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Discussione: Oceano Mare
  1. #1
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    Oceano Mare

    Cercavo una sezione dove mettere un mio scritto, non ho trovato niente di buono. Allora mi son detto: vabè, tanto vale, la butto in Spammo Libero

    Brano breve, che però ovviamente va letto con la voglia che uno deve avere di mettersi a leggere qualcosa...

    Buona lettura

    Quanti Jack Daniel's avevo bevuto? 3, 4, più?. Non lo ricordo. I miei piedi lambiscono l'acqua calda dell'Oceano, mentre ondeggio bevendo la mia birra. Questo lo ricordo, è la terza. Ho abbastanza alcool in corpo per sentirmi ubriaco, ma sufficientemente lucido per pensare. Una lucidità lontana, che ha bisogno di tutta la mia concentrazione per emergere. Come se dovessi andare a prenderla in un posto lontano, dentro la mia testa, fermandomi fisicamente con tutto il corpo e con la testa, occhi compresi. Se non lo faccio, semplicemente ondeggio sulla sabbia del bagnasciuga. Alzo il gomito ber portare la bottiglia alle labbra e guardo l'acqua scura urlare rabbiosamente. Mi fermo, gambe larghe. Socchiudendo gli occhi il rumore dell'acqua è potente, avvolgente. D'un tratto vorrei che tutto questo rumore di colpo cessasse, in maniera innaturale. Vorrei provare la sensazione di sentire, così, di fronte all'Oceano, il silenzio. Ma non è possibile, e urlo dentro la mia testa, supplico una pausa da tutto questo frastuono, porte le mie mani alle tempie. Non sono più onde di risacca, è il mondo che urla sempre più forte, sembra quasi volermi seppellire con la noncuranza di una cosa milioni di volte più forte di me. Sono un granello di sabbia. Abbasso il gomito, mostro il petto all'acqua, le gambe larghe. Rimango così, immobile, e butto la testa all'indietro. Un'onda più forte mi lambisce le ginocchia e un caldo tepore si asciuga gradualmente sulla mia carne. In alto, lì, in quel buio enorme, la luna mi guarda dietro stracci di nuvole che passando diventano bianche e poi nere, scure, anonime in un cielo che questa notte ha scordato di accendere le stelle. Vorrei gridare, apro la bocca ma ne esce appena un gemito, che si confonde con le urla delle onde. Tiro su la testa e provo a riprendere una posizione normale, non riesco e crollo a terra. Cado seduto, sull'acqua che schizza veloce intorno a me. Affondo una mano nella sabbia e stringo forte. La birra è finita, con cura appoggio la bottiglia pensando che prima di andare via dovrò ricordarmene. Intorno a me non c'è nessuno. In questa lontana spiaggia dei tropici, dove anche di notte la vita non si ferma, sono solo. In lontananza vedo le luci dei bar sulla spiaggia, e se mi concentro ne sento anche la musica, levarsi. Appoggiando il braccio su un ginocchio, lascio che l'acqua scorra su di me. Socchiudendo gli occhi sento la testa girare. L'ubriacchezza del wisky è diversa. Mi piace di più. Rimango così qualche minuto, le orecchie tese a tradurre quello che l'Oceano, questo Oceano Mare prova a dirmi. Ma non capisco, eppure sono certo che ci sia qualcosa dietro a questo rumore di risacca, dietro a questo scrosciare e sciabordare di acqua. Ne sono sicuro. Mi alzo, malamente, le gambe malferme. Ora lo guardo. Sto proprio così, davanti all'acqua e lo guardo. La Voce però non smette, è sempre uguale, nella sua irregolarità e nella sua continuità. Come se io non ci fossi, come se non prestasse la benché minima attenzione al mio sedermi, al mio alzarmi, al mio essere. Mi altero. Comincio a muovere nervosamente i piedi sull'acqua, dondolando da destra a sinistra, ma niente, tutto uguale, io non esisto. Un calore dentro il petto sale, lo sento distintamente farsi spazio dallo stomaco e risalire, velocemente attraverso il mio esofago e la mia gola. Protendo tutto il corpo in avanti, le braccia e le gambe indietro. E urlo. Fortissimo, rabbioso. Urlo. Non smetto. Vado avanti, cammino nell'acqua che sale, ora mi arriva alle cosce, e urlo. I pugni chiusi, stretti e la faccia contratta, urlo. E' un urlo di sfida, il mio. Viene da lontano, lontano nello spazio e lontano nel tempo, figlio di una vita, la mia, che vuole urlare. Vado