Teorie della comprensione profonda delle cose

Alfredo Palomba

Wojtek, 2019
pp 406 € 16,00

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«Del resto, ormai, io stesso tendo a considerare la quasi totalità degli esseri umani alla stregua di materia atomica inerte e a non provare alcun tipo di empatia per le persone» scrive il Pelato su Teorie della comprensione profonda delle cose, il blog di «esplorazione delle oscenità umane» dove pubblica post antinatalisti che inneggiano al Movimento per l’estinzione umana, speculazioni pessimistico-leopardiane, aneddoti macabri e raccapriccianti, riflessioni sulla morte, materiale Facebook preso dalle bacheche altrui combinato grottescamente con foto di morti, pornografia, escrementi. Il Pelato – che si chiama Alfredo e ha un dottorato in letterature comparate come l’autore del romanzo – dà ripetizioni a Max, un dodicenne intellettivamente superdotato che nasconde la propria genialità a genitori e insegnanti; è attraverso la lettura in estratto dei temi – veri e propri saggi eruditi di centinaia di pagine – scritti dal ragazzino che veniamo a conoscenza della storia di Paesone – il centro urbano in cui è ambientato il romanzo – o della vita e delle opere di Athanasius Kircher gesuita tedesco del XVII secolo affetto da una forma strabiliante e parossistica di polimatia. Don Pagnotte è un tossico che a forza di mangiarsi funghetti allucinogeni in tutte le salse e di leggere compulsivamente il Don Chisciotte della Mancia si convince di essere a sua volta un cavaliere errante. Toni è un ex amico del Pelato, un ex collega di università, che – roso dall’invidia per il voto di laurea più alto e per il dottorato di questi – in un prolungato e destrutturante delirio narcisistico si crede poeta e romanziere e intraprende nel modo più comico e penoso la via della carriera letteraria. L’uomo vuoto è un trentacinquenne disturbato («Gli altri sono come fantasmi, li avverto trasparenti se non quando utilizzano un manubrio che in quel momento mi serve oppure occupano uno spazio o un macchinario di cui ho bisogno. Allora devo parlare con loro, devo guardarli in faccia. Allora assumono una forma, mi obbligano al dialogo, mi violentano. Qui corpi e quei cervelli mi disgustano ma devo resistere […]. Interagire con loro per me è la fatica maggiore; entrare in contatto con quel mondo è il supplizio peggiore di tutti») che non ha terminato il liceo, non ha una donna, non ha un lavoro e vive con i soldi della madre. L’intrecciarsi delle vicende di questi personaggi va a indagare e frugare con sorprendente lucidità ed eleganza – da sottolineare la matura e profonda consapevolezza stilistica – gli anfratti e le pieghe del nichilismo – con i corollari dell’anaffettività, del cinismo e della psicosi – contemporaneo in una prospettiva talvolta caricaturale e parodistica, sempre spietata.