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Su Degrado, la nuova rivista letteraria che ho fondato, esce oggi questo racconto a cui tengo molto tratto dall'antologia BUON NATALE PERFIDIA appena pubblicata da Exorma Edizioni.

«Natura le ha fatte streghe». È il genio proprio alla donna, e il suo temperamento. Nasce Fata. Per il regolare ricorso all’esaltazione, è Sibilla. Per amore è Maga. Per acume, malizia (capricciosa sovente e benefica), è Strega, e dà la sorte, almeno placa, inganna i mali.[Michelet]

Certo siete invecchiati e ancor temete / Il Signore del cielo e gli acquitrini.[Esenin]

Mia prozia Elvia guariva segnando, ma il segno – che poi era una croce tracciata in aria con l’indice della mano destra per tre volte – funzionava (o forse le era concesso praticarlo) solo su quello che vedeva, o almeno lei così diceva le pochissime volte in cui ne parlava, malvolentieri, il che comunque iniziò ad accadere solo nei suoi giorni ultimi, prima aveva la bocca sigillata sul punto ed era irremovibile. Poteva guarire poniamo un fuoco di Sant’Antonio, una dermatite seborroica, un eczema allergico, una psoriasi, ma di certo non un epatocarcinoma o una leucemia o un’encefalite letargica. Non si faceva pagare, manco colle alici sotto pesto o le costolette di cinghiale, e di base se poteva si sottraeva alle richieste dei concittadini che le si rivolgevano queruli anche tipo per un’acne adolescenziale iperbolica sul visino della nipote prediletta o per le rughe precoci della nuora. Il potere di segnare le veniva dai genitori, entrambi stregoni aretini, noti soprattutto per l’erboristica apotecaria veterinaria: curavano le bestie ammalate con le erbe spontanee, combinandole e ricavandoci unguenti e decotti. Elvia era l’ultima figlia che avevano avuto in tarda età e per qualche motivo che m’è ignoto decisero di passare il genio del sortilegio solo a lei, va infatti detto che questo specifico carisma non si trasmetteva per via ereditaria e quindi genetica, ma necessitava di un rituale specifico (che al tempo dei fatti solo Elvia conosceva) da celebrare esclusivamente la notte di Natale. Di tutto ciò il mio ramo della famiglia (Elvia era la sorella della madre di mio nonno) s’era sempre assai disinteressato, come di lei in generale del resto, tuttalpiù qualche volta la si andava a trovare (in realtà solo mia nonna lo faceva, tanto che io sapevo di avere questa prozia ma non avevo idea di che volto avesse) tipo per le uova fresche e i cocomeri, era infatti una contadina provetta con quasi un secolo d’esperienza, che da sola mandava avanti la coltivazione dei campi e il banchetto di frutta e verdura sull’Aurelia grazie al quale, smerciando le eccedenze dei suoi vari raccolti (curiosamente pare praticasse solo culture promiscue), si guadagnava gli spiccioli per comprarsi il poco che non era in grado di produrre. Cristiana era cristiana, ovvio, nelle forme, tanto che segnando pregava lo Spirito Santo elargitore di grazie gratuite, ma la sostanza della sua mentalità sacra era spiccatamente pagana, un po’ come in altre tipologie di pseudomagia e divinazione coperte dai nominalismi ecclesiastici ad esempio come nella santeria o nello yoruba cubano o comunque per capirsi in tutti i casi in cui erano presenti nel meridione del nuovo mondo gli Orisha. [CONTINUA]