avanti, non mi fermo, e come se qualcosa rispondesse, un'onda molto più forte delle altre mi sbatte addosso e mi fa barcollare, ma non cado. Un ghigno si apre sul mio volto, bagnato ora, di sale e di notte. L'urlo ora vola più forte, come se trovasse forza in quella risposta fatta di energia e di vita. Con l'acqua ormai ai fianchi sbatto rabbiosamente i pugni sull'acqua e lancio un ultimo grido. Si alza il vento intorno a me, lo sento sibiliare sulle orecchie e sulla pelle, che rabbrividisce al contatto. Senza che me ne accorga un'onda mi travolge e finisco sott'acqua. Cado in un mondo nero dai rumori ovattati, tutto quello che ha riempito fino a quel momento le mie orecchie, l'urlo dell'Oceano e il mio grido, si spegne in una bolla di suono soffuso. Riemergo prontamente e butto i capelli all'indietro con la testa gettandone via l'acqua e mi passo una mano sugli occhi, che bruciano di sale. La maglietta, zuppa, si appiccica al mio petto come se volesse ma non riuscisse a scappare. Ho il fiatone, per lo sforzo e per il tuffo, ma rido. Rido, rumorosamente e rabbiosamente nella notte. Il mio urlo si è trasformato in riso, mentre guardo quell'acqua, quell'Oceano Mare che mi risponde. E come se ci fosse qualcuno proprio lì dinanzi a me, mi fermo, sentendo che mi sta prestando attenzione. L'acqua scorre intorno a me, piccole onde dalla grande voce mi lambiscono i fianchi. Non dico nulla, guardo fisso davanti a me. Poi, raccogliendo tutta la voce che ho in corpo, che non è più voce ma è anima, tormentata e triste, lancio il mio ultimo disperato grido verso il nulla. Breve, intenso. Mi fermo. Abbasso lentamente i pugni chiusi, chiusi così forte da affondare le unghie nei palmi, allento la stretta. Sciolgo la contrazione dei muscoli della faccia, uniti in uno spasmo che ora mi fa sentire la mascella indolenzita. Tutti i muscoli mi fanno male, ora che si rilassano. Le braccia, il collo, il ventre. Non so come, intorno a me scende lentamente il silenzio. Come se accompagnasse questo mio spegnermi da tutta quella rabbia, urlata, sparata via con la voce. Le onde piano piano si chetano e, improvvisamente, cala il Silenzio. Sono attonito, mi guardo intorno smarrito. Nulla è cambiato, stessa spiaggia deserta, stesse luci in lontananza. Eppure non sono più nello stesso posto, ne sono sicuro. Passo una mano bagnata sulla faccia, mi sento addosso l'espressione del mio viso. Cala un silenzio così irreale che sento il sangue pulsare nelle tempie. Faccio qualche passo in avanti, l'acqua mi arriva quasi allo sterno ora. L'Oceano è una tavola intorno a me. Anche il vento si è fermato. Un rigolo di paura mi scende dalla nuca alla schiena, per perdersi nell'acqua scura. Vedo qualcosa in lontananza. Un moversi, regolare e crescente, di acqua. Inspiegabilmente solitaria, un'onda si alza lentamente, ma inesorabilmente. Penso ai miei Jack Daniel's e mi strofino gli occhi. Ma anche se vedessi qualcosa che non c'è, il silenzio intorno a me è reale. Ora la distinguo chiaramente, l'onda è sempre più alta. Indietreggio, lentamente, sicuro di poter tornare in poco tempo a riva, ma quando mi giro mi rendo conto che la spiaggia è incredibilmente lontana. Possibile che abbia fatto tutta quella strada? Possibile. Mi giro nuovamente verso l'acqua come se ne fossi inseguito, e una fitta mi fa sobbalzare il cuore. L'onda ora è almeno due metri e non accenna a diminuire. Mi giro di scatto e inizio a correre. L'adrenalina pompa forte nel sangue. Ma più faccio forza con le gambe, più la resistenza dell'acqua è inesorabile, e invincibile. Con uno sforzo enorme non faccio che pochi metri, lo sento. Giro la testa indietro e vedo quell'enorme massa di acqua silenziosa crescere e correre verso di me. Sgrano gli occhi, e con una forza che non credevo di possedere riesco ancora a percorre qualche metro. Ma è tutto inutile, la spiaggia è più lontana che mai. Allora mi fermo. Il cuore batte forte nel mio petto, sembra voglia uscire, strapparsi per correre lontano senza di me. Respirando affannosamente sento il sudore, freddo, percorrere ogni angolo nel mio corpo, senza mescolarsi con l'acqua, come fosse olio. L'alzarsi e abbassarsi ritmico