Il mantello per l'invisibilità potrebbe diventare una realtà!!!!
Il dispositivo funzionerebbe sfruttando alcune proprietà di un materiale recentemente scoperto e usato per produrre "superlenti" che rifrangono la luce che passa loro attraverso.
Ha protetto le astronavi Klingon di Star Trek e le scorribande di Harry Potter: ma adesso il "mantello dell'invisibilità" potrebbe diventare realtà grazie agli studi di due matematici, Graeme Milton dell'università dello Utah e Nicolae-Alexandru Nicorovici della Sydney University of Technology.
In un articolo pubblicato sui Proceedings of the Royal Society i due scienziati descrivono un ipotetico dispositivo che potrebbe rendere invisibili gli oggetti posti vicino ad esso, anche se solo ad alcune specifiche lunghezze d'onda.
Il "mantello" funzionerebbe grazie alle strane proprietà di un materiale recentemente scoperto, e usato per produrre "superlenti". Come un prisma, le "superlenti" rifrangono la luce che passa loro attraverso - ma uscendo da una superlente la luce viaggia di fatto all'indietro. Per alcune lunghezze d'onda molto corte, l'effetto è quello di cancellare la luce riflessa dall'oggetto che così scompare, almeno parzialmente, dai nostri occhi.
Un mantello funzionante grazie a questo meccanismo non è stato ancora costruito - gli scienziati si sono limitati a dimostrare la possibilità teorica del processo - ma anche a questo stadio c'è interesse per la scoperta per le sue possibili applicazioni militari. Le superlentio hanno infatti il potenziale di nascondere gli oggetti dai radar o i dispositivi elettronici all'interno di un forte campo magnetico: ''Il segreto - secondo il fisico teorico dell'Imperial College John Pendry è di rendere anche il mantello invisibile e di farlo in maniera economica ed efficace''.
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Ma qual'è la ''ricetta'' che rende possibile l'invisibilità?
''Il suo segreto - ha spiegato il Prof. Pendry sulla rinomata rivista Science - sta in un materiale capace di piegare la luce a proprio piacimento. Una superficie con proprietà elettromagnetiche tali da deviare i fasci luminosi, farsene lambire e poi costringerli a tornare nella direzione originaria: come se l'oggetto attraversato non esistesse''.
Per fare questo occorrere avvolgere gli oggetti da nascondere con una sorta di scudo, un guscio che si comporti, appunto, come un mantello dell'invisibilità.
Per i due ricercatori raggiungere questo obiettivo ''non è necessariamente facile, ma le ricette ci sono'', tanto che alcuni sono convinti che i primi materiali trasparenti alle onde radio potranno arrivare nell'arco di cinque anni, mentre per i materiali capaci di deviare la luce l'attesa potrebbe essere un po' più lunga.
La teoria di Pendry e di Leonhardt, questa danza della luce descritta in maniera teoricamente convincente, sul piano pratico è stata tradotta solo in rozzi prototipi, finanziati tra gli altri dal dipartimento della difesa Usa. Appaiono come cerchi, spirali, cilindri e minuscole sfere affiancati tra loro o immersi in materiali dalle proprietà elettromagnetiche simili all'aria.
''Credevamo di aver scoperto tutto sull'elettromagnetismo'' dice Roberto Olmi dell'Istituto di fisica applicata del Cnr di Firenze. ''Fino a quando non si è aperta la strada ai metamateriali: strutture che assumono proprietà fisiche sconosciute in natura, grazie a una particolare disposizione delle componenti microscopiche''.
Ma facciamo aiutare da un esempio: ''Se immergiamo un bastone nell'acqua ci appare spezzato. Da un bastone immerso in un metamateriale si otterrebbe un'immagine opposta rispetto a quella riflessa dall'acqua. In termini tecnici diciamo che puntiamo a ottenere un indice di rifrazione negativo'', spiega Olmi. Come dire, toccando i tasti giusti su questo pianoforte, è possibile rendere trasparenti tutti gli oggetti. ''Per il momento - prosegue il ricercatore del Cnr - sapremmo farlo solo ''cancellando" un colore alla volta. Ma sovrapponendo strati diversi del metamateriale adatto, ognuno specifico per un colore, potremmo realizzare il vero mantello invisibile''.
''Tutti i lavori pubblicati finora sono pienamente teorici e la ricette proposte sono da verificare sperimentalmente, ma non ci sono dubbi che la ricerca in questo settore sia molto spinta'', ha osservato Andrea Alù, dell'università di Roma Tre, che fa parte di uno dei gruppi più attivi in questo campo a livello internazionale. Le prime applicazioni, secondo Alù, potrebbero riguardare le tecniche di imaging, ad esempio per rendere invisibili sonde da utilizzare in indagini di microscopia molto delicate, e la possibilità di ottenere oggetti e componenti elettronici miniaturizzati. Negli articoli pubblicati su Science i ricercatori prevedono inoltre la possibilità di ottenere lenti più efficaci, applicazioni nel settore della difesa e delle telecomunicazioni, mantelli acustici per prevenire la penetrazione di vibrazioni, suoni o onde sismiche.
Beh, quello che è facile immaginare, riflettendo un po', è che non sarà semplice utilizzare i ''gusci dell'invisibilità'' come si vede nei cartoni o nei film, ad esempio per spiare senza essere visti: ''E' vero - osserva Pendry - che, indossandoli, nessuno può vedere chi si nasconde all'interno, ma è anche vero che dall'interno non è possibile vedere nulla di quello che c'è all'esterno. Senza contare la difficoltà di ritrovarlo dopo averlo tolto''.
Un altro problema lo espone Leonhardt sempre su Science: ''Un dispositivo dell'invisibilità dovrebbe guidare la luce attorno agli oggetti come se lì non ci fosse nulla, indipendentemente da quale direzione provenga la luce''. Naturalmente i materiali esistenti non riescono in nessun modo a ottenere questo effetto straordinario: ne servono di nuovi e con nuove proprietà.
Soltanto l'anno scorso Nader Engheta, dell'università della Pennsylvania, e Andrea Alù, avevano proposto ''materiali plasmonici'', con caratteristiche elettromagnetiche simili a quelle di un insieme di elettroni liberi (plasma) e capaci di cancellare la luce riflessa da un oggetto (la vernice ACME!). ''I materiali plasmonici già esistono, sono stati sintetizzati'', ha detto Alù. Se questo è il loro grande vantaggio, è vero però che sono in grado di funzionare soltanto per oggetti di dimensioni piccolissime.
I due articoli di Pendry e Leonhardt elaborano invece la teoria per mettere a punto dei ''metamateriali'', ottenuti utilizzando più materiali le cui proprietà elettromagnetiche possono essere adattate e modificate manipolando le loro nanostrutture. Contrariamente ai materiali plasmonici, i metamateriali non esistono ancora, ma teoricamente potrebbero funzionare su oggetti di grandi dimensioni.
I risultati raggiunti oggi partono da lontano. ''Alla fine degli anni '60 - racconta Giuseppe Molesini dell'Istituto nazionale di ottica applicata del Cnr - il fisico russo Victor Veselago aveva teorizzato tutto questo, senza avere nessuno dei mezzi di cui disponiamo oggi. I suoi studi sono stati ripresi solo trent'anni più tardi. Molte delle prove sperimentali dimostrano che aveva visto giusto''. Se poi il mantello invisibile dovesse risultare del tutto inutile, i metamateriali potranno sempre servire a costruire microscopi potenti e fotografie tecnicamente perfette.