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Discussione: Cos'è la musica indie..?
  1. #1
     Magg. C.te
     
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    Muahuahauhuah Cos'è la musica indie..?

    La spiegazione seria la trovate qui : in due parole la musica indie è definita tale perchè indipendente, sia dalla cultura pop, che dalla cultura di massa, che anche dalle grandi case discografiche, tendendo infatti ad autoprodursi e autodistribuirsi.

    La spiegazione faceta la trovate qui :
    dal blog ciclofrenia.it

    "Guida alla realizzazione di un disco indie di sicuro successo
    La scena indie italiana sta attraversando uno dei periodi più floridi degli ultimi anni: decine di nuove band si sono affacciate al grande pubblico grazie all’apporto del web, che permette una rapidissima diffusione dei contenuti più interessanti praticamente a costo zero.

    In seguito a una disamina del panorama indie contemporaneo sono giunto alla conclusione che i gruppi che vi appartengono sono caratterizzati da 6 tratti comuni, i quali rappresentano pertanto gli elementi dai quali un disco alternative italiano non può assolutamente prescindere se vuole giungere al successo.

    1. TRALASCIATE COMPLETAMENTE L’ASPETTO MUSICALE.
    Nel 2012 per realizzare un ottimo disco non è assolutamente necessario perdere tempo a elaborare basi musicali che vadano oltre la mera sufficienza, che se ci pensate è un po’ come dire che per scrivere un ottimo romanzo non è più fondamentale usare i verbi. Andiamo ragazzi, le splendide melodie visionarie sono già state ampiamente sviscerate da Pink Floyd e Velvet Underground, e chi siete voi per pretendere di fare lo stesso? Meglio dedicarsi a un’elettronichetta catchy del ***** di sicuro e immediato effetto; un paio di loop arrangiati con GarageBand saranno più che sufficienti a soddisfare le bassissime pretese dei bimbiminkia che condivideranno i vostri video.

    2. PARLATE SOLO DI COSE INUTILI.
    Una volta che vi sarete liberati dall’annoso problema di concepire una base musicale decente potrete spendere tutte le vostre energie a comporre lyrics argute e accattivanti che strizzino l’occhio a fenomeni di totale e completa irrilevanza storica e politica. Imagine è già nei canzonieri di mezzo mondo, non è più il caso di dedicare la propria attenzione a questioni come l’amore, la guerra o l’uguaglianza sociale: molto meglio concentrarsi su argomenti usa e getta come i mercatini vintage di Rione Monti, le ubriacature moleste al Circolo degli Artisti o quanto fanno schifo i gruppi del panorama musicale di cui voi stessi fate parte.

    3. SIATE COMPLETAMENTE INCAPACI A SUONARE.
    Comporre basi musicali semplici come indicato nel punto 1 può non essere sufficiente a fare del vostro disco una vera hit da Lanificio 159: a esse dovrete accostare una totale e irrimediabile incapacità di maneggiare gli strumenti musicali con cui vi presentate in sede live. I concerti non contano più, il valore oggi è in Windows Movie Maker, e chi vuole ascoltare buona musica ha già a disposizione i King Crimson, Elio e le Storie Tese e i Radiohead: i veri innovatori in questo senso sono le zappe totali, le braccia rubate all’agricoltura che non sarebbero neanche in grado di sostenere dieci minuti di intrattenimento musicale durante il falò di Ferragosto. Non sapete suonare? Benissimo, è già un buon inizio. Sapete suonare? Be’, disimparate a farlo, o perlomeno cimentatevi nello strumento che in assoluto sapete usare peggio. Per intenderci: se siete bravi batteristi, quando andate dal vivo imbracciate per la prima volta in vita vostra il flauto traverso.