del mio petto è l'unica cosa che vedo muoversi intorno a me. La vista è sfuocata, sporca, fissa sulla spiaggia deserta. La fantasia si sta mescolando con la realtà o sono semplicemente svenuto ubriaco sulla sabbia? Non lo so più. Tutto mi sembra irreale intorno a me. Un irreale che però è spaventoso. Mi viene da piangere, improvvisamente, quando il silenzio viene squarciato da un sottile, impercettibile, sciabordare d'acqua, come una lama affilata che taglia lentamente un lembo di stoffa tesa. Ormai, la sento, sta arrivando. Vorrei buttarmi in ginocchio, ma sono come paralizzato, le ginocchia non hanno più giunture, sono un unico, inutile, pezzo di legno. D'un tratto, sempre con lo sguardo fisso sulla spiaggia, mi sembra di scorgere una figura. Sì ne sono sicuro, vedo la sagoma scura di un uomo. Dentro di me si accende qualcosa, non sembro più percepire nulla, se non le mie grida mentre mi sbraccio per farmi vedere. Urlo, come urlano gli uomini che si aggrappano alla vita. Ma la figura non accenna a muoversi, non mi sente. E allora continuo a urlare, più forte, fin quando mi accorgo che quella che dovrebbe essere la testa si volta lentamente, verso di me. Con le braccia ancora alte, le urla mi muoiono in gola. Certo che si è accorto di me, sembra che sia lì apposta. Un giramento di testa mi assale, barcollo. La figura fa qualche passo alla sua sinistra e si siede, incrociando le gambe, proprio nella mia direzione. Mi sento dentro la bolla di un sogno e istintivamente pizzico violentemente il mio braccio provocando un dolore acuto. E' quindi tutto reale? Alle mie spalle l'acqua non è che a qualche decina di metri da me. La figura, seduta sulla spiaggia, mi guarda. Socchiudo gli occhi. La mia mente, i miei ricordi, la mia voce, il mio io si mescolano tutti insieme come una tavolozza di colori a tempera. Tutto gira, vorticosamente, si mescola e diventa uniforme, indistinto. Nel momento esatto in cui mi giro un muro d'acqua alto cinque metri non è che a pochi passi da me. Nell'istante, lunghissimo, prima dell'impatto, vivo una vita, diversa dalla mia, di tutto ciò che avrei potuto essere e non sono stato, di tutto ciò che avrei voluto ma non ho fatto. Vedo immagini mai trascorse della mia vita nei momenti in cui ho sterzato l'andare delle cose con una logica inesistente. Mi riconosco, ma non sono io. In quell'attimo vivo la consapevolezza che tutto ciò che cercavo, o volevo, non era che a un passo da me, bastava prenderlo, se solo ne avessi avuto il coraggio. Coraggio di cambiare, di non essere quello che ero stato fino ad allora. Mi vedo, ancora un'ultima volta nella mia mente, ma non sono io.
    Sorrido.
    L'uomo seduto sulla spiaggia guardò l'onda travolgere l'uomo. La vide abbattersi con violenza su quel corpo, inerme, che letteralmente veniva sbalzato via, braccia e gambe trascinate da un torace, prima di essere totalmente sommerso. Subito dopo, come se nulla fosse accaduto, l'acqua ricominciò il suo movimento naturale, infrangendo le basse onde sulla costa sabbiosa. Spruzzi di schiuma bianca qua e là riflettevano sotto la pallida luce lunare. La voce era ricominciata, lenta e infinita. L'uomo seduto con le gambe incrociate rimaneva seduto, di fronte all'Oceano Mare. Poco lontano, dei razzi, accompagnati da urla festose, esplosero in aria in un luccichio veloce di luci colorate, frastagliandosi nel blu scuro di quella notte senza stelle. L'uomo sulla spiaggia non c'era più. A giurarci, si era sciolto per tornare in quel mare con un urlo silenzioso. Più che un urlo forse, era un leggero rumore di onde.
  2. #2
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    Re: Oceano Mare

    Quote scrittore84 il 09-04-12 alle 18:33 ha scritto: Visualizza il messaggio
    Cercavo una sezione dove mettere un mio scritto, non ho trovato niente di buono
    Libri&Comics ti va bene? Dai, non si sa mai no? Punta in alto



    p.s.: non ho ancora letto.
    Che il torneo challenge sia un postaccio è fuori da ogni dubbio.
    E' un ricettacolo di psicocartinari, cronofrenici, geobulimici, aleopatici e nevrastitici

    (D. Piergentili)

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