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Discussione: "IL GIUDIZIO UNIVERSALE" - "ARTISTI DEL RISIKO", COMMENTI E ANEDDOTI
  1. #1
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    "IL GIUDIZIO UNIVERSALE" - "ARTISTI DEL RISIKO", COMMENTI E ANEDDOTI



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    "La Fotografia è il lavoro dell'anima"
    Elliott Erwitt


    I NOSTRI "ARTISTI" TEMERARI


    1. Nayesu
    2. Nikofila
    3. Kingluky
    4. Whiteduck60
    5. Andreka
    6. BATMAN1979
    7. Chiodo89
    8. Mikipuglia
    9. Romano13261
    10. LeonidaSparta
    11. EdoardoCincotti
    12. Michael23
    13. Rospetto
    14. Tati
    15. Ulisse1970
    16. PinguKia
    17. Trexx
    18. Rutran
    19. Platonov73
    20. Taurus5955
    21. Gugu65
    22. Turetto
    23. Marta76
    24. Quottrifc
    25. Gengis_86
    26. Rudy65
    27. Fedeing
    28. Maskiogrifone
    29. Nebula
    30. Vargas79
    31. GoosefishJ
    32. 1Arciere
    33. Letrusco
    34. Costy

  2. #2
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    Re: "IL GIUDIZIO UNIVERSALE" - "ARTISTI DEL RISIKO", COMMENTI E ANEDDOTI



    CURIOSITA'


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    "Madonna del Cardellino"
    Raffaello Sanzio


    Esattamente 500 anni fa, il giovane Raffaello Sanzio, all’apice di una carriera fulgida e del ritrovato amore, moriva a causa di una polmonite gravissima. Batterica o virale?
    Raffaello Sanzio morì di Covid1520?

    Ebbe gli stessi sintomi che hanno colpito centinaia di migliaia di italiani in questi mesi? E quanto incisero gli errori terapeutici? Nei mesi del Covid, siamo molto più sensibili al male che colpì il grande pittore.
    Non possiamo affermarlo con sicurezza né possiamo ipotizzare se sia stata di origine batterica o virale come l’attuale Covid-19, ma tra le varie cause è quella che più corrisponde a quanto ci viene raccontato: un decorso acuto ma non immediato, la mancanza di perdita di coscienza, assenza di sintomi gastroenterici e febbre continua.

    "I medici avrebbero sbagliato a insistere con il salasso"
  3. #3
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    Re: "IL GIUDIZIO UNIVERSALE" - "ARTISTI DEL RISIKO", COMMENTI E ANEDDOTI

    Paolo Uccello


    [La battaglia di San Romano - 1438-1440 - Uffizi]

    Nome:   Uccello_Battle_of_San_Romano_Uffizi.jpg
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    [Riporto la breve e stupenda vita di Paolo Uccello scritta da Marcel Schwob,
    supremo maestro degli aneddoti, contenuta nel suo magnifico Le vite immaginarie,
    uno dei miei libri preferiti]

    Veramente si chiamava Paolo di Dono; ma i Fiorentini lo chiamarono Uccelli, o Paolo Uccelli, a causa del gran numero di uccelli raffigurati e di bestie dipinte che riempivano la sua casa, essendo egli troppo povero per nutrire degli animali o per procurarsi quelli che non conosceva. Si dice anche che a Padova eseguì un affresco dei quattro elementi, e che diede come attributo all’aria l’immagine del camaleonte. Ma non ne aveva mai visto, sicché rappresentò un cammello panciuto che ha la bocca spalancata. (Ora il camaleonte, spiega il Vasari, è simile ad una piccola lucertola smilza, mentre il cammello è una grossa bestia dinoccolata). Perché Uccello non si preoccupava affatto della realtà delle cose, ma della loro molteplicità e dell’infinito delle linee; e così fece campi blu, e città rosse, e cavalieri vestiti d’armature nere su cavalli d’ebano, dalla bocca infiammata, e lance dirette come raggi di luce verso tutti i punti del cielo. E aveva l’abitudine di disegnare dei mazzocchi, che sono dei cerchi di legno ricoperti di panno che si mettono sulla testa, in maniera che le pieghe della stoffa buttata indietro circondano tutto il viso. Uccello ne raffigurò alcuni a punta, altri quadrati, altri sfaccettati disposti in piramidi e in coni, seguendo tutte le apparenze della prospettiva, cosicché trovava un mondo di combinazioni nelle pieghe del mazzocchio. E lo scultore Donatello gli diceva: «Ah! Paolo, tu lasci la sostanza per l’ombra!».