    4. NON CANTATE: PARLATE.
    In un contesto in cui il testo è tutto e si ha l’urgenza di dar sfoggio dei propri pensieri anziché presentare un prodotto musicale compiuto, capirete che resta ben poco spazio per gorgheggi e vocalizzi. È quindi fondamentale che l’impostazione vocale del vostro disco di sicuro successo assomigli il più possibile a quella dei bambini di cinque anni mentre recitano la poesia di Natale in piedi sulla sedia durante la cena della vigilia. Massimo Volume, Il Teatro degli Orrori, Lo Stato Sociale, Offlaga Disco Pax: il canto è un retaggio del passato, il futuro è nel podcast. Un precursore in questo senso è stato Lou Reed, entrato di diritto nella hall of fame del rock senza mai aver cantato una singola sillaba. Ecco, come esempio prendete lui, a patto che lo spogliate preventivamente di tutto il suo sconfinato talento artistico.

    5. SCRIVETE CANZONI TUTTE UGUALI.
    Un vecchio proverbio dice: “squadra che vince non si cambia”. E chi siete voi per contraddire la saggezza popolare? Partorite un album di dieci canzoni che differiscono tra loro esclusivamente per i testi: in fondo se funziona una funzioneranno tutte, lo dimostrano Vasco Brondi, i Cani e Brunori Sas, quindi perché rischiare? Agli eventuali detrattori potrete rispondere sostenendo che anche de André faceva così, per quanto con il maestro genovese voi condividiate a stento la riga da una parte.

    6. IDEATE UN PARTICOLARE CURIOSO COMPLETAMENTE A CASO.
    Per stimolare l’hype e favorire la rapida diffusione dei contenuti sui social network al giorno d’oggi è necessario stimolare la curiosità della gente, e quale miglior modo di farlo rispetto all’addobbare la vostra neonata band con un particolare intrigante, ideato senza un minimo di raziocinio e volto esclusivamente a dare al gruppo un’alea stucchevolmente misteriosa? Scegliete un nome divertente, inintellegibile e inutilmente lungo (Management del Dolore Post-Operatorio, Dispositivo per il Lancio Obliquo di una Sferetta, Le Luci della Centrale Elettrica, Bud Spencer Blues Explosion), sfruttate un anonimato fine a se stesso (i Cani) e inserite qua e là un bip nelle canzoni per celare il nome di qualcuno che criticate: È-DAVVERO-TRENDY.

    CONCLUSIONE.
    Fidatevi di me: vi basterà seguire questi semplici 6 consigli e in breve tempo i vostri video girati con l’iPhone 5 collezioneranno centinaia di migliaia di visualizzazioni su YouTube e la vostra musica favorirà le strizzatine d’occhio e i gomitini sui fianchi di tutti gli hipster di Roma nord.

    Poi fra due anni nessuno si ricorderà più di voi e vi risveglierete nel lettone di mamma e papà senza ricordarvi bene cosa abbiate fatto. "


    La spiegazione sfottò musicale la trovate qui:

    La musica, come il sale, conserva meglio
    .
    erri de luca
    .

    -sono una input non sono una barra non tentarmi non sono una barra-
  2. #2
     Magg. C.te
     
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    Re: Cos'è la musica indie..?

    ilfattoquotidiano.it

    Premio Tenco 2014: del perchè preferisco i Dear Jack a Brunori Sas

    di Michele Monina

    Ieri sono usciti i nomi dei finalisti al Premio Tenco. Ci ho messo un po’ a riprendermi e a scriverne, perché va bene cogliere lo zeitgeist, va bene che stiamo vivendo in una delle epoche più cupe del nostro paese dal dopoguerra, forse anche da prima, va bene anche l’idea che, in fondo, sette miliardi di persone su questa terra sono decisamente troppo e l’implosione del pianeta non è poi ipotesi tanto insana, ma se questo è davvero il meglio che passa il convento, beh, allora c’è davvero da perdere ogni speranza. Intendiamoci, vedere tra i sei album finalisti, di questo intendo parlare, Museica di Caparezza e Aspettando i barbari dei Massimo Volume, riempie di speranze, specie per questi ultimi, a mio avviso una delle migliori realtà del rock indie di tutti i tempi. Ma vedere che al loro fianco c’è l’ultimo lavoro di gente come Brunori Sas e Le luci della centrale elettrica, in compagnia dei Virginiana Miller, che mi hanno sempre lasciato abbastanza indifferente, e di Nada, strano caso di artista che dopo essere rinata a nuova vita, nei decenni scorsi, è riuscita a perdersi di nuovo, onestamente, mi toglie anche quel residuo di entusiasmo che, mi dicono i bene informati, di solito coglie sotto forma di adrenalina, chi sta per morire (ho visto la puntata in cui muore Mark Sloane in Grey’s Anatomy, so di cosa parlo).

