Per chi intravedesse lo stile, dalla punteggiatura frammentaria e sconclusionata, ricordo Baricco....
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Li aveva scelti personalmente gli orologi. Grandi e tondi. Con i numeri neri ben visibili e lunghe lancette squadrate. Simili a quelli che si trovano nelle sale d’aspetto del dentista, del dottore o degli uffici di assicurazione. Ne aveva fatto montare uno in ogni cella, abbastanza in alto da non poter essere tolto dai detenuti. Si vociferava che non fosse tanto legale. Ma il Manicomio Criminale di Springfield era uno dei pochi istituti nel quale le guardie non abusavano della violenza.
Il signor Paul Williams aveva voluto mettere una scritta all’entrata dell’edificio: GIUSTIZIA PER TUTTI.
Chissà cosa intendeva veramente.
Quella scritta e gli orologi.
L’aveva studiata bene il vecchio Paul. Stando sdraiato sul letto lo avevi lì, di fronte a te. Non potevi non guardarlo. Lui era lì. Con le sue lancette, i suoi numeri, e girava, inesorabilmente ma lentamente. I primi tempi nessuno ci aveva fatto quasi caso. Ma poi ti rendevi conto che ogni giorno era uguale all’altro, alzavi lo sguardo e quel maledetto ti fissava, quasi a irriderti quasi a farti sentire il tempo che non passava mai, ma tu non ci potevi fare niente perché il tempo era su di te era su di te. Allora volevi prendere quell’aggeggio infernale e spaccarlo, romperlo in mille pezzi. Distruggere quella cosa utile solo a farti impazzire. Ma non ci riuscivi perché era troppo in alto, troppo in alto accidenti non ci arrivavi. Alcuni avevano provato a mettere la sedia sul letto e poi saltare per afferrarlo, rimediando solo qualche ora in infermeria. O peggio.
Mattina pomeriggio sera notte sempre lì, occhio instancabile, potevi solo dormire per non vederlo. Ti lacerava i nervi quell’oggetto, una cosa tanto normale fuori da quel luogo, dalla quale pochi se ne sottraevano dall’uso, che Paul Williams era riuscito a farla diventare una tortura, la sua tortura.
Niente botte.
Niente violenza fisica.
Niente sangue.
Solo un orologio.
Un orologio.
Certo, potevi sederti sulla scrivania che dava le spalle alla porta in modo da non averlo davanti. Ma forse era ancora peggio. Nelle stanze, nei corridoi e nelle sale dell’edificio regnava il silenzio. Così aveva voluto Paul Williams.
Silenzio.
Rotto solamente dal ticchettio degli orologi, uno ogni cella, accuratamente insonorizzata. Un ticchettio tenue, continuo. Ti sedevi alla scrivania e non lo vedevi più. Ma ne sentivi la voce tic toc tic toc tic toc. Forse era meglio guardarlo pensavi, perché questo rumore è ancora più forte così, lo sento nella testa non riesco a farlo smettere tic toc tic toc tic toc non devo pensarci non devo farci caso non devo non devo non devo pensare tempo
All’inizio il tasso di suicidi aveva subito un’impennata pazzesca. Alcune volte non capiva come ci riuscissero. Paul Williams teneva nel cassetto della sua scrivania in noce un fascicolo in cui riportava solamente numero di detenuto e giorno del suicidio, al quale aveva aggiunto delle note personali...