    Ma l’Uccello continuava la sua opera paziente, e raccoglieva i cerchi, e divideva gli angoli, ed esaminava tutte le creature in tutti i loro aspetti, e andava a chiedere l’interpretazione dei problemi di Euclide al suo amico matematico Giovanni Manetti; poi si rinchiudeva e ricopriva le sue pergamene ed i suoi legni con punti e curve. Si dedicò perpetuamente allo studio dell’architettura, e in questo si fece aiutare da Filippo Brunelleschi; ma non lo faceva affatto con l’intenzione di costruire. Si limitava ad osservare le direzioni delle linee, dalle fondamenta fino ai cornicioni, e la convergenza delle rette nelle loro intersezioni, e in qual maniera le volte giravano sulle loro chiavi, e lo scorcio a ventaglio delle travi del soffitto che sembravano unirsi alle estremità delle lunghe sale. Raffigurava anche tutte le bestie e i loro movimenti, e i gesti degli uomini al fine di ridurli a linee semplici.

    In seguito, simile all’alchimista chino su miscugli di metallo e di organi a spiarne la fusione nel suo fornello per trovare l’oro. Uccello versava tutte le forme nel crogiolo delle forme. Le riuniva e le combinava, e le fondeva al fine di ottenere la loro trasmutazione nella forma semplice dalla quale dipendono tutte le altre. Ecco perché Paolo Uccello visse come un alchimista in fondo alla sua piccola casa. Credette di poter mutare tutte le linee in un solo aspetto ideale. Volle concepire l’universo creato così come esso si rifletteva nell’occhio di Dio, che vede scaturire tutte le figure da un centro complesso. Intorno a lui vivevano Ghiberti, della Robbia, Brunelleschi, Donatello, ognuno orgoglioso e maestro della propria arte, che beffavano il povero Uccello, e la sua follia della prospettiva, e lo compativano per la sua casa piena di ragni, vuota di provviste; ma Uccello era ancora più orgoglioso. A ogni nuova combinazione di linee, sperava di aver scoperto la modalità del creare. Non mirava all’imitazione, ma alla potenza nello sviluppare sovranamente tutte le cose, e la strana serie di cappucci con le pieghe gli sembrava più rivelatrice delle magnifiche figure di marmo del grande Donatello.

    Così viveva l’Uccello e la sua testa pensosa era avvolta nella sua cappa; e non si accorgeva né di ciò che mangiava né di ciò che beveva, ma in tutto era uguale a un eremita. E così un giorno, in un prato, vicino ad un cerchio di vecchie pietre affondate nell’erba, egli scorse una fanciulla che rideva, e aveva la testa cinta da una ghirlanda. Indossava una lunga veste delicata sostenuta alle reni da un nastro pallido, ed i suoi movimenti erano morbidi come gli steli che piegava. Il suo nome era Selvaggia, ed ella sorrise a Uccello. Egli notò la flessione del suo sorriso. E quando lei lo guardò, egli vide tutte le piccole linee delle ciglia, e i circoli delle pupille, e la curva delle palpebre, e i sottili intrecci dei capelli, e nel suo pensiero fece descrivere alla ghirlanda che le cingeva la fronte una moltitudine di posizioni. Ma Selvaggia non seppe nulla di tutto questo, perché aveva soltanto tredici anni. Prese Uccello per la mano e lo amò. Era la figlia di un tintore di Firenze, e sua madre era morta. Un’altra donna era venuta nella casa, e aveva picchiato Selvaggia. Uccello la portò via con sé.