    Lo so, il titolo di questo pezzo può suonare provocatorio, e anche le parole che ci sono dentro, ma è bene chiarire subito un concetto: tra un finto prodotto artistico e un finto prodotto plastificato, sarà perché mi riconosco di più nel pubblico di riferimento del primo, sarà perché mi sento anche parte del mondo di riferimento del primo, io preferisco sempre il secondo.

    I Dear Jack sono una band nata per soddisfare una richiesta di pubblico adolescenziale, lo stesso che riempie gli stadi per i concerti dei Modà. Stesso pubblico, stessa musica (addirittura stesso team di lavoro, a partire proprio da Kekko, che ne firma alcuni pezzi), stesso vettore che conduce dal punto A, la discografia, al punto B, il pubblico, senza lasciare feriti in strada. Nel loro essere finti, quindi, riconosco una certa onestà di fondo.
    I Brunori Sas vengono ascritti d’ufficio al mondo dell’indie, il mio mondo, mondo che però, ci si affretta sempre a dire, un po’ come succede con rapper quali Emis Killa o Fedez, non è più quello di una volta, è meno chiuso su se stesso, più aperto al mainstream. E ci credo, mi viene da dire, chi potrebbe mai prendere sul serio fino in fondo chi ha fatto dell’essere naif un marchio di fabbrica. Intendiamoci, il discorso lo si potrebbe anche fare a un Colapesce, a un Dente, anzi, a Dente soprattutto, insomma, a tutti gli appartenenti a questa genia di cantautori indie che riempiono locali e sono stati assurti a nuovi cantautori tout court, con tanto di candidatura al Tenco e probabile vittoria finale. A me la sciatteria in musica non piace, e neanche la approssimazione. Uno può dire, ma questo è low-fi, roba fatta in casa, e ben sappiamo come Dente abbia in effetti cominciato così, ma oggi che questi figuri fanno tour nazionali di tutto rispetto, che vendono anche, sempre che abbia senso parlare di vendite oggi, la sciatteria e la approssimazione diventano una scelta, non un inconveniente divenuto vezzo. Sentire brani che sembrano provini, per come suonano e per come sono composti, infastidisce. Si capisce che sarebbero potuti diventare altro, decisamente meglio, e che invece no, ci si è fermati subito, perché tanto si è naif, va bene così. Regala l’impressione che di più non si riesca a fare, e che di meglio non si riesca a fare, e che questo mondo, l’indie di cui sopra, sia in effetti così, approssimativo e sciatto. Un tempo c’era De Gregori, potrei dire fossi un nostalgico, oggi c’è Brunori SaS, e poi addio, è stato bello. Siccome non mi piace vincere facile non citerò Kurt Cobain.

    Discorso a parte meriterebbe Le luci della centrale elettrica, al secoloVasco Brondi, ma la presenza al fianco del suo Costellazioni di quel mostro di bellezza che è Aspettando i barbari dei Massimo Volume dovrebbe spingere chiunque a rivolgersi seriamente agli originali invece che ai surrogati.
    Chiaro che in casa non ascolto i Dear Jack, a meno che non succeda che mi entrino in casa bruti iperviolenti, gente degna di stare in un film di Haneke, e mi costringa a farlo sotto minaccia, perché io non faccio parte del pubblico di riferimento di quella roba lì. Ma è anche chiaro che a leggere che duecento miei colleghi hanno deciso che meglio di questa roba qui non c’era, mette angoscia peggio che il sapere che sta per uscire un libro di Gramellini e della Gamberale insieme.

