Pars construens
Noto una certa indeterminatezza lessicale (e quindi concettuale) nell’ambito che stiamo trattando (tanto nelle vecchie discussioni quanto nelle nuove, tanto sul forum quanto nei volumi dedicati all’argomento), può quindi essere utile per intenderci (e per ragionare) operare delle distinzioni e elaborare un linguaggio “operativo”. Provo a riassumere e “formalizzare” i risultati (assolutamente provvisori) a cui per ora sono pervenuto.
Liceità: tutto quello che è consentito dal regolamento è lecito. Solo le violazioni delle norme (così come interpretate nella giurisprudenza costante dell’arbitro) del regolamento sono illecite e reclamabili in sede arbitrale. Nessuno può pretendere il rispetto di norme di natura diversa da quella regolamentare.
Esempio: parlare in chat cercando di manipolare il gioco è lecito se non è stato schiacciato il tasto silenzio.
Correttezza: perché un comportamento sia corretto, oltre che lecito, deve rispettare non solo la lettera del regolamento, ma anche lo spirito del regolamento (e del gioco) che si ricava in positivo dall’interpretazione teleologica (quale è lo scopo di questa norma?) e sistematica (cosa significa questa prescrizione alla luce del più vasto insieme di prescrizioni e principi regolamentari in cui si inserisce) del complesso delle norme regolamentari e in negativo dall’assenza di abuso del diritto.
Esempio: cercare di manipolare il gioco parlando in chat senza che sia stato schiacciato il tasto silenzio è lecito ma scorretto, si tratta di un abuso di diritto contrario allo spirito del gioco.
Morale: riguarda cosa è bene e cosa è male (anche a livello strategico). Questo piano secondo me è estraneo al gioco e ci porta solo a fraintendimenti. La presudomorale del Risiko dipende dall’assolutizzazione di convenzioni (relative, limitate) trasformate in dogmi comportamentali.
Esempio: l’equilibrio non è il fine del gioco, il fine del gioco è vincere, l’equilibrio è un mezzo (potente) da utilizzare per vincere. Chi lo persegue non è mai “nel bene”, è “nell’utile”.
Sportività: questa dimensione secondo me si ricava dall’operatività congiunta di tre principi:
Lo scopo del gioco è vincere, le mosse devono essere orientate al perseguimento della vittoria (o ad altra utilità in classifica se si tratta di un torneo).
L’avversario è una persona e come tale deve essere trattato e rispettato.
Per quanto possibile bisogna dare a tutti pari opportunità nel gioco.
Esempio: vendicarsi contro chi ti ha fatto fuori dai giochi per la vittoria è lecito e corretto, ma non è sportivo, perché non orientato alla vittoria (o ad altra utilità in classifica). Oppure “fare mondo” – escludendo i casi eccezionali in cui ha un’utilità in classifica – è corretto e lecito, ma antisportivo, perché faccio perdere tempo agli avversari e li umilio.
Fair play: consiste nel rinunciare a un diritto (e a un vantaggio) in nome di un ideale.
Esempio: iniziamo una prestichall, ho 37 punti da piazzamento, due dei giocatori da subito si disconnettono, ovviamente è lecito e corretto continuare. Se però decido di rinunciare al vantaggio e al diritto di continuare la partita allora siamo nell’ambito del fair play.
Risiquette: è una sorta di galateo, che si basa soprattutto sull’educazione, sulla gentilezza e sul rispetto per il tempo altrui.
Esempio: non quittare, salutare quando si entra in una stanza partita, se si è molti in una stanza partita non espellere chi ha meno punti ma invitarlo uscire.