    Selvaggia rimaneva accovacciata tutto il giorno davanti al muro sul quale Uccello tracciava le forme universali. Non riuscì mai a capire perché egli preferisse osservare delle linee diritte e delle linee arcuate piuttosto che guardare il tenero volto che si volgeva verso di lui. La sera, quando Brunelleschi o Manetti venivano a studiare con Uccello, lei si addormentava, dopo la mezzanotte, ai piedi delle rette incrociate, nel cerchio d’ombra che si allargava sotto la lampada. Al mattino, si svegliava prima di Uccello, e si rallegrava perché era circondata da uccelli dipinti e da bestie colorate. Uccello disegnò le sue labbra, e i suoi occhi, e i suoi capelli, e le sue mani, e fissò tutti gli atteggiamenti del suo corpo; ma non fece mai il suo ritratto, così come facevano gli altri pittori che amavano una donna. Poiché l’Uccello non conosceva la gioia di limitarsi all’individuo; non restava in un solo luogo: voleva planare, nel suo volo, al di sopra di tutti i luoghi. E le forme degli atteggiamenti di Selvaggia furono gettate nel crogiolo delle forme, insieme con tutti i movimenti delle bestie, e con le linee delle piante e delle pietre, e con i raggi della luce, e con le ondulazioni dei vapori terrestri e delle onde del mare. E senza ricordarsi di Selvaggia, Uccello sembrava rimanere eternamente chino sul crogiolo delle forme.

    Ma non c’era nulla da mangiare nella casa di Uccello. Selvaggia non osava dirlo a Donatello né agli altri. Ella tacque e morì. Uccello raffigurò l’irrigidirsi del suo corpo, e il congiungersi delle sue piccole mani magre, e le linee dei suoi poveri occhi chiusi. Non seppe che era morta, come non aveva saputo se era viva. Ma gettò queste nuove forme in mezzo a tutte quelle che aveva radunato. L’Uccello divenne vecchio e nessuno capiva più i suoi quadri. Non vi vedevano che una confusione di curve. Non vi riconoscevano più né la terra, né le piante, né gli animali, né gli uomini. Da lunghi anni egli lavorava alla sua opera suprema, che nascondeva agli occhi di tutti. Essa avrebbe dovuto abbracciare tutte le sue ricerche, e ne era l’immagine, nella sua concezione. Era un san Tommaso incredulo, che mette il dito nella piaga del Cristo. Uccello terminò il suo quadro a ottanta anni. Fece venire Donatello, e lo scoprì religiosamente davanti a lui. E Donatello gridò: «O Paolo, ricopri il tuo quadro!». L’Uccello interrogò il grande scultore: ma questi non volle dire altro. Sicché Uccello capì di aver compiuto il miracolo. Ma Donatello non aveva visto che un garbuglio di linee.

    E qualche anno dopo, Paolo Uccello fu trovato morto di consunzione sul suo pagliericcio. Il suo viso era splendente di rughe. I suoi occhi erano fissi sul mistero rivelato. Teneva nella mano strettamente rinchiusa un pezzetto rotondo di pergamena coperto di linee intrecciate che andavano dal centro alla circonferenza e che ritornavano dalla circonferenza al centro.


    [Pratovecchio, 15 giugno1397Firenze, 10 dicembre1475]


    In fondo tutto proviene dal fatto che la volontà deve divorare se stessa, poiché nulla esiste fuori di lei, ed ella è una volontà affamata.
    [Schopenhauer]

    Il Gioco non era solo esercizio e svago, era la coscienza concentrata di una disciplina spirituale.
    [Hesse]
  4. #4
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    Re: "IL GIUDIZIO UNIVERSALE" - "ARTISTI DEL RISIKO", COMMENTI E ANEDDOTI


    CURIOSITA'

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    Steve Mcurry

    La vera storia della Ragazza Afgana di Steve McCurry

    Tutti conoscete la famosissima fotografia "Afghan Girl"di Steve McCurry. La fotografia iconica ha influenzato e ispirato migliaia di fotografi in tutto il mondo. Steve McCurry fotografò la “Ragazza afghana”, identificata in seguito come Sharbat Gula, nel 1984, in un campo profughi vicino a Peshawar, in Pakistan. La bambina aveva 10 anni ed era una studentessa della locale scuola di cucito.