    Se vedo un democristiano che fa finta di essere uno di sinistra e fa cose da democristiano, in quanto uomo che ha sempre votato a sinistra mi sento offeso, vilipeso, se la stessa cosa la fa un democristiano che fa finta di essere di destra mi indigno, ma quantomeno mi sento preservato nella mia identità. Ecco, la musica incompiuta di Brunori SaS a me sembra come un democristiano che finge di essere di sinistra, indossa i miei abiti, porta la mia stessa barba lunga, frequenta i miei luoghi e, una volta entrato, delude le aspettative, è un democristiano come tutti gli altri. Meglio allora ascoltarsi la Domani è altro un film dei Dear Jack, almeno lì il cervello non lo dobbiamo neanche accendere, si va in folle fino al brano successivo e poi verso un altro e un altro ancora.

    PS:
    Siccome non mi piace lasciare i lavori a metà, qui dichiaro solennemente che le restanti categorie del Tenco mi trovano meno infastidito. Adoro l’ultimo lavoro di Andrea Mirò con Alberto Patrucco, Segni (e) particolari, adoro Francesco Di Bella, qualsiasi cosa faccia, adoro Diego Mancino e la canzone che ha scritto con Faini per De Andrè jr.

  3. #3
     Tenente
     
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    Re: Cos'è la musica indie..?

    Quote elsie ha scritto: Visualizza il messaggio
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    Premio Tenco 2014: del perchè preferisco i Dear Jack a Brunori Sas

    di Michele Monina

    Ieri sono usciti i nomi dei finalisti al Premio Tenco. Ci ho messo un po’ a riprendermi e a scriverne, perché va bene cogliere lo zeitgeist, va bene che stiamo vivendo in una delle epoche più cupe del nostro paese dal dopoguerra, forse anche da prima, va bene anche l’idea che, in fondo, sette miliardi di persone su questa terra sono decisamente troppo e l’implosione del pianeta non è poi ipotesi tanto insana, ma se questo è davvero il meglio che passa il convento, beh, allora c’è davvero da perdere ogni speranza. Intendiamoci, vedere tra i sei album finalisti, di questo intendo parlare, Museica di Caparezza e Aspettando i barbari dei Massimo Volume, riempie di speranze, specie per questi ultimi, a mio avviso una delle migliori realtà del rock indie di tutti i tempi. Ma vedere che al loro fianco c’è l’ultimo lavoro di gente come Brunori Sas e Le luci della centrale elettrica, in compagnia dei Virginiana Miller, che mi hanno sempre lasciato abbastanza indifferente, e di Nada, strano caso di artista che dopo essere rinata a nuova vita, nei decenni scorsi, è riuscita a perdersi di nuovo, onestamente, mi toglie anche quel residuo di entusiasmo che, mi dicono i bene informati, di solito coglie sotto forma di adrenalina, chi sta per morire (ho visto la puntata in cui muore Mark Sloane in Grey’s Anatomy, so di cosa parlo).

    Lo so, il titolo di questo pezzo può suonare provocatorio, e anche le parole che ci sono dentro, ma è bene chiarire subito un concetto: tra un finto prodotto artistico e un finto prodotto plastificato, sarà perché mi riconosco di più nel pubblico di riferimento del primo, sarà perché mi sento anche parte del mondo di riferimento del primo, io preferisco sempre il secondo.

