della mia vita...

    VELVET UNDERGROUND
    Velvet Underground & Nico (Polydor, 1967)

    ..un viaggio nella notte tra pusher,put.tane e sbandati al suono di dolci nenie perverse e deraglianti cavalcate metalliche

    ...fra tutte le canzoni scelgo Venus in Furs....
    ..avvolgente mantra cosmico proiettante densa luce nera..
    ...nelle note di questa canzone sono racchiusi inferno e paradiso, amore e odio, sole e luna...cielo e terra....

    ...l'ingresso in un mondo complesso...come è complesso il mondo descritto nell'omonmo libro di leopold sacher masoch dal 2quale la canzone prende il nome.





    Un grazie va alla persona che mi ha guidato nel mondo complesso della musica....Anche se non leggerà mai questo post...
    brava! ottimo disco. Due sono le mie canzoni preferite: I'm Waiting for the Man cantata da Reed e la magica Femme Fatale cantata da Nico.... da brividi.....

    "Here she comes, you better watch your step
    She's going to break your heart in two, it's true..."


    Questo disco è stato fonte di ispirazione per molti artisti rock, forse ancora di più che le canzoni di Elvis....

    saluti

    roberto77mds

    P.S. maat, questa è l'ultima volta che te lo dico; sei una rokkettara al 100% che aspetti ad iscriverti?

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