    Il fotografo ha sempre confermato di essere stato attratto dai penetranti occhi della ragazza, nonostante lei indossasse un burka che le copriva il resto del viso.
    Lo scatto venne pubblicato sulla copertina di National Geographic nel giugno 1985 e divenne ben presto celebre in tutto il mondo. Tuttavia, Gula ha scoperto di essere ormai diventata famosa e riconosciuta universalmente solo nel 2002, 17 anni dopo lo scatto, quando McCurry tornò in Pakistan.
    Gula ha rilasciato così diverse interviste nelle quali ha spiegato quanto lei e suo marito, una volta scoperta la fotografia, si sentissero a disagio.
    La donna ha trascorso una vita di avversità: ha vissuto come rifugiata in Pakistan per 35 anni, si è sposata a 13 anni e ha avuto cinque figli. Uno di loro morì in tenera età e suo marito morì nel 2012 per epatite C. Secondo la BBC, un’altra delle sue figlie morì per la stessa causa, lasciando una figlia di due mesi. Nel 2016, Gula è stata imprigionata per aver ottenuto illegalmente l’identificazione pakistana.

    L’immagine è stata nominata come “la fotografia più riconosciuta” nella storia della rivista National Geographic.
  5. #5
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    Re: "IL GIUDIZIO UNIVERSALE" - "ARTISTI DEL RISIKO", COMMENTI E ANEDDOTI

    In seguito al primo turno, il mio piccolo e modestissimo omaggio in aggiunta alla galleria d'arte del torneo.Nome:   Vargas.jpg
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  6. #6
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    Re: "IL GIUDIZIO UNIVERSALE" - "ARTISTI DEL RISIKO", COMMENTI E ANEDDOTI


    Piccole curiosità SUI
    "NOSTRI TAVOLI"

    TAVOLO 1

    "LA GIOCONDA" Leonardo Da Vinci

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    1. Non è stata portata via dall'Italia da Napoleone, bensì è sempre stata in Francia per volere di Leonardo che la vendette a Francesco I.
    2. Analisi accurate hanno rivelato che la Gioconda era inizialmente raffigurata con indosso una cuffia.
    3. Il velo che si trova sul capo della donna raffigurava in quel periodo lo stato interessante, dunque, è probabile che la donna sia incinta.
    4. Lo sfondo è diviso dalla figura della donna e gli orizzonti tra il lato destro e quello sinistro non corrispondono, pertanto probabilmente si tratta di due paesaggi diversi.
    5. Il quadro è stato rubato nel 1911 da un ex-impiegato italiano del Louvre, Vincenzo Peruggia, ma furono da subito sospettati Guillaume Apollinaire e Pablo Picasso, per via del loro movimento d'avanguardia.
    6. Un allievo di Leonardo (forse il Salaì o Francesco Melzi) ha realizzato una copia della Gioconda, ora conservata al Museo del Prado di Madrid.
    7. L'identità della donna risulta ancora dubbia; si ritiene sia Lisa Gherardini, moglie di Francesco del Giocondo, ma sono presenti diverse altre identificazioni, tra cui l'ideale madre del pittore o il pittore stesso.


  7. #7
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    Re: "IL GIUDIZIO UNIVERSALE" - "ARTISTI DEL RISIKO", COMMENTI E ANEDDOTI

    Quote nayesu ha scritto: Visualizza il messaggio

    Piccole curiosità SUI
    "NOSTRI TAVOLI"