    I Dear Jack sono una band nata per soddisfare una richiesta di pubblico adolescenziale, lo stesso che riempie gli stadi per i concerti dei Modà. Stesso pubblico, stessa musica (addirittura stesso team di lavoro, a partire proprio da Kekko, che ne firma alcuni pezzi), stesso vettore che conduce dal punto A, la discografia, al punto B, il pubblico, senza lasciare feriti in strada. Nel loro essere finti, quindi, riconosco una certa onestà di fondo.
    I Brunori Sas vengono ascritti d’ufficio al mondo dell’indie, il mio mondo, mondo che però, ci si affretta sempre a dire, un po’ come succede con rapper quali Emis Killa o Fedez, non è più quello di una volta, è meno chiuso su se stesso, più aperto al mainstream. E ci credo, mi viene da dire, chi potrebbe mai prendere sul serio fino in fondo chi ha fatto dell’essere naif un marchio di fabbrica. Intendiamoci, il discorso lo si potrebbe anche fare a un Colapesce, a un Dente, anzi, a Dente soprattutto, insomma, a tutti gli appartenenti a questa genia di cantautori indie che riempiono locali e sono stati assurti a nuovi cantautori tout court, con tanto di candidatura al Tenco e probabile vittoria finale. A me la sciatteria in musica non piace, e neanche la approssimazione. Uno può dire, ma questo è low-fi, roba fatta in casa, e ben sappiamo come Dente abbia in effetti cominciato così, ma oggi che questi figuri fanno tour nazionali di tutto rispetto, che vendono anche, sempre che abbia senso parlare di vendite oggi, la sciatteria e la approssimazione diventano una scelta, non un inconveniente divenuto vezzo. Sentire brani che sembrano provini, per come suonano e per come sono composti, infastidisce. Si capisce che sarebbero potuti diventare altro, decisamente meglio, e che invece no, ci si è fermati subito, perché tanto si è naif, va bene così. Regala l’impressione che di più non si riesca a fare, e che di meglio non si riesca a fare, e che questo mondo, l’indie di cui sopra, sia in effetti così, approssimativo e sciatto. Un tempo c’era De Gregori, potrei dire fossi un nostalgico, oggi c’è Brunori SaS, e poi addio, è stato bello. Siccome non mi piace vincere facile non citerò Kurt Cobain.

    Discorso a parte meriterebbe Le luci della centrale elettrica, al secoloVasco Brondi, ma la presenza al fianco del suo Costellazioni di quel mostro di bellezza che è Aspettando i barbari dei Massimo Volume dovrebbe spingere chiunque a rivolgersi seriamente agli originali invece che ai surrogati.
    Chiaro che in casa non ascolto i Dear Jack, a meno che non succeda che mi entrino in casa bruti iperviolenti, gente degna di stare in un film di Haneke, e mi costringa a farlo sotto minaccia, perché io non faccio parte del pubblico di riferimento di quella roba lì. Ma è anche chiaro che a leggere che duecento miei colleghi hanno deciso che meglio di questa roba qui non c’era, mette angoscia peggio che il sapere che sta per uscire un libro di Gramellini e della Gamberale insieme.

    Se vedo un democristiano che fa finta di essere uno di sinistra e fa cose da democristiano, in quanto uomo che ha sempre votato a sinistra mi sento offeso, vilipeso, se la stessa cosa la fa un democristiano che fa finta di essere di destra mi indigno, ma quantomeno mi sento preservato nella mia identità. Ecco, la musica incompiuta di Brunori SaS a me sembra come un democristiano che finge di essere di sinistra, indossa i miei abiti, porta la mia stessa barba lunga, frequenta i miei luoghi e, una volta entrato, delude le aspettative, è un democristiano come tutti gli altri. Meglio allora ascoltarsi la Domani è altro un film dei Dear Jack, almeno lì il cervello non lo dobbiamo neanche accendere, si va in folle fino al brano successivo e poi verso un altro e un altro ancora.

    PS:
    Siccome non mi piace lasciare i lavori a metà, qui dichiaro solennemente che le restanti categorie del Tenco mi trovano meno infastidito. Adoro l’ultimo lavoro di Andrea Mirò con Alberto Patrucco, Segni (e) particolari, adoro Francesco Di Bella, qualsiasi cosa faccia, adoro Diego Mancino e la canzone che ha scritto con Faini per De Andrè jr.

    Dichiaro, con orgoglio, che non conosco il 97% dei nomi citati in questa recensione.
    Mi piace quasi ogni tipo di musica e non credo che sia necessario non lavarsi o essere sciatti per dire qualcosa. Se si ha qualcosa da dire. Il che nella maggior parte dei casi non è.
    Tutti hanno diritto di cominciare in qualche modo e forse questa è una maniera per farlo senza tanti compromessi. Poi è il mercato che dice se indie o non indie, hai qualcosa da dare o meno
    Il quantitativo di energia necessario a confutare una stro.nza.ta è di un ordine di grandezza superiore a quello necessario per crearla....

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