    TAVOLO 1

    "LA GIOCONDA" Leonardo Da Vinci

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    1. Non è stata portata via dall'Italia da Napoleone, bensì è sempre stata in Francia per volere di Leonardo che la vendette a Francesco I.
    2. Analisi accurate hanno rivelato che la Gioconda era inizialmente raffigurata con indosso una cuffia.
    3. Il velo che si trova sul capo della donna raffigurava in quel periodo lo stato interessante, dunque, è probabile che la donna sia incinta.
    4. Lo sfondo è diviso dalla figura della donna e gli orizzonti tra il lato destro e quello sinistro non corrispondono, pertanto probabilmente si tratta di due paesaggi diversi.
    5. Il quadro è stato rubato nel 1911 da un ex-impiegato italiano del Louvre, Vincenzo Peruggia, ma furono da subito sospettati Guillaume Apollinaire e Pablo Picasso, per via del loro movimento d'avanguardia.
    6. Un allievo di Leonardo (forse il Salaì o Francesco Melzi) ha realizzato una copia della Gioconda, ora conservata al Museo del Prado di Madrid.
    7. L'identità della donna risulta ancora dubbia; si ritiene sia Lisa Gherardini, moglie di Francesco del Giocondo, ma sono presenti diverse altre identificazioni, tra cui l'ideale madre del pittore o il pittore stesso.


    Ivan Graziani le ha dedicato una splendida canzone
  8. #8
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    Re: "IL GIUDIZIO UNIVERSALE" - "ARTISTI DEL RISIKO", COMMENTI E ANEDDOTI


    Curiosità

    Tavolo 2

    Nome:   Van_Gogh_Notte_Stellata-1515x1200.jpg
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    "La Notte Stellata" Vincent Van Gogh


    Il paesaggio che vediamo ne “La notte Stellata” di Vincent van Gogh è il sud della Francia. Van Gogh, più esattamente, dipinse il lavoro mentre era ricoverato in qualità di paziente al Saint-Paul-de-Mausole, un ospedale psichiatrico presso Saint-Rémy-de-Provence, e quello era il punto di vista che aveva dalla sua finestra.

    Ovviamente, Van Gogh non riprodusse esattamente il paesaggio che vedeva dalla sua finestra ma lo prese come fonte di ispirazione. Inoltre, non incluse le sbarre del manicomio, che separavano la sua stanza dal mondo esterno.

    Il piccolo villaggio che appare in fondo alla notte stellata sarebbe Saint-Rémy-de-Provence. Gli storici hanno notato che era impossibile che Vincent Van Gogh potesse arrivare a vedere quella città dal manicomio e hanno presunto che che l’artista si sia ispirato al suo paese natale l’Olanda per dipingere questa parte.
    Attualmente l’ospedale risulta dotato di un’ala recante il nome del pittore olandese.
    Senza rendersene conto, Van Gogh dipinse il pianeta Venere. Questa scoperta venne fatta dallo storico Albert Boime, il quale si rese conto di questo dettaglio confrontando il dipinto con una mappa del cielo corrispondente al giorno in cui fu dipinta “La notte Stellata”, proprio il 9 giugno 1889.







  9. #9
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    Re: "IL GIUDIZIO UNIVERSALE" - "ARTISTI DEL RISIKO", COMMENTI E ANEDDOTI


    Il quadro dietro la leggenda

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    "Ragazza col il turbante" Johannes Vermeer

    Il quadro più conosciuto al mondo di Vermeer è sicuramente
    Ragazza con turbante o, come molti lo conoscono erroneamente, La ragazza con l’orecchino di perla realizzato intorno al 1665-1666.
    Soprannominata da molti come “la Monna Lisa olandese”, ciò che cattura lo sguardo del pubblico è sicuramente la ragazza del ritratto, dipinta da Vermeer con un’espressione languida, con la bocca socchiusa ed inumidita, che suscita meraviglia ma anche mistero nello spettatore che si trova all’improvviso nella posizione di interrogarsi su chi sia e quale sia la storia che riguarda la modella rappresentata. Nel quadro la ragazza è dipinta di tre quarti, lo sguardo rivolto verso lo spettatore ed è illuminato dalla luce, il capo è avvolto da un turbante azzurro con una fascia gialla, le sue labbra dischiuse sembrano rappresentare una sensualità appena accennata, quel poco che basta perché nel Seicento il quadro di Vermeer venga additato come troppo indecente per essere apprezzato veramente.
    Quel che ci attira, però, non è solo lo sguardo della modella, ma anche la grande perla a forma di goccia che la stessa indossa all’orecchio la cui lucentezza è resa da un virtuoso effetto ottico che il pittore usa per creare la forma della perla.Nonostante il vestito e il turbante ci facciano intendere le umili origini della ragazza, la perla stona con la sua “proprietaria” poiché un gioiello del genere era prerogativa delle dame di nobili origini; molto probabilmente, come molti studiosi credono, era una semplice imitazione di vetro di fattura veneziana.
    Anche il turbante è un elemento contradditorio per l’epoca: questo altro elemento fa pensare che ci si trovi davanti ad un tronie, categoria della ritrattistica che presenta un mix tra il ritratto di costume e il quadro di storia; questo rende possibile che il volto dipinto da Vermeer sia in realtà idealizzato e che non appartenga realmente a nessuno.Nel quadro in questione quello che conta veramente non è il volto o il corpo della ragazza, ma la sua anima e quello che attraverso il suo sguardo magnetico non manca di incantare con la sua bellezza ed espressività che trasmette al pubblico che la guarda con incanto e stupore.
  10. #10
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    Re: "IL GIUDIZIO UNIVERSALE" - "ARTISTI DEL RISIKO", COMMENTI E ANEDDOTI


    Curiosità


    Nome:   Bacio Klimt-1500x1500.jpg
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    "Il Bacio" Gustav Klimt

    Senza dubbio, Il bacio di Gustav Klimt è uno dei quadri più famosi della storia dell’arte e fra quelli maggiormente riprodotti nel corso dei decenni.


    Il bacio venne presentato e comprato nel 1908, addirittura prima che venisse terminato. La Galleria Austriaca fu la prima ad esporlo e successivamente il Museo del Belvedere decise di inserirlo all’interno della sua collezione.

    Il museo del Belvedere lo comprò
    per una cifra record (per quanto riguarda l’Austria): 20.000 corone (le quali corrispondono a circa 240.000 dollari). Fino a quella data, il dipinto più costoso costava “solamente” 500 corone.

    Prima di dipingere
    Il bacio, Gustav Klimt ricevette molte critiche riguardanti i suoi dipinti realizzati durante il periodo all’Università di Vienna. Inoltre molti avevano descritto il suo lavoro come pornografico e scandaloso.

    Probabilmente, Klimt dipinse questo quadro durante
    un momento di crisi della sua vita. Difatti scrisse in una lettera:



    “O sono troppo vecchio, o troppo nervoso o troppo stupido, qualcosa deve essere sbagliato”.

    Anche se non sembra,
    Il bacio è un quadro di grandi dimensioni. Misura esattamente 180×180 centimetri.
    Molti vociferano
    riguardo l’identità degli amanti, che appaiono abbracciati, nell’opera. Qualcuno afferma che probabilmente poteva trattarsi dell’autoritratto dello stesso pittore accanto ad Emilie Flöge (sua compagna di vita). Altri invece alludono all’ipotesi che la donna ritratta potrebbe essere anche un’altra delle sue muse: Adele Bloch-Bauer.

    Questo è il primo quadro del “Periodo Dorato” di Klimt, durante il quale l’autore inseriva foglie d’oro all’interno dei suoi dipinti ad olio.

    Nell’opera si possono apprezzare un insieme di stili ed influenze: le spirali ci ricordano le arti dell’Età del bronzo; la decorazione sui mantelli si rifà al movimento Arts and Crafts; mentre i due protagonisti ed i loro dolci atteggiamenti sono sicuramente collegati allo stile Art Nouveau.

    L’inserimento di una figura maschile dentro il quadro è, senza dubbio, un’eccezione, dato che le donne sono sempre state le vere sole protagoniste della maggior parte delle opere del pittore austriaco.

    Il bacio è uno dei quadri più riprodotti della Storia dell’Arte, essendo apparso, nel corso degli anni, in centinaia di modi differenti. La stessa Austria arrivò a coniare una moneta rappresentante l’immagine dell’opera e del suo autore.



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